La rapida avanzata delle fazioni dei ribelli in Siria e la fuga di Assad mette in luce alcuni aspetti di forte rilievo geopolitico sullo scacchiere mediorientale, al centro di una guerra che si protrae da un anno e due mesi tra Israele e Hamas spalleggiato da Hezbollah.
Il primo è che con la caduta del regime di Assad, il cui esercito si è squagliato come neve al sole, Israele incassa un altro risultato favorevole.
Dal 2013 ad oggi sono state centinaia le incursioni aeree israeliane sul territorio siriano per colpire le infrastrutture di Hezbollah, oggi che Hezbollah si trova fortemente indebolito, non ha potuto soccorrere il regime fantoccio russo alawita, lasciando di fatto spazio aperto all’avanzata dei ribelli. L’Iran, principale sponsor della formazione sciita libanese, viene così ulteriormente indebolito.
Negli ultimi mesi ha dovuto incassare l’uccisione del proprio plenipotenziario in Libano, Hassan Nasrallah, la decapitazione dei vertici militari di Hezbollah, e la distruzione di una parte consistente dell’arsenale del proprio principale delegato. Ora perde anche la sponda siriana, mentre a Gaza, quel che resta di Hamas, si avvia all’inevitabile conclusione della sua egemonia politico-militare all’interno della Striscia.
Tutto ciò mostra con evidenza che la strategia iraniana di accerchiamento di Israele, di un suo strangolamento dentro un cerchio di fuoco che avrebbe dovuto idealmente contemplare anche una sollevazione contro Isrele in Cisgiordania, è fallito. Il cerchio è stato spezzato e sembra assai difficile che esso possa ricostruirsi in tempi brevi.
Il secondo è che la Russia, grande protettrice della Siria, non è in grado di garantire ad Assad il supporto militare necessario. È sicuramente prematuro affermare che con la caduta del regime di Assad, la Russia abbia perso il suo avamposto in Medio Oriente acquisito dopo la rinuncia americana ad avere un ruolo risolutivo nel contesto della guerra civile siriana, ma certo la sua mancanza di determinazione nel fare da argine all’avanzata delle forze anti Assad, denuncia la difficoltà a impegnarsi su un altro fronte che non sia quello ucraino.
Una Russia debole in Medio Oriente sicuramente non dispiace a Israele, considerando oggettivamente che le alleanze russe sono esplicitamente anti-israeliane come lo sono sempre state dal 1956 ad oggi. Nel dopo Assad, quale che sarà la fisionomia politica che assumerà il paese, se la Russia non si impegnerà a inviare forze per combattere i ribelli, essa perderà progressivamente peso.
Lo scenario che si inaugura è ancora fluido, ma apre indubbiamente una prospettiva di consolidamento americana e rilancia Israele come la principale potenza regionale. Spetterà dunque alla nuova Amministrazione Trump cogliere l’opportunità che si presenta, consentire a Israele di indebolire ulteriormente l’Iran e congiungere agli anelli già forgiati degli Accordi di Abramo, l’anello più importante, quello saudita.