Nessuno era preparato martedì scorso ad ascoltare alla Casa Bianca quello che Donald Trump ha detto in conferenza stampa alla presenza di Benjamin Netanyahu. Netanyahu ne aveva avuto sentore prima ma non aveva il quadro completo. Non ha importanza, ciò che conta è che gli ascoltatori non sapessero, che il mondo intero non sapesse.
Scossa tellurica
Quello che ha detto Trump è noto, ed è stato dirompente. Ha detto che la popolazione di Gaza deve lasciarla, che il luogo non è più idoneo alla sua permanenza, che la cosa migliore per i circa due milioni di gazawi è di trovare accoglienza altrove. Gaza sarà ricostruita senza di loro, Gaza ha il potenziale di diventare un luogo ambito per il turismo. Perché questo accada bisognerà che essa sia ricostruita sotto tutela americana. A questo punto il fiato dei presenti era già corto.
Le parole di Trump hanno suscitato immediato sdegno e fatto gridare ai benpensanti che si tratta di pulizia etnica, che i gazawi non possono e non devono essere sradicati dalla loro terra (che in realtà non gli appartiene affatto). Gli Stati arabi, l’Unione Europea, la Russia, la Cina, hanno trovato la proposta inaccettabile, e soprattutto, a trovarla inaccettabile è stato Hamas. E come potrebbe trovarla accettabile l’organizzazione terroristica integralista islamica artefice del 7 ottobre? Perché ciò che Trump ha dichiarato sottende che Hamas, a Gaza non ci sarà più, e insieme a Hamas non ci sarà più la popolazione che Hamas lo ha votato entusiasticamente nel 2005, e di cui esso è un prodotto, la popolazione innocente, impregnata di antisemitismo, di odio per Israele.
No, ha inteso dire Trump spazzando via di un copo solo il feticcio dello Stato palestinese di cui Gaza dovrebbe idealmente fare parte, non si può avere uno Stato palestinese con queste caratteristiche, e Gaza è stata, è, dal 2005, un mini modello di Stato palestinese. Occorre pensare a un’altra soluzione e occorre che questa diversa soluzione sia chiara anche agli arabi, soprattutto ai riluttanti Egitto e Giordania, che senza i miliardi di aiuti americani affonderebbero.
Trump ha sbattuto in faccia all’ipocrisia araba che il problema “palestinese” che loro hanno alimentato e forgiato non può più trovare soluzione al vecchio modo, quello di ricattare Israele come ha fatto la Lega Araba dal 1952 quando consigliò i paesi arabi di posporre gli sforzi per riallocare i rifugiati palestinesi conseguiti alla guerra del 1948-49, demandando all’ONU di produrre risoluzioni su risoluzioni relative al loro ritorno. L’UNRWA li ha quindi moltiplicati esponenzialmente.
La verità è che gli arabi, i cosiddetti rifugiati palestinesi e i loro discendenti, li hanno sempre trattati come espatriati a vita, collocandoli permanentemente in campi, sottomettendoli a uno status di inferiorità in modo da poterli usare come accusa nei confronti di Israele. Non esistono rifugiati a seguito della Seconda guerra mondiale. I diciotto milioni di tedeschi che furono esplusi dall’Europa dell’Est non hanno trovato accoglienza in campi profughi e il loro status non è stato esteso alla loro discendenza. Il falso problema dei rifugiati palestinesi sarebbe già stato risolto da mezzo secolo se solo gli arabi se ne fossero preso carico, ma hanno preferito fare altro, usarli come ricatto contro Israele con il beneplacito di buona parte del mondo occidentale.
Enclave antisemita
Gaza è una enclave di radicalismo islamico antisemita, governata da sedici anni da una formazione estremista che considera tutta la Palestina ex mandataria, una proprietà islamica.
Quale altro Stato al mondo tollererebbe ai suoi confini una entità simile a Gaza, dove cova un odio totale nei suoi confronti e dove i bambini, fin dai primi anni, vengono istruiti a considerare gli abitanti di quello Stato demoni che vanno eliminati?
La risposta è semplice. Nessuno.
Dunque non c’è niente di sconcertante nell’idea di spostare altrove questa popolazione, che, attenzione, non si dice, non si trova su un territorio che le appartiene di diritto.
Gaza, come la Cisgiordania non è “palestinese”, ovvero non appartiene agli arabi, ma, esattamente il contrario, venne assegnata agli ebrei dal Mandato Britannico per la Palestina del 1923. Solo a Israele, tra tutti gli Stati al mondo, viene imposto di accettare una situazione simile.
Gli arabi hanno tentato di distruggere Israele dal 1948 in poi. Ce ne sono centinaia di migliaia che sono integrati e fanno parte del tessuto sociale e culturale del Paese e non desiderano distruggerlo, ma quelli che desiderano farlo perché dovrebbero restare?
Trump non è mosso da queste considerazioni, ma da motivi sostanzialmente umanitari, dislocare altrove, in luoghi più abitabili chi non ha più una casa, chi si trova a dovere affrontare un luogo diventato inospitabile e invivibile per molti.
In realtà dovrebbe dire che Hamas è la sua popolazione, perché Hamas è un prodotto islamico esattamente come il nazismo fu un prodotto tedesco, vanno messi in condizione di non nuocere più al principale alleato americano in Medio Oriente.
Uno Stato ebraico con una purulenza antisemita al proprio interno dovrebbe essere bonificato da quest’ultima.
Il futuro e gli ostacoli
Ci vorranno dai dieci ai quindici anni per ricostruire Gaza, ha dichiarato Steven Witkof, l’inviato per il Medio Oriente che Trump ha scelto e che il quindici gennaio ha di fatto obbligato Netanyahu ad accettare un accordo con Hamas, quello stesso accordo che per quindici mesi, Netanyahu aveva respinto.
Va detto con chiarezza, quell’accordo noi de L’Informale lo abbiamo trovato mefitico, perché ha consentito a Hamas di intestarsi la vittoria. Cedere ai terroristi è sempre una sconfitta anche quando si tratta di liberare degli ostaggi, significa dargli potere, forza. Sappiamo quale è la ragione che ha spinto Trump a chiederlo, per poterselo intestare. Questo accordo ci ha spiazzato e ora siamo di nuovo stati spiazzati, Trump ha giocato una nuova carta, inaspettata e più dirompente della prima. Questa carta ci piace assai di più, ma sappiamo anche che perché si possa trasformare in realtà bisogna superare molti ostacoli. Ciò nonostante non si può non apprezzare la sua portata rivoluzionaria. Ci si è forse già dimenticati di come fu rivoluzionaria la decisione di Trump, otto anni fa, di riconoscere Gerusalemme capitale di Israele spostandovi l’ambasciata americana, o di decidere di tagliere i fondi all’UNRWA, o di esautorare l’Autorità Palestinese da ogni ruolo negoziale e quindi di persuadere gli Emirati ad accettare un accordo diplomatico con Israele? Sedicenti esperti predissero che a seguito della decisione di spostare da Tel Aviv a Gerusalemme l’ambasciata americana e di proclamare Gerusalemme la capitale di Israele, il Medio Oriente sarebbe andato in fiamme. Non ci fu neanche una fiammella.
Qui il passo è ulteriore, e più ampio. Trump ha la forza politica di poterlo imporre se sarà determinato a farlo. Questo comporta, in primis, la fine di Hamas e dunque concedere a Israele di riuscirci, cosa che l’Amministrazione Biden gli ha impedito durante tutta la guerra, ma affinché questo accada è necessario che la guerra possa riprendere e che Hamas sia sconfitto. Trump dovrebbe dunque fare marcia indietro sul suo desiderio di avere tutti gli ostaggi liberati, a meno che di non lasciarsi andare a un eccesso di onirismo e pensare che prima Hamas li rilasci tutti e poi si faccia eliminare.
L’altro aspetto del problema riguarda il mezzo con cui Trump obbligherà Egitto e Giordania e altri paesi arabi a farsi carico di una popolazione radicalizzata. La leva economica è quella fondamentale, senza sussidi americani e appoggio politico, Egitto e Giordania si troverebbero in grave difficoltà, ma basterà a convincerli?
Lo sfollamento dei gazawi necessita la presenza capillare di Israele sul territorio, non il suo ritiro progressivo, come stabilisce l’accordo in corso, quindi, di fatto lo interrompe, e mette in mora il rilacio degli ostaggi rimanenti e le loro vite. Trump sarà disposto ad accettare questo rischio e a passare dal ruolo di chi ha voluto l’accordo a quello di chi lo ha interrotto?.
Gli interrogativi restano inevasi. Di nuovo, per potere atture ciò che Trump ha annunciato, il suo “pensiero stupendo”, la guerra deve riprendere, Hamas deve essere sconfitto e Israele deve potere avere il controllo del territorio, se no si resta prigionieri dello scenario magico https://www.linformale.eu/lo-scenario-magico/.
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