La spietata guerra psicologica di Hamas e jihadisti converge con l’agitazione di una sinistra estrema apocalittica e antisemita con la finalità dell’eliminazione degli ebrei, popolo e stato. Ci sono marcate affinità ideologiche. Tendono entrambi all’orrore di una ripetizione della Shoah.
Terribile a dirsi ma tale tendenza si riconosce nei comportamenti e in un sinistro allucinato oscurantismo ideologico.
Il terrore islamista usa un linguaggio accattivante per l’estremismo di sinistra che, da parte sua, qualifica l’islamofascista come “forza di resistenza e liberazione”.
Tale estremismo assume in sé l’eredità delle Leggi di Norimberga del sistema hitleriano e delle leggi razziali del fascismo italiano, il famigerato discorso di Trieste di Mussolini (“L’ebraismo mondiale è il nemico dichiarato del fascismo”), Mussolini a cavallo in Libia che brandisce la spada dell’Islam, mentre Radio Bari trasmetteva in arabo programmi antisemiti; e lo rivernicia in un lessico pseudoprogressista e wokista.
Miscela rabbiosa che annebbia le menti, devasta le coscienze, alimenta le azioni squadriste antiebraiche, inoltre offende a morte la storica resistenza antifascista, fino al suo ribaltamento.
Per odio antioccidentale avallano l’imperialismo califfale che fu dell’Isis, secondo il quale ogni paese storicamente conquistato dell’Islam è “Dar al-Islam”, cioè terra per sempre islamica (come Sicilia, Spagna, Grecia, Balcani).
Per un odio accecante assumono l’estremo antisemitismo del nazifascismo, insieme alla strategia del mondo comunista: quella di Lenin, per i popoli d’Oriente, la tesi di Stalin secondo la quale l’emiro afgano che lotta contro l’imperialismo è più progressista dell’operaio laburista; l’Unione Sovietica che dagli anni 60′ è alleato e promotore del terrorismo palestinese e del panarabismo antisemita, e costruttore della demonizzazione del sionismo israeliano. Fino all’ultima moda del wokismo infantile che celebra la “resistenza araba palestinese contro il mostro sionista”.
Ecco creata l’unità fanatica di piazza e di azione squadristica tra sinistra globale e imperialismo arabo islamico genocida.
Un’alleanza favorita e fiancheggiata da utili idioti, quinte colonne, gruppi nazisti tradizionali con i simboli della svastica e della kefiah, in un magma rosso-bruno molto attuale e al tempo stesso erede di quella alleanza strategica Hitler-Stalin che favorì la deflagrazione della seconda guerra mondiale e della Shoah.
Oggi va strappata la maschera progressista liberatrice alla sinistra globale per mostrarne il vero volto di apologeti antisemiti antisionisti e della pianificazione di una nuova “soluzione finale”.
Questa sinistra totalitaria distrugge con veemenza una tradizionale autorappresentazione di una sinistra che affermava essere lo sterminio degli ebrei il cuore stesso strategico ideologico del nazifascismo. Una vera e propria bandiera identitaria che aveva generato una comprensibile adesione alla sinistra della maggioranza delle comunità ebraiche e che oggi invece lacera le loro coscienze.
Dopo il 7 ottobre tanti ebrei di sinistra denunciano con orrore la fusione dell’islamo-nazismo con la sinistra antisemita; anziani sopravvissuti e testimoni della Shoah denunciano sconcertati la ferocia di Hamas come peggiore dei nazisti; ebrei sionisti espulsi dalla sinistra ufficiale; ebrei di sinistra che si dimettono da incarichi pubblici ed escono dai partiti di sinistra.
Mentre l’alleanza islamismo-sinistra globale aggredisce con violenza verbale e fisica chiunque, di sinistra o di destra, osa criticare il loro fideismo con il grido selvaggio di “sporco sionista!”.
Dall’altro lato una parte della destra che si dichiara amica e sostenitrice di Israele rivela un carattere strumentale perché poi, al dunque, si allinea su certe posizioni dell’Unione Europea e dell’Amministrazione Biden e contribuisce all’isolamento e alla condanna di Israele. L’estrema destra neonazista poi persevera nel suo repellente antisemitismo di sempre, in opposizione alla “svolta di Fiuggi” e al lavacro nello Yad Yashem, ed è parte attiva del coro fanatico di oggi.
L’antisemitismo genocida si rivela essere l’asse del male, la punta estrema visibile di ogni totalitarismo aggressivo, ieri come oggi. Ebrei sterminati preludio di popoli schiavizzati.
Tollerare l’intolleranza massima della violenza squadrista antisemita, dei continui program mediatici, della demonizzazione degli ebrei e del loro Stato, significa precipitare nella disgregazione della libertà e democrazia.
Il capro espiatorio ebraico apre le porte alle offensive totalitarie. La difesa degli ebrei non è un semplice atto di solidarietà ma un’espressione dell’azione per mantenere e rinnovare le realtà democratiche e i valori comuni.
Perché l’isolamento organizzato di Israele costituisce la frontiera della decadenza di democrazie indifese e svuotate.
L’Occidente abbandona Israele perché abbandona sé stesso, i propri valori, la sua tradizione, la sua innovazione, cultura, identità. Chiama “pace” la resa, il cedimento, l’illusoria tranquillità domestica nella miopia sulle tempeste infernali che avanzano. Cecità, ottusità, provincialismo.
Ma Israele isolata, nonostante tutto, splende di luce propria e indica la strada della resistenza e della libertà. Forgiato dalle tremende prove, radicato nei suoi valori, carico di memoria e di speranza, sfida con coraggio morale e fisico il mare tempestoso delle avversità.
Sentinella della libertà, nobiltà esistenziale dei diritti e dei doveri. Vengono in mente parole luminose e feconde di Nietzsche sul male:
“Mettere alla prova la vita degli uomini e dei popoli migliori e più fecondi, e domandatevi se un albero che deve crescere superbo in altezza, possa fare a meno del maltempo e della bufera; se inclemenza e contrasti dall’esterno, se una qualche forma di odio, di gelosia, di caparbietà, di diffidenza, di durezza, di avidità e di violenza non appartenga alle condizioni più favorevoli, senza le quali è a malapena possibile, sia pure nella virtù, un grande sviluppo” (La gaia scienza).
La solitudine di Israele contiene un’esemplarità dei valori e delle regole di condotta occidentali e universali, di libertà e dignità umana. Contro di essa un’ostilità israelofobica senza precedenti. Con un’aggravante.
Ne ha scritto David Elber:
“L’aggravante è politica: il premio ventilato ai terroristi, consistente nel riconoscimento di uno Stato palestinese da parte della comunità internazionale (compresi gli USA) quando la guerra cesserà. Si tratta senza dubbio di un passo avanti rispetto alla formulazione della Risoluzione 242, che chiudeva la guerra dei Sei giorni, o degli Accordi di Oslo. Si è passati, infatti, dal concetto di terra in cambio di pace (principio valido solo per Israele) a quello di eccidio in cambio di riconoscimento statuale. I vecchi principi legali e morali come pacta sunt servanda, reciproco riconoscimento, coesistenza, accordo tra le parti, appaiono del tutto anacronistici e demodé: oggi, evidentemente, è più comodo e veloce compiere un eccidio e subito dopo, come conseguenza, arriva uno Stato servito su un piatto d’argento”.https://www.linformale.eu/israele-e-la-dissonanza-cognitiva-occidentale/
Un vero incentivo al terrore, una legittimazione politica del jihad genocida in nome della pace un premio alla guerra terrorista.
Alvin Rosenfeld, accademico ebreo americano e studioso della Shoah e del nuovo antisemitismo, ha scritto su Tablet, rivista online di cultura ebraica:
“Hamas e i suoi alleati non cercano una soluzione a due stati, ma una ripetizione della Soluzione Finale”.
Avere ribaltato la realtà inaudita del 7 ottobre è un crimine antisemita, un atto di anti-democrazia militante.