Continuare a ripetere le stesse cose serve a poco se esse rimbalzano come palle contro i muri di gomma costruiti intorno alla realtà. L’ultimo attentato nel Regno Unito, il terzo nell’arco di tre mesi, ha portato il primo ministro in carica, Theresa May a dichiarare che chi ha investito con un van i passanti sul Ponte di Londra e poi, munito di coltelli da cucina, ha infierito su chi si trovava a Borough Market, rappresenta una ideologia che perverte l’Islam. Questo è l’abituale mantra che si sente tutte le volte che terroristi musulmani uccidono in nome di Allah. Essi non sarebbero rappresentativi della loro religione, che insegna solo concordia e fratellanza. Niente di più falso.
Se è vero che tutto l’Islam non si sente rappresentato da chi compie atti terroristici uccidendo spietatamente persone la cui unica colpa è quella di vivere in occidente, nel Dār al-ḥarb, (la Casa della Guerra, il territorio esterno a quello musulmano), è altresì vero che chi lo fa non appartiene a una “ideologia perversa”, a meno che di non considerare appunto l’Islam stesso, una ideologia perversa. Di fatto, le gesta sanguinarie dei terroristi rispecchiano fedelmente modalità intrinseche all’Islam praticate fin dal suo sorgere nel VII secolo e continuate per secoli, fondandosi come sono sulla lettera stessa del Corano.
Come evidenzia Bruce Thornton in un recente articolo apparso su Frontpage Magazine,
“Il Jihad non è ‘estremismo islamico’ ma è stato un principio fondazionale dell’Islam sin dal settimo secolo. Il Corano prescrive ai musulmani ‘uccidi gli idolatri ovunque essi si trovino’, ‘Combatti coloro i quali non credono in Allah’, ‘combatti i miscredenti che si trovano a te vicini e fai in modo che trovino in te fermezza’, ‘uccidili ovunque li troverai, e espellili da dove ti hanno espulso’, ‘Io, [Allah] susciterò il terrore nei loro cuori e in quelli di chi non crede…dunque spiccate loro la testa’. Questi sono solo alcuni degli esempi della giustificazione divina per ‘l’odio, la divisione e il settarismo’ che si trovano nel libro più sacro dell’Islam”.
Dunque il problema non è il pervertimento di una religione, ma è la sua interpretazione massimalista e letteralista. Tutto ciò è di una evidenza solare, come la nudità dell’imperatore davanti alla folla nella celebre favola di Hans Christian Andersen, e che tutti fingono di non vedere ad eccezione del bambino il quale grida, “Il re è nudo!”.
Come l’imperatore della favola anche l’Islam è nudo per chiunque abbia occhi per vedere, solo che si cerca in tutti i modi di nasconderlo con ogni sorta di vestiti che lo coprano alla vista. Continuare a tentare di occultare le prove della colpevolezza del colpevole non porterà da nessuna parte, se non ad accumulare sempre più la sporcizia sotto il tappeto.
La prima pulizia da fare dovrebbe farla il mondo musulmano stesso, riconoscendo apertamente l’esistenza del problema, come ha fatto due anni fa ʿAbd al-Fattāḥ al-Sīsī all’università di Al Azhar al Cairo, e ammettendo che sì, i musulmani che uccidono in nome di Allah facendosi esplodere, decapitando, accoltellando, investendo la gente per le strade, lo fanno perché applicano il Corano alla lettera basandosi sui suoi insegnamenti più violenti provenienti da Maometto stesso, come ben vedeva uno dei più grandi islamologi di sempre, Ignaz Goldziher, grande estimatore dell’Islam, ma ciò nonostante perfettamente capace di riconoscere che Maometto fosse, “il profeta della lotta e della guerra” (non a caso, un altro orientalista di chiara fama, Maxime Rodinson lo avrebbe definito in seguito, nella biografia a lui dedicata, “Il profeta armato”).
La coltre protettiva e di omertà che il mondo musulmano e quello occidentale pongono intorno alla questione, non solo non aiuterà ma non potrà che peggiorare la situazione, esasperando gli animi e rischiando di produrre una islamofobia reale (etichetta oggi usata come una clava per zittire chiunque osi criticare l’Islam). Il medico pietoso, e in questo caso, intenzionalmente negligente, rende solo la piaga purulenta. E la piaga lo è già da molto tempo.