Il dieci gennaio si è tenuta a Ferrara la presentazione delle attività legate alla giornata della memoria della città emiliana. Di questo avvenimento ne ha parlato Niram Ferretti nel suo editoriale apparso su l’Informale (https://www.linformale.eu/i-custodi-delle-memorie/). Qui ci soffermeremo sulla affermazione di Vittorio Sgarbi secondo il quale Israele avrebbe perpetrato uno “stermino ai danni dei palestinesi” Una frase che non può che lasciare attoniti per la falsità e l’ignoranza o la malafede che la caratterizza. E’ da sottolineare come nessuno dei presenti si sia scomodato nel chiedere a Sgarbi le ragioni di questa affermazione o cosa intendesse dire quando ha sottolineato che Moni Ovadia, direttore del Teatro Comunale di Ferrara e ideatore o meglio ideologo della rassegna avesse il “pudore” di non parlare di questo sterminio. E’ probabile che intendesse dire che tra i vari genocidi elencati nella rassegna essendoci anche quello ebraico (ormai relegato ad uno dei tanti) parlare di uno sterminio perpetrato dagli israeliani, non era di buon gusto. In realtà, il vero pudore è di chi non potrebbe mai mettere insieme ad altri stermini o genocidi reali, uno sterminio mai avvenuto.
Quando si parla di genicidi o di stermini bisogna, infatti, poi descriverli, parlare di come sono avvenuti, del numero dei morti, dei singoli episodi e delle persone che hanno concorso alla loro realizzazione. Non potendo dimostrare tutto ciò in modo fattuale e documentato è sempre utile lanciare l’accusa e trincerarsi dietro a un “non ne parleremo per pudore”. Quello che conta e l’accusa, è il suo effetto sul pubblico: in fondo anche gli ebrei il loro sterminio lo hanno compiuto e non l’hanno solo subito. Vedi questi ebrei…
Quando venne istituita la Giornata della Memoria con la Risoluzione 60/7, dell’Assemblea Generale dell’ONU, del 21 novembre 2005 lo scopo della stessa era quello di ricordare la Shoah del popolo ebraico e soprattutto combattere la sua relativizzazione e i tentativi di negarla. Manifestazioni come quella di Ferrara sono completamente fuorvianti rispetto all’istituzione della Giornata della Memoria.
E’ giusto che i genocidi avvenuti nel corso della storia siano tutti ricordati, ma perché farlo proprio nel giorno di commemorazione di quello ebraico? È più opportuno che si svolgano in altri ambiti e in altre giornate per poterne parlare in maniera più precisa, circostanziata e attenta. Non da ultimo si è assistito negli ultimi anni a giornate della memoria, in Irlanda, Olanda e Svezia, dove si parla dei genocidi senza mai menzionare il popolo ebraico. Ormai la relativizzazione di questa ricorrenza ha portato, in molti casi, a cancellare la ragione stessa dell’istituzionalizzazione della Giornata della Memoria: la Shoah del popolo ebraico.
Proveremo a capire quale sia il significato reale dei termini “genocidio” e “sterminio” e se questi termini siano applicabili a tutti i casi di uccisione di civili durante i conflitti armati o anche in attentati terroristici.
Questo è il significato del termine genocidio dato dalla Treccani:
“Genocidio Sistematica distruzione di una popolazione, una stirpe, una razza o una comunità religiosa. Il termine fu utilizzato per la prima volta dal giurista Raphael Lemkin (ebreo polacco N. d. A.) per designare, in seguito allo sterminio degli Armeni consumato dall’Impero Ottomano nel 1915-16, una situazione nuova e scioccante per l’opinione pubblica; tuttavia, fu solo dopo lo sterminio posto in essere dai nazisti durante la Seconda guerra mondiale e l’istituzione di un tribunale internazionale per punire tali condotte, che la parola genocidio iniziò a essere utilizzata nel linguaggio giuridico per indicare un crimine specifico, recepito sia nel diritto internazionale sia nel diritto interno di numerosi paesi. L’accordo siglato a Londra l’8 agosto 1945 tra Stati Uniti, Francia, Gran Bretagna e URSS, prevede, infatti, la categoria dei ‘crimini contro l’umanità’, che include lo stesso g. e rientra a sua volta nella più ampia categoria dei crimini internazionali. Il 9 dicembre 1948 l’Assemblea generale dell’ONU ha poi adottato una convenzione che stabilisce la punizione del g. commesso sia in tempo di guerra sia nei periodi di pace e qualifica come g.: l’uccisione di membri di un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso; le lesioni gravi all’integrità fisica o mentale di membri del gruppo; la sottomissione del gruppo a condizioni di esistenza che ne comportino la distruzione fisica, totale o parziale; le misure tese a impedire nuove nascite in seno al gruppo, quali l’aborto obbligatorio, la sterilizzazione, gli impedimenti al matrimonio ecc.; il trasferimento forzato di minori da un gruppo all’altro. Tale definizione è stata accolta nell’art. 6 dello Statuto della Corte penale internazionale firmato a Roma il 17 luglio 1998.
Dell’ultima definizione, quella accolta dalla Corte Penale Internazionale, nutriamo forti perplessità ma questa non è la sede per parlarne.
Per quanto riguarda il termine sterminio, qui si riporta il significato ripreso sempre dalla Treccani:
“L’azione, il fatto, e l’effetto, dello sterminare; distruzione violenta, rapida e totale: lo s. di un popolo, di un esercito di nemici; lo s. di una città inerme con ripetuti bombardamenti; una guerra di sterminio, che ha per fine l’annientamento dell’esercito e delle popolazioni nemiche; campi di s., nel periodo della Seconda guerra mondiale”.
La prima considerazione che si può fare leggendo i significati dei termini riportati dalla Treccani, è che essi non siano completamente sinonimi e che il secondo, cioè “sterminio” è molto più vago e “discrezionale” cioè può essere utilizzato con molta più “disinvoltura” e di conseguenza in malafede. Un esempio è proprio l’utilizzo che ne è stato fatto a Ferrara.
Il termine “sterminio” può essere utilizzato come sinonimo di genocidio solo nella sua accezione di sterminio di un popolo intero e non quello di un cruento avvenimento bellico o terroristico. Quindi, tornando alla frase di Vittoroio Sgarbi si capisce meglio come sia del tutto fuorviante, inappropriata e falsa perché il conteso era quello di altri genocidi evocati in precedenza. Inoltre, cosa ancora più importante, Israele non ha mai commesso nessuno “sterminio di palestinesi” anche nel senso più ampio del termine. Tutte le azioni militari che Israele ha dovuto intraprendere nel corso degli anni dalla sua nascita ad oggi, non hanno mai operato una “distruzione rapida, violenta e totale” di un esercito e men che meno di una popolazione civile. Tutte le operazioni militari che hanno avuto luogo in centri densamente abitati, come a Gaza, sono stati effettuate perché gli attaccanti utilizzavano i centri urbani come rampa di lancio di missili diretti ai civili e la locale popolazione come scudi umani contro ogni regola civile, morale e legale. Va anche sottolineato che questa “pratica” utilizzata dalla dirigenza palestinese non ha uguali nella storia dei conflitti. Esisteva la prassi, soprattutto in passato, di utilizzare la popolazione civile avversaria catturata o i soldati nemici come scudi umani. Per quanto immorale e incivile fosse questa era una prassi assai diffusa (si può ricordare, tra i tanti casi, come gli inglesi la utilizzassero nel periodo del Mandato per la Palestina durante la rivolta araba del 1936-39), ma il caso di una dirigenza che utilizzi la propria popolazione civile come scudi umani con il deliberato obiettivo di accusare poi Israele di “sterminio” per la sua inevitabile risposta militare non conosce precedenti.
Ma, forse, è per “pudore” che i resoconti delle azioni militari che vedono coinvolto Israele tacciono deliberatamente questo aspetto non secondario. Forse è per lo stesso “pudore” che nessuno storico, giornalista o politico abbia utilizzato il termine di “sterminio” per descrivere i bombardamenti violenti, rapidi che rasero al suolo intere città come quelli di Dresda, Amburgo o Tokio senza parlare di quelli atomici di Hiroshima e Nagasaki. In questi casi i bombardamenti provocarono a Dresda circa 50.000 morti civili, ad Amburgo circa 40.000 civili, a Tokio circa 200.000 civili, a Hiroshima circa 150.000 civili e Nagasaki circa 70.000 civili. E’ importante altresì sottolineare che nessuna di queste città era di interesse strategico per la guerra e che uno solo di questi bombardamenti ha causato più vittime civili di tutte le guerre arabo-israeliane messe insieme. Senza parlare delle centinaia di conflitti accaduti dopo la Seconda guerra mondiale e mai menzionati: chi ha mai sentito parlare della guerra in Congo (ex Zaire) che tra il 1998 e il 2003 ha causato oltre 5 milioni di vittime civili? Non è forse uno sterminio questo? O quello in Darfur che ha causato oltre 400.000 morti?
Se volessimo utilizzare la vaga definizione di sterminio in una delle accezioni riportate dalla Treccani, decontestualizzandola completamente e focalizzandoci solo sul mero numero dei morti civili, come si fa per Israele, allora anche numerosi attentati terroristici operati da islamisti radicali possono rientrare in questa definizione: Torri Gemelle (2.900 morti civili), metropolitana di Madrid (192 morti civili), attentati a Parigi (132 morti civili); attentato a Nizza (87 morti civili), Bali (202 morti civili), attentato a Beslan (334 morti civili), l’elenco è lunghissimo.
Quindi se vincessimo il “pudore”, evocato da Sgarbi, nelle prossime rassegne legate alla giornata della memoria potremmo rievocare anche lo sterminio di tedeschi, giapponesi, francesi, spagnoli, americani, indonesiani, russi e tanti altri ma tutti rigorosamente sullo stesso piano.
Una rassegna come quella di Ferrara non ha nulla a che vedere con ciò che dovrebbe essere la Giornata della Memoria (quello sancito dall’ONU). L’uso selettivo del termine “sterminio” e “genocidio” ha evidenti fini politici e non certo quello della necessità della memoria, altrimenti non si spiegherebbe la gratuita delegittimazione di Israele. Se l’intento sia programmatico o inconscio non ha importanza perché l’effetto finale prodotto è lo svilimento della ricorrenza stessa che dall’essere centrata sulla Shoah diviene occasione di relativizzare la tragedia del popolo ebraico unita all’accusa rivolta agli ebrei (per mezzo dello Stato di Israele) di essere i nuovi nazisti. Una prova lampante di antisemitismo, anche secondo la definizione IHRA.