In questi giorni si è a lungo parlato della candidatura di Sumaya Abdel Qader alla carica di consigliere comunale di Milano, in quota Pd. La trentottenne di origini giordano-palestinese è stata accusata dall’opposizione e da alcuni media di avere legami coi tutt’altro che moderati Fratelli Musulmani. Soprattutto la studiosa Valentina Colombo, tra le massime esperte di Islam, ha fatto notare che: «L’unico incarico che la Abdel Qader evita di indicare è il più prestigioso: responsabile del dipartimento giovani e studenti della Fioe (Federation of Islamic Organizations in Europe) ovvero la principale espressione dei Fratelli musulmani in Europa». Un curriculum monco per ragioni di opportunità. Legami con i Fratelli Musulmani o no, è interessante notare cosa scriveva la diretta interessata in occasione del Giorno della Memoria di due anni fa.
Con toni moderati, apriva alle celebrazioni del 27 gennaio, sostenendo che fosse giusto ricordare l’olocausto, non rinunciando però a qualche stilettata contro lo stato di Israele.
Alcuni esempi: “Immigrazione (degli ebrei in Palestina n.d.r.) che perseguiva il progetto sionista di recuperare la terra di Israele, in Palestina, ma in realtà iniziata prima del secondo conflitto mondiale. Su queste basi sarebbe nato lo Stato di Israele, stato che per evidenze storiche sorge a scapito di un’altra popolazione, con un clamoroso errore di gestione internazionale“.
Dunque Israele sarebbe nato a scapito della popolazione palestinese, con “un clamoroso errore di gestione internazionale”, pur tuttavia l’esponente del Pd sostiene di non volersi dilungare ulteriormente in questioni storiche e politiche. La sua opinione (tutt’altro che “con evidenze storiche” come sostiene) sulla legittimità di Israele, però, risulta chiara.
Continua Abdle Qader: “(il conflitto israelo-palestinese n.d.r.) ha prodotto indubbie stragi nei confronti dei palestinesi. Si ricorda, tra le diverse compiute, il bombardamento con gravi conseguenze ai danni della città di Gaza nel 2009, con migliaia di morti, molti dei quali bambini“. Poi la nota, in cui è specificato (quanta grazia) che anche i palestinesi ogni tanto aggrediscono.
Riflessioni che portano ad una conclusione: “Ho ricevuto messaggi di alcuni giovani figli di arabi e palestinesi che mi chiedevano se fosse giusto non fare il minuto di silenzio nel giorno della Memoria. A loro il mio suggerimento: è giusto fare il minuto di silenzio, per i motivi già detti e che riprenderò di seguito. Nessun torto nel chiedere un altro minuto di silenzio per altre popolazioni vittime di ingiustizia. Se è presente un giovane siriano in classe, chieda un minuto di silenzio per i massacri in Siria operati dal regime carnefice di Assad. Oppure, se è presente un somalo, uno yemenita, una persona proveniente dal Darfur, dalla Nigeria, o da ovunque ci sia stato o ci sia un corso un massacro o una qualsiasi forma di ingiustizia, chieda di fare un minuto di silenzio“.
Nel suo post, l’aspirante consigliere comunale ragiona sul fatto che non tutti gli ebrei sono sionisti e che commemorare l’olocausto sia legittimo perché le “responsabilità sono anche italiane”, ma sarebbe opportuno ricordare altri massacri. Pur con i toni moderati e le aperture nei confronti degli ebrei e della commemorazione dell’olocausto, le opinioni su Israele appaiono discutibili se non proprio partigiane.
Quella della “musulmana moderata” che però assume posizioni anti-sioniste ricorda la propaganda della modenese Chaimaa Fatihi, della quale abbiamo più volte parlato. Certo, i toni espressi dalla candidata milanese sono assai meno violenti, ma le idee sembrano convergere.
Il post di Sumaya Abdel Qader, datato 27 gennaio 2012, si può leggere sul blog Collettivo Alma. Lo riportiamo interamente.
“Con questo scritto vorrei fare una riflessione sulla correlazione, che negli anni si è fatta avanti, tra lo sterminio degli ebrei durante la seconda guerra mondiale e il conflitto israelo-palestinese. La riflessione vuol legarsi anche alla critica che spesso è stata sollevata all’Italia rispetto la scelta di istituire un giorno dedicato alla Memoria.
Un tema, questo, che mi riguarda molto da vicino viste le mie origini palestinesi, per cui, colgo l’occasione della giornata della Memoria per esprimere ciò che penso.
Prima di tutto chiediamoci perché l’Italia ricorda il giorno della Shoà. La risposta più naturale e ovvia è perché in parte è anche una responsabilità italiana; è parte della storia del Paese, una storia vergognosa, nera e drammatica che va riconosciuta e ricordata. L’Italia, dunque, non può nascondersi rinnegando o sminuendo questa responsabilità.
Nel tempo è emersa, spesso inconsapevolmente come reazione al dolore e alla sofferenza che il popolo palestinese vive da sessant’anni, l’associazione tra la diaspora degli ebrei post-Shoà, con la diaspora palestinese. In questa ottica si legge la trasformazione della vittima in carnefice, gli ebrei di Israele come colpevoli della diaspora e delle afflizioni dei palestinesi .
All’origine dell’errato collegamento concettuale, se volete anche semantico, dunque, ci sarebbe l’immigrazione degli ebrei in terra di Palestina. Immigrazione che perseguiva il progetto sionista di recuperare la terra di Israele, in Palestina, ma in realtà iniziata prima del secondo conflitto mondiale. Su queste basi sarebbe nato lo Stato di Israele, stato che per evidenze storiche sorge a scapito di un’altra popolazione, con un clamoroso errore di gestione internazionale. Inizia il lungo conflitto arabo-israelo-palestinese. Non mi addentrerò nelle questioni politiche-religiose del conflitto per ragioni di spazio, ma vorrei soffermarmi sui significati che tali intrecci storici hanno prodotto.
Il crescente conflitto, nonostante i tentativi di trovare degli accordi tra le parti, ha prodotto indubbie stragi nei confronti dei palestinesi. Si ricorda, tra le diverse compiute, il bombardamento con gravi conseguenze ai danni della città di Gaza nel 2009, con migliaia di morti, molti dei quali bambini. Questi atti hanno contribuito in tempi più recenti ad accrescere l’immagine che paragona Israele allo stato nazista*. Proprio qui nasce, a mio avviso, il disguido che alimenta il dibattito sopra citato.
Quanta confusione! Quanto concetti usati impropriamente dunque! Tutti gli ebrei, così, vengono classificati da certi come sionisti. L’equazione che nasce infatti è: Israele=stato nato sull’ingiustizia=stato che opprime i palestinesi come il fascismo fece con gli ebrei=tutti gli ebrei sono così. Il termine ebreo viene usato impropriamente e la Shoà diventa incomprensibile ricordo di una tragedia riperpetuata da chi l’ha subita. Così, in molti si chiedono perché dover commemorare la Shoà che ricorda l’eccidio degli ebrei nella seconda guerra mondiale. Perché non ricordare invece i palestinesi oppressi appunto dagli “stessi ebrei” in Palestina?
E’ sicuramente legittimo chiedere di commemorare tutte le stragi, stermini, oppressioni di popoli nel mondo, ma questa richiesta è da porsi su un piano diverso e merita una discussione a sé. La Shoà, ripeto, è storia italiana ed è giusto che l’Italia la ricordi, come per gli eccidi delle Foibe, le stragi ai danni dei giudici Borsellino e Falcone, e così via, inscindibili dalla nostra memoria di italiani. Per questo vorrei che si potesse slegare quello che avviene in Palestina con quello che è avvenuto in Europa, senza sensi di colpa. Per senso di giustizia ed etica, non per altro.
Ho ricevuto messaggi di alcuni giovani figli di arabi e palestinesi che mi chiedevano se fosse giusto non fare il minuto di silenzio nel giorno della Memoria. A loro il mio suggerimento: è giusto fare il minuto di silenzio, per i motivi già detti e che riprenderò di seguito. Nessun torto nel chiedere un altro minuto di silenzio per altre popolazioni vittime di ingiustizia. Se è presente un giovane siriano in classe, chieda un minuto di silenzio per i massacri in Siria operati dal regime carnefice di Assad. Oppure, se è presente un somalo, uno yemenita, una persona proveniente dal Darfur, dalla Nigeria, o da ovunque ci sia stato o ci sia un corso un massacro o una qualsiasi forma di ingiustizia, chieda di fare un minuto di silenzio. Questo, non per mettere in secondo piano il dramma vissuto e tutt’ora sofferto da molte famiglie ebree vittime del nazismo e fascismo italiano, no, ma affinché questa pagina nera della storia diventi davvero un momento di condivisione e ricordo di ciò che l’uomo non ha il diritto di fare su un altro uomo, per senso si umanità e solidarietà; affinché diventi occasione per non creare legami fuorvianti tra certi accadimenti storici che possono (anche se hanno simili espressioni); affinché diventi occasione per ricordare le responsabilità mancate del nostro Paese. Ovviamente questo discorso è rivolto a tutti; non è scontato, anche per chi non fa i collegamenti sopra indicati, che la Memoria vada intesa in questo senso.
Questa è la sfida, non facile, che le nuove generazioni devono perpetuare, perché il passato non diventi troppo lontano e dimenticato e perché il presente sia vissuto coscientemente e responsabilmente . E’ anche la sfida dell’evitare che la memoria intrappoli l’odio e il desiderio di vendetta ma liberi la passione necessaria a non ripetere su altri il male da alcuni inflitto. Tutto il resto è un discorso di politica, economia o altro, mero strumentale uso della storia.
Per capire bisogna conoscere e riconoscere.
*Con questo non si può negare che anche da parte palestinese non ci sia stata una offensiva significativa, ma certo, non paragonabile alla prima. Io non sostengo la guerra dei numeri contando le vittime civili perché le vite umane sono inestimabili, ma a volte sono significativi di determinate dinamiche.”