In un articolo de La Stampa veniamo informati che nel corso della rassegna “Mondovisioni, I documentari di Internazionale” è stato presentato ieri allo Spazio Kor di Asti il film H2: The Occupation lab.
“Il film porterà gli spettatori in Palestina, a Hebron”. Già qui è necessario rimarcare fin da subito lo slancio assegnatario della giornalista che cede Hebron alla “Palestina” e non, come è di fatto, alla Cisgiordania che non è sotto alcuna determinazione giuridica “Palestina”. Il Protocollo di Hebron del 1997 determina che Hebron si trova sotto la tutela dell’Autorità Palestinese. Tutela, non sovranità. Non esiste alcuna sovranità palestinese su nessun centimetro dei territori della Cisgiordania, così come non esiste di fatto alcuno Stato palestinese.
A Hebron sarebbe nato “il movimento dei coloni, e per la prima volta l’esercito israeliano ha imposto la politica di segregazione etnica”.
Si tratta di elementi essenziali del romanzo criminale su Israele la cui stesura comincia nel 1967. Nel canovaccio, i “coloni” recitano la parte dei cattivi, insieme all’esercito israeliano, una riedizione ebraica di quello segregazionista del Sud Africa.
Fare passare gli ebrei per colonizzatori in una cittadina menzionata nella Bibbia e dove, secondo il suo dettato, risiedette Abramo e Davide avrebbe ricevuto l’unzione di re di Israele, è una di quelle meraviglie che ci regala la storia sottomessa all’imperio della propaganda. D’altronde i nazisti procedettero ad arianizzare Cristo, e la sua variante “palestinese”, ovvero araba è da tempo in circolazione. A Hebron la comunità ebraica ha continuato a vivere per secoli, anche dopo l’occupazione araba del VII secolo. Chissà se anche loro erano “coloni”.
I “coloni” sarebbero anche tutti quegli ebrei che già a metà Ottocento ebbero l’ardire di emigrare nella terra d’origine dei loro antenati, e dove una minoranza di ebrei indigeni non si è mai allontanata.
Per quanto riguarda la “segregazione” in cui vivrebbero i palestinesi, è da decenni un caposaldo irrinunciabile di chi vuole presentare Israele come uno Stato protervamente razzista. Relativamente alla sua applicazione a Hebron, il Wye River Memorandum del 1998, integrativo degli Accordi di Oslo, assegna ai palestinesi la piena responsabilità sull’80% della cittadina mentre agli ebrei viene lasciato il restante 20%.
A tutt’oggi agli ebrei non è permesso entrare nell’Area H1 interamente palestinese, né nella parte dell’Area H2 dove una parte dei palestinesi risiedono. In altre parole, agli ebrei residenti a Hebron non è permesso l’accesso al 97% dell’area urbana, mentre ai palestinesi l’accesso non è consentito relativamente a una strada nell’Area H2, al-Shaduda Street, che congiunge tra di loro due quartieri ebraici.
Al-Shaduda Street è diventata per i solerti promotori della propaganda palestinese, un simbolo della”segregazione” israeliana a Hebron.
Una cosa però va detta con sicurezza a proposito di “segregazione”. Quella istituita dai palestinesi nei confronti degli ebrei è ferrea. Se un ebreo entrasse per sbaglio nell’Area H1 e venisse scoperto, la probabilità di uscirne vivo sarebbe pari allo zero.
Questo articolo è stato pubblicato su Informazione Corretta
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