Editoriali

Potrebbe andare peggio

No, non siamo ancora alla vittoria totale, quella che Benjamin Netanyahu ha promesso a Israele a seguito dell’eccidio del 7 ottobre perpetrato da Hamas, c’è ancora molto lavoro da fare, ma il fatto evidente, incontrovertibile è il cambio di marcia.

Nel giro di poche settimane, dopo un lungo, quasi interminabile anno in cui il paese è stato sottoposto a un assedio senza precedenti con sette fronti militari aperti, più un ottavo, non meno temibile e insidioso, come ha sottolineato qui David Elber, https://www.linformale.eu/lottavo-fronte-di-guerra-di-israele/il ruggito di Israele si sente forte e chiaro.

La decimazione del vertice di Hezbollah con l’eliminazione a sorpresa del lord of terror Hassan Nasrallah, il massiccio bombardamento dei suoi arsenali che continua e continuerà, a cui è seguita ieri l’incursione aerea in Yemen per mettere in ginocchio la linea di rifornimento degli Houti, ha messo Teheran con le spalle al muro, ha pietrificato l’anziano Khamenei, il quale, pateticamente, invoca l’unità inesistente del mondo musulmano contro “l’entità sionista” (e quanto sia unito si è visto con festeggiamenti in Iran e in Siria per la morte di Nasrallah e l’ancora più eloquente silenzio tombale proveniente dal mondo arabo sunnita con in testa a tutti l’Arabia Saudita).

Sì, c’è ancora della strada to finish the job, come esortava tempo fa Donald Trump e più recentemente ha esortato suo genero Jared Kushner, uno degli artefici degli Accordi di Abramo. A Gaza sono ancora prigionieri 117 ostaggi, non si sa quanti di loro vivi, Yayha Sinwar non è stato eliminato, e Hezbollah è tuttora operativo, ma, come un pugile barcollante sul ring prima del ko, l’asse del terrore guidato da Teheran non è in grado di rispondere.

Proprio in un momento come questo, quando il vento soffia in poppa, bisogna evitare di cingersi frettolosamente il capo con l’alloro, e fingere, per scaramanzia, di essere solo all’inizio del cammino anche se in realtà si è molto avanti. Intanto, Benjamin Netanyahu, l’uomo dalle molte vite, che i suoi nemici sparsi ovunque davanno per spacciato, incassa l’ingresso nel governo del vecchio e aspro rivale Gideon Sa’ar, fortificandolo e allontanando lo spettro di elezioni anticipate che una opposizione irresponsabile appoggiata da Washington ha cercato insistentemente di provocare in questi mesi.

Potrebbe andare peggio.

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