“Gerusalemme è terra occupata palestinese. Gerusalemme è proprietà dei palestinesi. La risoluzione dell’UNESCO di ieri. [Ottobre. 13, 2016] è una vittoria per la verità. E’ una vittoria per la giustizia, è una vittoria per la vera storia di questa terra e per tutta l’umanità. La risoluzione dell’UNESCO conferma ciò che pensiamo e in cui crediamo, che Gerusalemme e in particolare la Moschea di Al-Aqsa e il Muro di Al-Buraq (il Kotel) e la piazza di Al-Buraq, sono luoghi puramente islamici e palestinesi e nessun altro può avere il diritto di esservi associato. Nessuno ha il diritto. Noi siamo i padroni e noi ne abbiamo il diritto. Solo i musulmani hanno il diritto ad Al-Aqsa, al Al-Buraq e alla piazza di Al-Buraq che sono puramente proprieta waqf islamica…Questo è il nostro messaggio e quello di tutta la comunità internazionale a Israele. Il nostro messaggio è che non rinunceremo al nostro diritto fin tanto che vivremo. E anche se moriremo, le generazioni future ci seguiranno, dai nostri figli ai nostri pronipoti i quali aderiranno a questo diritto”
Si può essere più espliciti di così? Difficile. Mahmoud Al-Habbash il supremo giudice della sharia nonché consigliere per le questioni religiose di Abu Mazen, il “moderato” Abu Mazen, le ha pronunciate pubblicamente il 14 ottobre.
Con la sua decisione da vero soggetto dhimmi, l’UNESCO ha di fatto ratificato ciò che è contenuto all’articolo 11 della Carta di Hamas il quale recita:
“Il movimento Islamico di Resistenza crede che la terra della Palestina sia un Waqf islamico consacrato alle future generazioni musulmane fino al Giorno del Giudizio. Esso, o nessuna parte di esso, può essere dissipate, esso o nessuna parte di esso può essere alienato. Nemmeno un paese arabo né tutti i paesi arabi, né nessun re o presidente, né tutti i re e i presidenti, né nessuna organizzazione o tutte le organizzazioni, siano esse palestinesi o arabe, possiedono il diritto di poterlo fare. La Palestina è una terra (Waqf) isalmica consacrata per le generazioni musulmane fino al Giorno del Giudizio. Essendo di fatto in questo modo, chi può affermare di rappresentare le generazioni musulmane fino al Giorno del Giudizio?”
Mahmoud Al Habbash sottolinea come questo diritto islamico, che Hamas rivendica come prerogativa sigillata da volere di Allah, sia stato riconosciuto internazionalmente. E’ questo il messaggio che i promotori musulmani della risoluzione UNESCO volevano che passasse. E questo messaggio è arrivato al destinatario.
L’Europa si è piegata ancora una volta, come già fece nel 1973, quando non era ancora UE ma CEE, e i suoi nove membri di allora, sotto il ricatto arabo del rincaro del prezzo del petrolio, firmarono supini una dichiarazione congiunta in cui chiedevano a Israele di lasciare unilateralmente i territori catturati nel 1967 alla fine della Guerra dei Sei Giorni per assestarsi sulle linee armistiziali del ’49, quelle che Abba Eban definiva “le frontiere di Auschwitz”.
Siamo sempre lì, non è cambiato nulla. La guerra contro Israele, dopo le sconfitte arabe del 1948, del 1967 e del 1973, è una guerra persistente da condurre politicamente e culturalmente, con tutti i mezzi a disposizione.
Non potendo cancellare lo Stato ebraico materialmente, come sarebbe il desiderio di Hamas, di Hezbollah e dell’Iran, si provvede da parte araba e musulmana a esporlo al ludibrio pubblico attraverso la catena di montaggio delle risoluzioni avverse dell’ONU, i boicottaggi istituzionalizzati della UE, gli editti dell’UNESCO. Sono le armi occidentali, offerte al terrorismo palestinese e ai volonterosi promotori del jihad.
Sul Corriere della Sera, Rav. Giuseppe Laras, con l’abituale chiarezza che gli viene dal suo saldo radicamento in quella ragione a cui l’Occidente sempre più ha abdicato, ha sottolineato come questa pagina rappresentata dalla decisione UNESCO sia una débâcle.
E’ una débâcle che viene da lontano e che si è manifestata in varie fasi, di cui una fu quando Giscard D’Estaing si rifiutò di accogliere la richiesta dell’allora pontefice Giovanni Paolo II di inserire nella costituzione della UE il riferimento alle radici giudaico-cristiane dell’Europa, le stesse che la decisione UNESCO recide da Gerusalemme per consegnare simbolicamente uno dei luoghi più sacri al mondo, il più sacro per l’ebraismo, all’Islam militante.
In questo senso è assordante il silenzio della Chiesa, di questo papa così prodigo a difendere le ragioni dei musulmani allontanando da essi ogni associazione alla violenza, quando non solo si attenta al cuore storico-simbolico dell’ebraismo, ma inevitabilmente, anche allo stesso cristianesimo, alle sue origini.
L’accerchiamento di Israele è lo stesso accerchiamento dell’Occidente e il segno più tangibile del proprio drammatico e profondo smarrimento.