Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

La discriminazione razziale dell’Autorità Palestinese

Da troppo tempo siamo bersagliati da cattive notizie, sia nazionali ( la fase politica che attraversiamo sarebbe comica se non fosse drammatica), che in internazionali. Una Europa in frantumi tra sovranismi e Brexit, incapace di riconoscere e fronteggiare i pericoli che la minacciano da più fronti  (immigrazione fuori controllo, jihadismo delle seconde generazioni, antisemitismo, le destre estreme che resuscitano in Germania e altrove) si somma alle convulsioni di un Medio e Vicino Oriente nel quale sta per esplodere una guerra  innescata dall’espansionismo dell’Iran. In questo quadro una buona notizia che ci arriva di tanto in tanto, soprattutto se è del tutto inattesa, non può che far piacere.

Lo scorso 23 agosto si è riunito il Comitato sull’eliminazione della discriminazione razziale (CERD) delle Nazioni Unite, e per la prima volta dal 1974 l’ONU, attraverso il lavoro dei  18 esperti di questa commissione, ha focalizzato la sua attenzione sulle politiche discriminatorie e razziste dell’Autorità Palestinese.

La versione preparatoria della relazione conclusiva, resa pubblica il 29 agosto, è stata molto esplicita nel rilevare le inadempienze dell’Autorità Palestinese rispetto alle 13 convenzioni di natura umanitaria da essa sottoscritte , ma mai pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale, impedendo in tal modo ai suoi cittadini di conoscerne l’esistenza e di utilizzarne gli strumenti di rivendicazione (come il comitato accusa nel paragrafo B).

Più in particolare, al comma 12/c, si afferma che “varie leggi, incluso il codice del servizio civile, il decreto sulle elezioni generali e la legge sulla locazione e vendita di proprietà immobiliari a stranieri (che, come sappiamo, colpisce penalmente chi affitta o vende ad ebrei, n.d.t.), non sono in linea con la convenzione sottoscritta. Al comma 14/a inoltre il comitato critica la mancata partecipazione della popolazione nel processo decisionale e chiede la reintroduzione di un organismo parlamentare con poteri legislativi democraticamente eletto, come ad esempio dovrebbe essere il Consiglio legislativo palestinese.

Il comitato al punto 9 chiede anche l’immediata ratifica di questa convenzione e si dice preoccupato per le decisioni  della Corte Suprema palestinese del novembre 2017 e marzo 2019, nelle quali si stabilisce che i trattati internazionali possono prevalere sulle leggi nazionali solamente se rispettano l’identità religiosa e culturale palestinese. Ma, al di là di queste inadempienze e criticità, è alla fine della relazione che troviamo quanto più ci interessa.

Dopo un cenno alle restrizioni imposte alla libertà di parola e di opinione ed alla criminalizzazione dei giornalisti, al comma 19/c leggiamo che il comitato è preoccupato per “l’esistenza di discorsi incitanti all’odio in certi media, specialmente quelli controllati da Hamas, social media, dichiarazioni di funzionari pubblici e libri di testo scolastici, che instillano odio e possono incitare alla violenza, specialmente nei confronti degli israeliani, e che contestualmente alimentano l’antisemitismo”.

I punti 20/b e 20/c entrano poi nel vivo, chiedendo all’Autorità Palestinese di che leggi esistenti e citate “non siano usate per intimidire e perseguitare  oppositori politici che esercitano il loro diritto alla libertà di opinione ed espressione”, e di “combattere i discorsi che incitano all’odio ed alla violenza, incluso l’uso di Internet, da parte di figure pubbliche, politici ed esponenti dei media, e di rimuovere ogni commento ed immagine denigratoria dai testi scolastici che perpetuino pregiudizi ed odio”.

Il comitato, infine segnala la carenza dei comportamenti dell’Autorità Palestinese che privano le sue stesse minoranze, in particolare i beduini, dell’accesso all’acqua, alla sanità, all’elettricità, e li espongono anche alla demolizione delle loro case. I diritti umani sono indivisibili, precisa il comitato, e chiede la ratifica di tutti i trattati concernenti i diritti umani che l’Autorità Palestinese ha sottoscritto.

In sostanza, questo documento rappresenta un dettagliato e stringente atto d’accusa che per la prima volta menziona anche l’incitamento all’odio ed alla violenza  contro gli israeliani e la connessione di questo con l’antisemitismo. A questo proposito si deve sottolineare che il rappresentante palestinese Ammar Hiajzi ha reagito accusando i relatori di diffamare il suo popolo con mezze verità e menzogne, e che le ONG che dicono di occuparsi dei diritti umani dei palestinesi – Amnesty International, Human Rights Watch, la Federazione Internazionale dei diritti umani che raggruppa 164 organizzazioni nazionali di oltre 100 paesi, ed altre – hanno boicottato con la loro totale assenza questo comitato nel momento in cui esso si occupava dei palestinesi in maniera critica anziché elogiativa come è abituale negli organismi dell’ONU.

Il ruolo di grande accusatore, con l’esibizione di numerosi documenti e prove, è stato affidato in questa sessione del comitato alla ONG di monitoraggio UN Watch, fondata da Morris Abram che nel 1964 aveva contribuito in maniera sostanziale alla redazione della Convenzione contro il razzismo delle Nazioni Unite.

 

 

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