Una settimana è ormai trascorsa, ma ancora gli admin della pagina facebook dei Giovani Democratici non hanno cancellato né rettificato un post che ha causato polemiche.
Dopo ben sette giorni di attesa, ci sentiamo in dovere di riportare le parole dell’organizzazione giovanile del Pd, il partito che esprime attualmente il principale gruppo parlamentare nonché la maggiore forza di maggioranza in Italia. Il Pd è il partito che governa quasi da solo e dal quale provengono gli ultimi tre presidenti del Consiglio: Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni.
Logico aspettarsi una condotta consona da parte dell’organizzazione giovanile. Invece, il post su facebook datato 13 gennaio è una macedonia di veterocomunismo, antisionismo che ricorda quello dei due estremi (destra e sinistra) e totale disinformazione sui fatti del Medio Oriente.
Frasi degne di esponenti dei centri sociali o di attivisti filopalestinesi che però non godono della stessa credibilità, autorevolezza e visibilità di quello che attualmente è il primo partito d’Italia.
Tralasciando il filo-arabismo da prima repubblica, peraltro più volte sconfessato da Matteo Renzi (il segretario del Pd) in persona, da notare l’uso di formule come “forze di occupazione israeliane” e “compagno”: così è definito il presidente dei giovani di Fatah, il partito di maggioranza dell’Anp (Autorità Nazionale Palestinese). Un compagno, con la falce e il martello.
Il post continua con accuse pesanti nei confronti di Israele: “atto vergognoso” in riferimento all’arresto di Hassan Faraj (il “compagno” leader dei giovani di Fatah), “governo irresponsabile” che accoglie con favore la decisione di Trump di spostare l’ambasciata Usa a Gerusalemme, la quale sarebbe addirittura una “provocazione”.
Già, proprio una provocazione spostare l’ambasciata nella capitale di uno Stato. Tutto questo “pur conoscendo l’ondata di proteste che questa scelta avrebbe provocato”, in realtà niente di nuovo: le stesse dello scorso luglio a causa dei tornelli, rivolte estemporanee che ci sono sempre state adducendo qualsiasi pretesto. Niente di imprevisto e imprevedibile, nessuna “Intifada” né bagni di sangue nonostante qualcuno (anche i Giovani Democratici?) se li augurasse.
Infine, i Giovani Democratici si lanciano in un’ardita analisi geopolitica auspicando un ritorno “agli accordi del ’67”, “unica via per la pace”. Quali accordi? Nel 1967 c’è stata una guerra, vinta da Israele in sei giorni. Una guerra servita ad evitare invasione e distruzione di Israele. Altro che “accordi”.
Se, a distanza di una settimana, lo status dei Giovani Democratici è ancora al suo posto, significa che nessuno ha chiesto di rimuoverlo o almeno modificarlo. Né dai vertici dell’organizzazione giovanile né dai vertici del partito. Vero Matteo Renzi?
Le elezioni sono alle porte…