Israele e Stati Uniti

L’amministrazione Biden, l’eredità di Obama e Hamas

La questione del rifiuto da parte di Washington della spedizione di munizioni essenziali per Israele a causa delle preoccupazioni su “possibili vittime civili” a Rafah ha generato una reazione negativa nei confronti dell’Amministrazione Biden, che ora viene attaccata da più parti, inclusa la comunità filo-israeliana negli Stati Uniti, e i democratici moderati.

Il tentativo di impedire a Israele di entrare a Rafah e di sradicare Hamas sta iniziando a causare più danni che benefici alla prossima corsa elettorale di Biden. L’attuale presidente potrebbe sicuramente essere preoccupato per i voti in Michigan e Minnesota, ma data la prevedibile reazione negativa che Biden sta attualmente affrontando, oltre all’ostinazione dell’amministrazione nel volere trattenere in ogni caso la spedizione, indica che la questione potrebbe andare ben oltre il  semplice numero di voti da ottenere.

Inoltre, il 7 maggio, un articolo pubblicato su Politico indicava che Washington sta bloccando le spedizioni di munizioni per l’attacco diretto congiunto della Boeing – sia le munizioni, sia i kit che le convertono in armi intelligenti – e bombe di piccolo diametro, come indicato da sei fonti dell’industria e del Congresso a conoscenza di quanto sta accadendo.

Il fatto è stato ulteriormente confermato il 9 maggio dal Prof. Alan Dershowitz su The Dershow:

“…L’ironia è che tra le armi sequestrate ci sono le cosiddette “bombe intelligenti”, il tipo di bombe in grado di minimizzare i danni ai civili. Quindi, ecco il messaggio che questa amministrazione sembra inviare a Israele: non vogliamo che uccidiate i civili, ma vi invieremo un mucchio di bombe stupide che uccidono i civili perché non riescono a distinguere. Noi tratteniamo le bombe intelligenti che vi renderebbero più capaci di uccidere i membri di Hamas senza uccidere i civili. Questa è la punizione che vi imponiamo; questa non è una punizione nei confronti di Israele, è una punizione nei confronti dei civili di Gaza”.

Come se non bastasse, si è anche scoperto che, anche se l’ultima offerta presentata a Hamas dall’Egitto la settimana scorsa era diversa da quella accettata da Israele giorni prima (e inaccettabile), Washington non ha informato Israele dei cambiamenti apportati, provocando una forte delusione israeliana nei confronti dell’amministrazione americana e sospetti riguardo al suo ruolo di mediatrice.

Fonti israeliane hanno detto ad Axios che si era reso evidente che Washington e il direttore della CIA William Burns fossero a conoscenza del nuovo documento, che conteneva “molti nuovi elementi” e “sembrava una proposta completamente nuova”, ma non avevano detto a Israele della sua esistenza. Questa circostanza è stata utilizzata da Hamas per raffigurarsi ben disposto a raggiungere un accordo facendo apparire Israele come la parte inflessibile, come spiegato da The Times of Israel.

L’intero quadro evidenzia gravi preoccupazioni e solleva interrogativi sull’affidabilità dell’Amministrazione Biden come cosiddetto alleato. Attenzione, non gli Stati Uniti, ma l’“Amministrazione Biden” che è fondamentalmente la continuazione di quella di Obama, come appare chiaro dalla sua politica estera in Medio Oriente.

Molti degli uomini attualmente attivi nei dipartimenti di Washington avevano già ricoperto posizioni di rilievo durante il periodo di Obama, come Jake Sullivan, Antony Blinken, Brett McGurk e Susan Rice.

Durante la sua presidenza, Barrack Hussein Obama ha aperto le porte ai Fratelli Musulmani (MB) in Medio Oriente (di cui Hamas è il ramo palestinese), recandosi ad Ankara appena tre mesi dopo il suo insediamento per sostenere il partito islamista AKP di Erdogan come “un modello di democrazia” e di “Islam moderato” in Medio Oriente e nel mondo. Sfortunatamente, abbiamo tutti visto cosa è diventata la Turchia sotto il governo dell’AKP.

Nel giugno 2009 al Cairo, Obama tenne un discorso intitolato “Un nuovo inizio”, davanti a un pubblico che, su richiesta della sua amministrazione, comprendeva dieci leader dei Fratelli Musulmani. In quell’occasione Washington gettò le basi per quell’iniziativa di “cambio di regime” che devastò Egitto, Tunisia e Libia.

In Egitto, il governo della Fratellanza Musulmana, durato un anno e guidato da Mohamed Morsi provocò un disastro totale, con Morsi accusato di alto tradimento, di avere aperto le porte del paese alle guardie rivoluzionarie iraniane e di rapporti con Hamas e Hezbollah.

Nell’estate del 2013, milioni di egiziani scesero in piazza chiedendo nuove elezioni e contestando l’Amministrazione Obama e l’allora ambasciatrice Anne Patterson, accusata di sostenere il governo islamista nonostante i disordini. Come conseguenza Patterson dovette lasciare in fretta il Cairo.

Nel gennaio 2015, ben dopo la caduta di Morsi, il Dipartimento di Stato americano ospitò una delegazione di leader legati ai Fratelli Musulmani, tra cui Walid el-Sharaby, membro del Consiglio rivoluzionario egiziano, Gamal Heshmat, Abdel Mawgoud al-Dardery (due anziani membri della Fratellanza) e Maha Azzam, presidente del Consiglio egiziano per la rivoluzione, formatosi a Istanbul nel 2014 per contrastare Abdelfattah al-Sisi.

Come se ciò non  fosse bastato, l’Amministrazione Obama autorizzò l’invio di 1,7 miliardi di dollari in contanti al regime iraniano, liberando circa 100 miliardi di dollari in beni congelati, rafforzando in questo modo l’industria iraniana. Com’era prevedibile, Teheran utilizzò il denaro anche per rafforzare Hamas, gli Houthi, Hezbollah e le milizie sciite in Iraq e Siria.

Tornando alla situazione attuale e all’Iran, vale la pena ricordare che, nonostante l’attacco perpetrato dal regime iraniano contro Israele il 13 aprile, con oltre 320 missili e droni, solo due settimane dopo una delegazione statunitense ha avviato trattative con la controparte iraniana per discutere la questione nucleare iraniana, la riduzione delle tensioni nella regione e la capacità di Teheran di mantenere la calma nella Striscia di Gaza in cambio del ripristino del precedente accordo non scritto sul nucleare tra Teheran e Washington.

Non è quindi difficile capire perché l’amministrazione Biden stia cercando di impedire a Israele di sradicare Hamas, e questo è un motivo in più per cui Israele deve arrivare fino in fondo e annientare l’organizzazione terroristica palestinese.

https://blogs.timesofisrael.com/the-biden-administration-the-obama-legacy-and-hamas/

Traduzione di Niram Ferretti

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