Nel gennaio 2010, il Segretario di Stato Hillary Clinton avviò delle trattative con i talebani. “Non fai pace con i tuoi amici. Devi essere disposto a impegnarti con i tuoi nemici”, spiegò. Fu un duro colpo per il governo afghano eletto e una scarica di adrenalina per gli talebani insorti . Per la Clinton, però, si trattò solo di realismo. Non importava quanto potessero essere detestabili i talebani, erano una realtà. Gli Stati Uniti non potevano né sconfiggere il gruppo né farli scomparire.
Gli stessi atteggiamenti verso i gruppi terroristici permeano ampiamente, non solo Washington, ma anche l’Europa e le Nazioni Unite. Dopo il pogrom di Hamas del 7 ottobre 2023, un attacco che ha causato la morte in un singolo giorno di più ebrei dall’ epoca dell’Olocausto, i diplomatici hanno scrollato le spalle e hanno sollecitato la negoziazione. Dopo tutto, Hamas controllava Gaza. Era una realtà impossibile da invertire. Usare la forza militare per sradicarlo sarebbe equivalso a pugnalare la gelatina. La maggioranza dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite era dello stesso avviso, premiando il terrorismo palestinese nel concedere l’adesione allo Stato di Palestina.
La stessa valutazione vale per Hezbollah. Il 20 settembre 2024, un orientalista britannico ha affermato che “gli interessi dell’Iran, di Hezbollah e, a lungo termine, di Israele, non risiedono in una guerra con obiettivi massimalisti, ma in uno stato di coesistenza che, per quanto deplorevole e cinico possa essere, include tutto tranne la guerra”.
Ci sono tre fattori che governano tali atteggiamenti. Il primo è l’eredità delle frequenti rotazioni di diplomatici e funzionari internazionali. Il saccheggio di Kabul da parte dei talebani nel 1996 o la presa del potere da parte di Hamas a Gaza poco più di un decennio dopo possono essere stati scioccanti nella loro brutalità, ma le rotazioni diplomatiche ogni anno o due li hanno normalizzati. Per quanto riguarda i diplomatici, i talebani rappresentavano la cultura pashtun e lo hanno sempre fatto, ed era normale che i terroristi controllassero il Ministero della Salute di Gaza.
Il secondo è l’assenza di consapevolezza storica e di visione strategica. L’islamismo è semplicemente l’ultimo “ismo” ad avere invaso il Medio Oriente. Il nazionalismo arabo del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser è scomparso con il tempo e così faranno anche le visioni islamiste dell’ayatollah Ruhollah Khomeini o di Recep Tayyip Erdoğan. Né è corretto supporre che sia impossibile sconfiggere l’ideologia. Il gruppo Baader Meinhof è scomparso molto prima della fine dell’Unione Sovietica. Ciò è vero anche quando il gruppo ideologico controlla il territorio. Né l’Occidente né le Nazioni Unite sono scese a compromessi con i Khmer Rossi mentre trasformavano la Cambogia in campi di sterminio. Il gruppo è scomparso dopo l’invasione del Vietnam allo scopo di porre fine al terrore. La forza militare ha ampiamente sconfitto il califfato dello Stato islamico, anche se la Turchia di Erdoğan cerca di tenerlo in vita.
Il terzo è la condiscendenza, se non il razzismo e l’antisemitismo. Gli Stati Uniti e l’Europa possono avere uno standard di tolleranza per quanto riguarda il terrorismo ai loro confini, ma i diplomatici che dominano il Foreign Office insinuano che Israele e gli arabi vivano secondo standard inferiori.
L’operazione “Sotto la cintola” di Israele del 17 settembre 2024 o, come l’ha definita Michael Doran dell’Hudson Institute, “l’Operazione Grim Beeper”, è stata brillante dal punto di vista tattico e strategico. Ha preso di mira Hezbollah in modo preciso e ha neutralizzato il gruppo con effetti devastanti. Gli attacchi successivi di Israele contro le radio e gli scontri faccia a faccia hanno lasciato Hezbollah nel caos. Mai nei 42 anni da quando la Repubblica islamica dell’Iran ha formato il gruppo esso è stato così vicino a un colpo definitivo. È tempo che Israele sferri questo colpo.
Guidando nel Libano meridionale nel 2020, ho incontrato membri attuali ed ex di Hezbollah nel loro territorio. Seduti in una sala da tè appena fuori Nabitiyeh, in Libano, i membri di Hezbollah, tra cui un uomo che aveva trascorso anni in una prigione israeliana, hanno detto che ne avevano abbastanza. Israele esisteva, Hezbollah era più una mafia che un movimento di liberazione e volevano solo la normalità. Quella “pressione massima” ha prosciugato le risorse di Hezbollah e ha solo accelerato tali conclusioni. Molti hanno maledetto l’Iran e hanno visto il commercio di confine con Israele prima del 2000 come un periodo d’oro per il Libano meridionale.
Quando Israele invase per la prima volta il Libano nel 1982, gli sciiti libanesi li acclamarono mentre gli israeliani cacciavano l’Organizzazione per la liberazione della Palestina dalle loro città e dai loro villaggi. La luna di miele fu breve, poiché Israele si trattenne oltre il suo benvenuto e il corpo delle guardie rivoluzionarie islamiche e la Siria cercarono separatamente di riempire il vuoto con gruppi fedeli a Teheran o Damasco ma ostili a Israele. L’Iran vinse la guerra civile intra-sciita del Libano entro il 1986, ma 38 anni dopo, gli sciiti libanesi ne hanno avuto abbastanza.
Gli Antony Blinken, i Jake Sullivan, i Jeremy Corbyn e i David Lammy potrebbero cercare di preservare lo status quo, ma Israele non dovrebbe farlo. Eliminare Hezbollah e ripristinare la piena sovranità del Libano cambierebbe il paradigma strategico e cambierebbe la convinzione diplomatica prevalente che sia necessario parlare con i terroristi piuttosto che elaborare strategie preordinate alla loro sconfitta.
Traduzione di Niram Ferretti