Non vorremmo occuparci di Moni Ovadia, anche se occasionalmente ci è capitato di farlo. Si tratta di un vecchio arnese della propaganda propalestinese, uno che considera l’ideologo Ilan Pappé https://www.linformale.eu/la-realta-parallela-dellideologo/, di cui anni fa un vero storico come Benny Morris, fece polpette, “un grande storico”, e per il quale l’esercito israeliano a Gaza ha commesso le maggiori efferatezze dal “secondo dopoguerra”, e ancora, per il quale Benjamin Netanyahu sta attuando “un progetto genocidiario”, e via di questo passo.
Sono cose che ha già detto e che ha ripetuto nel corso di un breve video in difesa dell’attivista filopalestinese Cecilia Parodi, recentemente assurta alle cronache perché in un video ha affermato il suo odio per tutti gli ebrei e tutti gli israeliani e il desiderio di vederli impiccati, nessuno escluso.
Con personaggi come Ovadia il confronto non è mai possibile, perché esso presuppone che tra due interlocutori che la pensano diversamente ci sia tuttavia una condivisione tacita, ovvero che essi abitino la stessa realtà. Se manca questo presupposto, il confronto non può nemmeno cominciare. La realtà in cui dimorano gli Ovadia e i Pappé nulla ha a che vedere con quella in cui dimorano i fatti, dove, tra parola e oggetto sussiste un rapporto di corrispondenza, ma è quella in cui questi rapporti vengono annientati e sostituiti con uno schema ideologico, in questo caso quello per cui i palestinesi sono sempre vittime e gli israeliani sempre dei carnefici, tertium non datur.
E dunque perché occuparci di nuovo di Ovadia?, semplice, perché da Chomsky de noantri quale egli è, è corso in soccorso di Cecilia Parodi, esattamente come il linguista e guru dell’estrema sinistra, anni fa corse in soccorso del negazionista Robert Faurisson nel nome della libertà di espressione. Chomsky, tuttavia, non si spinse così avanti da dichiarare che Faurisson non era antisemita, mentre a Ovadia è toccato dire che la Parodi, donna dal cuore sanguinante a causa delle spaventose sofferenze del “popolo gazawi”, sì, il popolo gazawi, ovvero una sotto-etnia del “popolo palestinese”, scoperta da lui stesso, non è antisemita, e lui che è ebreo e gli antisemiti li nasa a vista, lo può garantire.
Cecilia Parodi è una vittima degli odiatori, lei è solo una donna sensibile a cui hanno ceduto un po’ i nervi, capita, soprattutto quando si assiste a quello che di mostruoso hanno fatto i soldati israeliani a Gaza, altro che Srebrenica, altro che Anfal, altro che Ruanda. Cecilia Parodi per la quale gli ebrei “hanno rovinato il mondo”, e per i quali ci vorrebbe, per impiccarli tutti, Piazza Tiananmen, va capita, il problema vero è Netanyahu, è il suo progetto genocida.