Editoriali

Sull’Imam di Colonia e sul multiculturalismo europeo

Le parole dell’Imam di Colonia Sami Abu-Yusuf, secondo cui “Uno dei motivi per cui gli uomini musulmani violentano o infastidiscono le donne è per come vanno vestite. Quando se ne vanno in giro mezze nude e profumate, accadono certe cose. E’ come buttare olio sul fuoco” non rappresentano le dichiarazioni di un folle o un’opinione personale. Sarebbe un errore, l’ennesimo, interpretarle come tali.
Non rappresentano neppure una cultura, parola che solletica particolarmente chi “ama le differenze” e ha trasformato questo amore nel cavallo di battaglia del cosiddetto multiculturalismo.
Rappresentano un pericolo e una questione sociale che ormai non può più essere ignorata.
La società odierna è multiculturale, senza dubbio, se così non fosse ci sarebbe una sola cultura a prevaricare sulle altre, imponendo usi e costumi. Il “multiculturalismo”, in teoria, impedisce questa poco allettante prospettiva. La convivenza tra diverse culture, anche all’interno delle stesse aree geografiche, significa garanzia di tolleranza reciproca e di non prevaricazione.

L’Europa, l’Ue in primis, si è fatta portavoce del multiculturalismo, blindandolo come valore occidentale non negoziabile. Probabilmente, però, l’ha frainteso. Oppure ha esagerato nell’interpretarlo.
Se un Imam, a Colonia, quindi in Germania, si permette di mettere in discussione tutti i valori che hanno caratterizzato la civiltà europea negli ultimi anni, tra cui l’autodeterminazione della donna, la libertà individuale e, perché no?, l’autocontrollo, significa che l’ineffabile macchina del multiculturalismo si è inceppata.
Insomma, qualcosa è andato in tilt. E quel qualcosa non sono, semplicemente, le rotelle del cervello di Sami Abu-Yusuf, ma un meccanismo che è stato applicato senza essere sufficientemente testato.
Qualcuno analizzerà le parole dell’Imam sostenendo che è “la loro cultura e bisogna accettarla”, dando a tale postulato accezioni indifferentemente neutre o negative, ma ormai non può più essere un tabù contrastare l’inciviltà.

Nessuno, ad oggi, avrebbe il coraggio di negare che l’Europa abbia messo in discussione tutti i valori in nome dell’equivocato concetto di multiculturalismo. Tra questi, però, alcuni sono particolarmente importanti: la laicità, il rispetto e la tutela delle donne, il rifiuto di qualsiasi forma di antisemitismo, la parità di diritti a prescindere dagli orientamenti sessuali. L’Europa dovrebbe porsi come garante di questi ed altri principi, ma non ne è più in grado.
Inutile sottolineare come i valori maggiormente a rischio siano proprio quelli progressisti, sbandierati da coloro che più di ogni altri hanno difeso i concetti di accoglienza, tolleranza e inclusione.

La massiccia immigrazione islamica è tra i fattori che hanno contribuito a rendere l’Europa meno laica e progressista, più maschilista, reazionaria e antisemita. Una percezione ben chiara anche ai “liberal”, che brancolano nel buio tra un “Sì, però anche gli europei picchiano le donne, guardate le statistiche” e un “Sì, però anche i bigotti cattolici si comportano come gli islamisti”.
Sfidiamo chiunque a negare che i principi islamici e islamisti siano in contrasto in primis con i valori progressisti.
Che ci provino, a dimostrare che quanto successo a Colonia non rappresenti uno scontro tra due culture, due modi di pensare, un atto di violenza le cui vittime non sono solo le donne ma l’intero occidente, costretto a subire la violazione dei propri valori conquistati in secoli di storia. Che provino a negare, se riescono a farlo efficacemente, l’evidenza del fatto che le dichiarazioni dell’Imam debbano essere contestate innanzitutto da quella parte politica che ha sempre difeso il multiculturalismo e ha sempre caldeggiato l’accoglienza, prima ancora che stigmatizzate dall’estrema destra “islamofoba” e anti-immigrazionista.

In questo scontro, ancorché per ora simbolico, tra culture, da anni è mancata la voce della sinistra, in Italia e in Europa. Una sinistra in grado solo di accusare di razzismo, xenofobia e islamofobia gli avversari politici, ma mai di difendere i valori in cui ha sempre creduto, tra cui l’autodeterminazione ed emancipazione della donna. Valori che mal si conciliano con la cultura islamica e islamista.
La sinistra, notoriamente in grado di spostare equilibri e consensi dal punto di vista culturale, di educare le masse e l’opinione pubblica, in questo dibattito è mancata. Ha lasciato che l’anti-islamismo, inteso come lotta ad un’ideologia reazionaria e anti-occidentale, restasse un cavallo di battaglia della destra più o meno populista, salvo poi accusarla di razzismo.
Ora sono i cosiddetti progressisti, laburisti, liberal, che dir si voglia, a dover rispondere alla chiamata.
La campana è suonata per loro. In questa dialettica di cultura, schierarsi è obbligatorio. Non farlo o farlo in maniera subdola sarebbe inopportuno.
Se l’islamismo non è compatibile coi valori occidentali, si deve finalmente levare la voce anche di chi finora si è speso per il multiculturalismo e ne teme il fallimento, perché i valori messi in discussione sono più importanti. Troppo più importanti.

 

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