Israele e Iran

L’American-Iran connection

Nel intricato scenario di informatori, potenziali killer, sabotatori, che sia Israele che l’Iran utilizzano per i reciproci interessi, non può, ovviamente, mancare l’American connection, ovvero la presenza di operatori americani che agiscono per promuvere l’agenda di Teheran, e che sono insediati ai livelli più alti dell’Amministrazione Biden.

Su Robert Malley, uno dei più solerti ed entusiasti promotori dell’accordo sul nucleare iraniano voluto da Barack Obama, abbiamo già scritto diverse volte. A luglio dello scorso anno Malley è stato costretto alle dimissioni sotto accusa di avere condiviso materiale classificato con una fonte non identificata, e attualmente risulta sotto indagine da parte dell’FBI https://www.linformale.eu/un-burocrate-al-capolinea/. Quale sia questa fonte “non identificata” è facile immaginarlo. 

Lo scorso agosto, il senatore repubblicano Tom Cotton e la rappresentante repubblicana Elise M Stefanik, scrissero una lettera alla vicepresidente degli Stati Uniti e candidata democratica alla presidenza Kamala Harris “per esprimere preoccupazione” sui presunti legami del suo consigliere per la sicurezza nazionale, Philip Gordon, con le campagne di influenza iraniane.

Nella lettera facevano presente che Gordon era collegato al funzionario della difesa statunitense, Ariane Tabatabai, accusata di fare parte dell’Iran Experts Initiative (IEI), un progetto del ministero degli Esteri iraniano finnalizzato  a promuovere gli interessi di Teheran in Occidente.

Naturalmente non accadde nulla, il Dipartimento della Difesa reputò che le credenziali di sicurezza della Tabatabai fossero perfettamente congrue con il  protocollo ed essa continuò indisturbata a svolgere il proprio ruolo, dopo avere  lavorato in precedenza anche alla Nato e alla Rand Corporation.

Adesso si scopre che, molto presumibilmente, sarebbe stata proprio lei ad avere passato a Teheran le informazioni relative all’annunciato attacco israeliano in Iran in risposta a quello missilistico iraniano su Israele avvenuto il primo ottobre.

Nella lettera si faceva presente come la Tabatabai e Gordon avessero collaborato a diversi articoli di opinione che, secondo Cotton e Stefanik “promuovevano palesemente la prospettiva e gli interessi del regime iraniano” e nei quali veniva espressa la loro contrarietà per le sanzioni contro Teheran. Sempre nella medesima lettera i due parlamentari repubblicani chiedevano alla Harris di rispondere a una serie di domande riguardanti le credenziali di sicurezza di Gordon e i suoi legami con la Tabatabai. “Come vicepresidente, quali azioni specifiche intende intraprendere per affrontare la questione dei simpatizzanti iraniani, oltre a lei, all’interno dell’amministrazione?” scrivevano, sottintendendo che Kamala Harris sia lei stessa una “simpatizzante iraniana”.

Non sappiamo dire se la candidata democratica alle presidenziali americane sia una “simpatizzante iraniana”, ma una cosa è certa, l’Amministrazione Biden-Harris non lesina posti di lavoro a chi lo è.

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