In questa ora buia, “sporco sionista” è l’urlo di squadristi islamofascisti per mettere a tacere e aggredire ogni voce ebraica e dissenso democratico.
Il sionismo reale, invece, rivela la sua luce, la sua gloria, tradizione vivente e speranza futura, leone di libertà e democrazia per i popoli del mondo intero, simbolo di anticonformismo radicale e coraggio civile.
Il prudentissimo Mattarella ha espresso la sua solidarietà al direttore di Repubblica, Maurizio Molinari, a cui, all’università Federico II di Napoli, è stato impedito di parlare. In una università intitolata a Federico II, sovrano geniale, garante e protettore della pluralità, dagli ebrei ai musulmani, abbiamo dovuto assistere a questo atto barbaro di anti-democrazia fisica. Almeno il Partito Radicale dice con chiarezza che tutti gli antisionisti sono antidemocratici.
Ma ora la democrazia italiana, se non vuole regredire a “democrazia all’italiana“, deve proteggere se stessa, tutte le voci libere, impedire ogni sopraffazione violenta, garantire il diritto costituzionale alla libertà di parola. La violenza squadrista antisemita va messa in condizione di non nuocere, non devono restare impuniti, non ci devono essere enclave islamiste: la democrazia va difesa a viso aperto, con onore e orgoglio, non si può abolire un diritto costituzionale per mano di una minoranza feroce. Nel loro comportamento si fondono i crimini di tre totalitarismi (nazifascismo, comunismo, islamismo): per questo sono tanto selvaggi.
Questo antisemitismo forsennato e isterico è l’abisso di dinamiche diffuse di antidemocrazia attiva e democrazia passiva.
Hamas e l’Iran, come fu con i regimi di Hitler e Stalin, calcolano e ringraziano. Incassano tutte le legittimazioni, rese, i servilismi di piazza e di governo e alzano il tiro dei loro attacchi, procedono nei loro piani genocidi nel loro suprematismo islamico delirante, nella loro disumanità illimitata.
Tutte le intenzioni e illusioni pacifiste, con la credenza di poterli ammorbidire e addomesticare, si infrangono davanti alla loro vera natura e ai loro comportamenti irriducibili.
I collettivi universitari pro-islamici vogliono l’eliminazione degli accordi tra le università italiane e israeliane, fino ad ora molto positive e proficue con vantaggi reciproci. Qui siamo oltre l’antisemitismo: questa è distruzione de-civilizzata della cooperazione scientifica e della libertà culturale.
Chiamarli barbari significa nobilitarli. Al tempo del declino dell’impero romano, gli invasori barbari poi adottarono il diritto romano, si convertirono al cristianesimo, assorbirono in parte la cultura classica. Invece, i nazisti islamici di oggi vogliono, con monolitica ferocia, la distruzione di ogni forma di civiltà, lo sterminio degli ebrei, la schiavitù dei popoli soggetti, nel trionfo della cultura della morte su quella della vita e della pace.
Eppure ricevono etichette di progressismo e liberazione, omaggi schiavistici dei più diretti destinatari dei loro stupri e sevizie, quali gruppi settari di femministe e omosessuali, arbitrari riconoscimenti politici.
Per loro si invoca la pace dei cimiteri e la della schiavitù.
Per un approccio scientifico alla conoscenza dei comportamenti dei terroristi e dei fanatici loro sostenitori, è benefico leggere Jung:
“Ma quando molti uomini si raccolgono assieme e formano folla, allora si scatena libero il dinamismo dell’uomo collettivo, si scatenano le bestie e i demoni, che dormono in ogni essere umano finché questi non si trova ad essere una particella della massa.
L’uomo della massa scende, inconsciamente, a quel livello morale e intellettuale inferiore, che sempre l’attende sotto i limiti della coscienza, ove forze oscure sono pronte a scatenarsi, non appena siano incoraggiate e stimolate dal costituirsi di una massa.
È incredibile il cambiamento di carattere che si verifica nel momento in cui intervengono forze collettive. Un essere gentile e ragionevole può trasformarsi in un pazzo furioso o in una bestia feroce. Siamo sempre tentati di attribuire la responsabilità a circostanze esterne, ma nulla potrebbe esplodere in noi, se non vi esistesse di già. (…)
Predicare ragionevolezza e buonsenso è certo una buona cosa, ma se il vostro uditorio è composto di pazzi, oppure è una folla in preda a un accesso collettivo, che cosa potete fare? Non c’è molta differenza fra i due casi, perché tanto il pazzo quanto la folla sono mossi da forze impersonali più forti di loro.”
(C. G. Jung, “Psicologia e religione”, in Opere vol. 11)
Il gesuita Bergoglio si erge a campione di quella illusione suicida di cui dicevamo.
Dice di criticare l’antisemitismo nel momento stesso in cui lo esercita; favorisce un ritorno all’antigiudaismo cristiano pre-conciliare; parla di un’indegna equiparazione tra carnefici islamici e vittime ebree.
Sull’Ucraina ha proclamato il dogma della resa e della schiavitù, e lo ha chiamato pace. Il regime russo terrorista ringrazia, i cristiani ucraini condannano.
Di che si tratta? Di dogmi nell’infallibilità, o di opinioni personali?
Grande confusione nel palazzo apostolico. Accadde pure che una volta Bergoglio disse che gli ucraini, comunque, difendevano la patria. Ora la curia si affanna a interpretare e coprire le sue esternazioni. Ma diversi cattolici, sia autorevoli che di base, dicono apertamente che Bergoglio sta distruggendo l’autorità morale del Papato, che pure in modi diversi si era manifestata da Giovanni XXIII a Benedetto XVI, e sta dissolvendo quella che era, nel mondo cattolico, la sacralità dell’istituzione.
Nella massa delle piazze antisemite e antidemocratiche non tutti sono uguali. Accanto ai fanatici che guidano e incitano, vi sono fasce di frivoli modaioli, seguaci della controcultura woke, un conglomerato tossico di schemi binari primitivi tradotti in slogan ossessivi.
Gli agit-prop del fascismo e del comunismo certo agivano su schemi totalitari semplificati di odio e risentimento, ma questi schemi erano in riferimento a culture complesse, naturalmente false, aberranti, distruttive, ma comunque sistemi culturali negativi. Invece, questi wokisti galleggiano nel vuoto di ogni pensiero critico, oltre ogni critica senza pensiero, nella nuda espressione di un idiotismo acuto.
Il wokismo, con le sue poche idee fisse e immobili, raggiunge livelli di imbecillità parossistica senza precedenti.
Come ad esempio la teorica dell’ideologia gender, Judith Butler, che ha definito ex cathedra l’orrenda strage del 7 ottobre, con i suoi efferati femminicidi, un “atto di resistenza”.
Poi c’è la sociologa Robin Di Angelo, autrice di un best-seller intitolato “Fragilità bianca”, che definisce – udite udite! – il supremo capolavoro di Michelangelo, “La creazione di Adamo” nella Cappella Sistina: “essenza del suprematismo bianco” (Huffington Post, 13/3), perché il genio rinascimentale ha osato dipingere Adamo e Dio come uomini bianchi. Assurdità totale, che si pretende di un assoluto antirazzismo e si rivela invece molto razzista.
Perché nella Torah, in Bereshit (Genesi) la narrazione di Adamo ed Eva contiene l’elevato significato simbolico di unici progenitori dell’umanità in contrapposizione a ogni gerarchia razziale, messaggio passato poi nel cristianesimo che è stato sempre un vero manifesto contro il razzismo.
Verità contenute nei testi di Lèon Poliakov (1910-1997), uno dei fondatori del Centro Documentazione Ebraica e tra i consulenti del processo di Norimberga. Poliakov, dagli archivi di questo storico processo, scrisse “Bréviaire de la haine” (Breviario dell’odio), pubblicato da Raymond Aron con una prefazione di François Mauriac. Come è noto, Poliakov ha scritto la fondamentale “Storia dell’antisemitismo”.
Nel suo testo “Il mito ariano” argomentava che il messaggio biblico insegna che tutti gli uomini discendono da un padre comune, Adamo, realtà base della concezione della fraternità universale e della negazione della divisione in razze.
Con la scoperta dei nuovi continenti nel XVI secolo si mise in dubbio la visione biblica dell’unità del genere umano. Poliakov scrisse sull’attacco anti-biblico nel passaggio dal monogenismo della Genesi (discendenza di tutti gli uomini dagli stessi genitori) alla teoria del poligenismo, sostenuta dagli illuministi e da Voltaire. Poliakov spiega che in questo modo Voltaire avanzava giustificazioni “naturali” allo schiavismo. La sociologa woke è ancora più rozza e primitiva.
Esiste pure un’audace, vertiginosa interpretazione ebraica del capolavoro della Cappella Sistina: André Neher individua significative e suggestive corrispondenze tra Michelangelo e il Maharal di Praga, nell’ambito di una “penetrazione profonda della Qabbalà ebraica nelle anime cristiane”, attraverso la frequentazione con Pico della Mirandola e il forte interesse ispiratore di Michelangelo per l’”Antico Testamento”. Nel Rinascimento di un umanesimo che si libera dal cristianesimo medievale.
La scena della creatura e del Creatore nell’affresco michelangiolesco è sconvolgente e paradossale:
“Secondo Michelangelo, nell’atto creatore Dio è animato da una potenza sovrana, una potenza fatta di materia quanto di spirito, di vigore carnale quanto di emanazione spirituale; e, di fronte a Dio, Adamo non è né un atomo , né un feto, né uno schiavo, ma un ‘compagno’.”
“Il Creatore tende la mano verso la prima creatura, ma queste mani non lo toccano. Tra le mani di Dio e quelle di Adamo c’è un minuscolo, ma irriducibile intervallo, un vuoto.
Un vuoto che è simbolo di un Patto fra Dio e l’uomo. (…)
Poiché se le mani di Dio e dell’uomo fossero ‘contigue’, niente le metterebbe mai in comunicazione; resterebbero eternamente separate, sottolineando l’ineluttabile solitudine di due esseri contraddittori e inconciliabili.”
Nel piccolo scarto fra due dita tese l’una verso l’altra sta il senso redentore della relazione pattizia tra Dio e l’uomo.
Da tale altezza spirituale il miserabilismo woke appare ancora più ottuso e oscurantista, fatto di violenza verbale e censura reazionaria.
Più progressisti si pretendono, più regressivi e trogloditi si rivelano.