L’accoltellamento di Salman Rushdie solleva il seguente interrogativo: perché l’Ayatollah Khomeini condannò a morte Salman Rushdie nel 1989 per il suo romanzo I versi satanici ? Il fatto che il dittatore iraniano non avesse letto il libro rese più sorprendente quest’azione che ignorava leggi, confini e precedenti.
Sulle pagine del New Yorker Robin Wright spiega che questa “è stata una mossa politica per sfruttare l’esplosione di rabbia in Pakistan, in India e altrove”. Giles Kepel sostenne che con il suo editto, Khomeini “si è di fatto proclamato guida spirituale di tutti i musulmani strappando così il ruolo di leadership ai sauditi”. Sam Westrop, responsabile di Islamist Watch al Middle East Forum, concorda: “Dopo che i leader di Jamaat-e-Islami in Gran Bretagna sono volati in Arabia Saudita per perorare la causa di una campagna internazionale nell’ottobre 1988, Khomeini ha pensato di dover alzare la voce per non rischiare di perdere”.
Non sono d’accordo. Non si trattò di una mossa tattica da parte di Khomeini per promuovere se stesso, ma di una reale reazione di collera. Per quale motivo? Perché uno scrittore di nome Salman Rushdie aveva scritto un libro intitolato I versi satanici . Questi due semplici fatti, e non il contenuto complesso delle 546 pagine del romanzo, sono stati sufficienti per provocare una reazione emotiva.
Partiamo dal titolo. L’espressione “versi satanici” si riferisce a due righe del Corano che sono state cancellate. Tali righe erano una concessione fatta ai suoi avversari dal profeta dell’Islam Maometto, il quale, così facendo, rese rapidamente l’Islam una fede politeistica. In quelle due righe, Maometto dichiarava che le tre dee pagane Lat, Uzza e Manat erano in grado di intercedere tra l’uomo e Dio: “Quelli sono gli uccelli sublimi/ e la loro intercessione è certamente desiderata”. Un eminente storico musulmano dell’Islam, At-Tabari, scriveva che “Satana gettò” queste parole sulla lingua di Maometto.
Commentando questo episodio nella sua rivoluzionaria biografia del 1858, La vita di Maometto, l’orientalista britannico William Muir, fa riferimento ai “due versetti satanici”. Questo sembra essere stato il primo uso di questa espressione per riferirsi al passaggio cancellato. Successivamente autori occidentali hanno poi ripreso il termine, in particolare W. Montgomery Watt, che ha dedicato dieci pagine all’argomento nel suo autorevole studio del 1953, Muhammad at Mecca (Maometto alla Mecca), così come nel suo compendio del 1961, Muhammad: Prophet and Statesman (Maometto: Profeta e uomo di Stato).
Tendenzialmente, chiunque negli ultimi settant’anni, come Rushdie (e io stesso), abbia fatto degli studi in Occidente su Maometto e sul Corano probabilmente ha letto Watt e ha incontrato l’espressione “versi satanici”.
Al contrario, l’espressione “versi satanici” è sconosciuta nelle lingue madri dei musulmani, tra cui l’arabo, il persiano e il turco. Gli studiosi che praticano quelle lingue conoscono le due righe cancellate del Corano come l’episodio delle gharaniq (uccelli [propriamente gru, N.d.T,]). Di conseguenza, i musulmani come Khomeini che hanno studiato la vita di Maometto e il Corano, ma non in inglese, non hanno idea a cosa si riferiscano i “versi satanici”.
Ciò che sanno è che la traduzione di “versi satanici” nelle lingue parlate dai musulmani suscita un’indignazione inimmaginabile. In arabo, l’espressione diventa Al-Ayat ash-Shaytaniya; in persiano, Ayat-e Shetani; in turco, Şeytan Ayetleri. Shaytan è una parola che ha affinità con “Satana” e non pone problemi. Ma contrariamente al termine “versi” che in genere si riferisce alla poesia, al canto e ai testi sacri, ayat si riferisce ai “versetti del Corano”.
Pertanto, ritradotti letteralmente in inglese, e questo è il punto cruciale, questi titoli in arabo, in persiano e in turco significano “i versetti satanici del Corano”. Con una leggera estrapolazione, il significato si trasforma in “il Corano satanico”. Ciò implica in modo pericoloso che Maometto non ha ricevuto il Corano da Dio, che non lo ha inventato e che invece lo ha ricevuto dal Diavolo. Per questo motivo, Ali A. Mazrui, un eminente accademico musulmano, ha affermato che il titolo è “probabilmente la principale bestemmia” del romanzo, un’opinione ampiamente condivisa.
“Il Corano satanico” fa anche pensare che Rushdie abbia dichiarato che l’intero Corano, e non soltanto i due versetti cancellati, proveniente dal Diavolo. Per Mazrui, “la bestemmia di Rushdie non risiede nella sua affermazione che il Corano è opera di Maometto. La blasfemia risiede più nell’ipotesi di Rushdie che [il testo sacro] è opera del Diavolo”. Abdelhamid Zbantout, un leader islamico francese, si è detto “indignato del fatto che qualcuno possa scrivere che il profeta ha ricevuto la rivelazione da Satana, e non dall’angelo Gabriele”. Yaqub Zaki, un britannico convertito all’Islam, ha spiegato questa interpretazione errata sul Times di Londra:
L’utilizzo da parte di Rushdie del nome del Diavolo responsabile dell’inganno ha lo scopo di mostrare che l’intero Corano è fraudolento e che Maometto è un perfido impostore. Non si tratta di per sé di due versetti, ma di tutti i 6.236 versetti che compongono l’intero testo. In altre parole, il titolo è un doppio senso.
Ma queste affermazioni sono tutte false. Il titolo non è un doppio senso. Da nessuna parte nel romanzo Rushdie afferma o implica che il Corano provenga dal Diavolo. In realtà, ritrae Maometto come se fosse lui l’autore del libro. Ma i musulmani arrabbiati che interpretano il titolo come “Il Corano satanico” hanno completamente perso queste sottigliezze nella foga della loro indignazione. In seguito, nessuno si è preso la briga di verificare queste false supposizioni, pertanto, sono diventate verità rivelate ripetute all’infinito.
Ed è in questo che risiede la causa più diretta della collera. Occorre leggere altri libri per scoprire le blasfemie che contengono, questo di Rushdie preannuncia la tremenda indignazione a grandi lettere in rilievo dorato sulla sovraccoperta. (E la miniatura persiana sulla copertina, che mostra “Rustam che uccide il demone bianco”, non fa che confermare l’impressione che il libro sia incentrato su Satana.) A questo si aggiunga ciò che i musulmani hanno saputo del contenuto irriverente del libro – che erotizzava le mogli di Maometto, chiamava Maometto con il nome europeo estinto e ostile di Mahound e raffigurava Dio come un uomo di mezza età, calvo e con forfora – e le parvenze da sole hanno condannato in modo così categorico Rushdie che, ovviamente, nessuno ha sentito il bisogno di leggere il libro.
Uno scrittore sceglie un titolo sulla base, tra l’altro, della sua originalità, della sua brevità, della sua attrattiva, della sua attualità e del suo carattere memorabile. La scelta di Rushdie di intitolare il libro I versi satanici soddisfa tutti questi criteri. Ciò di cui l’autore non si è reso conto è che, combinato con il rude trattamento della religiosità islamica, il titolo aveva un effetto incendiario. Più di ogni altra cosa, la sua scelta a quanto pare innocente del titolo spiega perché così tanti musulmani hanno reagito con ira violenta a quello che altrimenti sarebbe stato solo uno dei tanti romanzi.
Il titolo aiuta anche a spiegare le teorie del complotto che sono nate attorno ai Versi satanici, poiché quando si è diffusa la notizia della pubblicazione del romanzo per poi guadagnarsi le prime pagine dei giornali, numerosi musulmani erano profondamente convinti che una trama così diabolica non poteva che venire dall’Occidente. Hanno ideato uno schema fin i minimi dettagli: i leader occidentali, dopo essersi consultati con i loro esperti orientalisti, avevano escogitato quest’opera spregevole, come parte di un’impresa simile a una moderna crociata destinata a sabotare l’Islam. Chi altri se non la CIA o l’MI6 sarebbero stati in grado di escogitare uno schema così astuto? Più i devoti musulmani ci pensavano, più grande era il problema e più appassionata era la loro reazione. Che il libro fosse un’opera di finzione divenne sempre più irrilevante: ciò che contava era la sua sfida ai fondamenti dell’Islam e la necessità di organizzare una difesa. Tali preoccupazioni furono al centro della reazione musulmana in tutto il mondo, compresa quella dell’Ayatollah Khomeini.
A ciò si aggiunge il fatto che Khomeini sapeva un’altra cosa: il nome dell’autore, Salman Rushdie, il nome di un musulmano di nascita. Non sorprende che un non musulmano ridicolizzi i sentimenti sacri islamici, ma è intollerabile che lo faccia un musulmano di nascita e ciò lo rende tanto un apostata quanto un traditore. Così Khomeini pronunciò una condanna a morte contro Rushdie per “opposizione all’Islam, al Profeta e al Corano”.
Pertanto, no. la sentenza di condanna a morte non riguardava né la rivalità né la geopolitica. Si trattava di salvare l’Islam da una percepita blasfemia da parte di un traditore che lavorava con i nemici dell’Islam.
https://www.danielpipes.org/21404/why-the-death-edict-on-salman-rushdie
Traduzione di Angelita La Spada
Addendum del 23 agosto 2022: Google Books Ngram Viewer non mostra né l’uso dell’espressione “Versi satanici” nel 1858 né la recente impennata, ma mostra l’enorme aumento delle menzioni di questa espressione nel 1988-1989.