Israele e Italia

Il disastro italiano in Libano e le accuse a Israele

I recenti incidenti che hanno coinvolto i complessi UNIFIL nel Libano meridionale hanno provocato una serie di proteste da parte delle Nazioni Unite e dei governi europei che hanno truppe di mantenimento della pace nella zona, in particolare Italia, Spagna e Francia.

L’UNIFIL ha affermato che l’esercito israeliano ha “deliberatamente” colpito diverse delle sue postazioni, tra cui il quartiere generale di Naqoura. Almeno cinque soldati UNIFIL sono rimasti leggermente feriti. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che il rifiuto di evacuare i soldati UNIFIL li rende ostaggi di Hezbollah e li mette in pericolo”, aggiungendo che l’IDF sta facendo tutto il possibile per prevenire tali incidenti. Tuttavia, il modo più semplice e ovvio per garantire che ciò non avvenga è semplicemente di portarli fuori dalla zona di pericolo”. Netanyahu ha anche affermato che i leader europei dovrebbero criticare Hezbollah, non Israele, per avere utilizzato l’UNIFIL alla stregua di uno “scudo umano”.

L’Italia attualmente detiene in Libano 1.068 soldati a supporto della missione UNIFIL; la Spagna 676 soldati e la Francia 673, diventando così i tre paesi dell’UE con la più grande presenza militare nell’area, come riportato dal sito web UNIFIL.

Le dichiarazioni provenienti dalla Difesa italiana

Poco dopo il primo incidente, quando il 10 ottobre due caschi blu indonesiani furono leggermente feriti dal fuoco israeliano, il ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, accusò immediatamente Israele dicendo che gli attacchi “potrebbero costituire crimini di guerra”, e chiese spiegazioni perché “non si è trattato di un errore”.

Crosetto ha descritto la “sparatoria” come “intollerabile”, presentando proteste alla sua controparte israeliana e all’ambasciatore di Israele in Italia. Ha anche aggiunto: “La mia intenzione è quella di fare prevalere spazi di pace, di non fare passare l’idea che possa esserci una guerra continua”. Inoltre, Crosetto ha affermato che “l’Italia non prende ordini da Israele”.

Tali dichiarazioni sono sembrate piuttosto irascibili e impulsive sia nei tempi che nei contenuti. La misura più appropriata sarebbe stata quella di chiedere chiarimenti al governo israeliano e analizzare l’episodio in dettaglio prima di formulare accuse.

In effetti, un ministro della Difesa ha il dovere di difendere le proprie truppe, ma con i modi, le procedure, i mezzi e i tempi appropriati. Inoltre, Israele non è un nemico dell’Italia. Il governo israeliano ha immediatamente aperto un’indagine sulla questione, e non avrebbe motivo di non fornire spiegazioni.

Infatti, poco dopo è arrivata la risposta dell’ambasciata israeliana a Roma:

“Israele apprezza l’assistenza dei paesi donatori dell’UNIFIL, in particolare l’Italia, e li ringrazia per i loro sforzi per prevenire un’escalation nella nostra regione. Dall’8 ottobre, Hezbollah ha lanciato migliaia di razzi contro Israele e decine di migliaia di cittadini israeliani sono stati costretti a evacuare le loro case nel nord. Sfortunatamente, Hezbollah sta cercando di nascondersi vicino alle basi dell’UNIFIL e Israele ha già scoperto tunnel e depositi di armi in prossimità di quell’area. Israele ha ripetutamente raccomandato all’esercito italiano dell’UNIFIL di ritirare parte delle sue forze dall’area per motivi di sicurezza, ma sfortunatamente questa richiesta è stata respinta. Israele sta indagando sull’incidente molto attentamente e continuerà a fare ogni sforzo per non danneggiare le forze ONU e le persone non coinvolte nel conflitto in corso con Hezbollah”.

L’ambasciata israeliana ha poi rilasciato una seconda dichiarazione:

“Purtroppo, l’organizzazione terroristica Hezbollah ha installato indisturbato le sue capacità militari vicino alle basi UNIFIL. Da qualche tempo, Hezbollah attacca Israele operando vicino a queste basi, sparando nel territorio israeliano e scavando tunnel vicino alle suddette basi per trascinare Israele in qualche provocazione. Israele è costretto a rispondere a questi attacchi, per proteggere le sue forze e la sicurezza dei suoi cittadini. Israele ribadisce di non essere interessato a un’escalation in Libano, ma è obbligato a proteggere i suoi cittadini in conformità con il diritto internazionale. Come promesso, Israele ha aperto un’indagine sugli ultimi casi e ne trasmetterà i risultati in modo trasparente alla sua controparte in Italia. A questo proposito, l’addetto militare israeliano incontrerà oggi i vertici dell’esercito italiano, per illustrare i dettagli dell’indagine.

Israele agisce in modo trasparente e in stretta cooperazione con l’Italia e con le forze UNIFIL che operano sul terreno, e si rammarica di qualsiasi danno alle Nazioni Unite e alle forze non coinvolte. Israele apprezza gli sforzi dell’Italia per prevenire l’escalation nelle nostre aree e il suo contributo a UNIFIL. La comunità internazionale deve esigere il disarmo e il ritiro delle forze di Hezbollah in conformità con la risoluzione 1701 delle Nazioni Unite”.

Il 13 ottobre, il comandante italiano dell’UNIFIL, generale Stefano Messina, commentando il fuoco israeliano sulle posizioni dell’UNIFIL, ha dichiarato:

“Gli errori, se sono errori, sono chiaramente possibili ma dovrebbero essere evitati…”

Messina ha inoltre definito Hezbollah “una milizia e un partito politico” aggiungendo che “Israele sta cercando di ridurre la presenza di Hezbollah”.

Il Generale ha concluso dicendo: “Siamo gli occhi e le orecchie della comunità internazionale e saremo qui finché ci verrà chiesto di farlo, con orgoglio e determinazione”.

Il 15 ottobre, durante un’audizione al Senato in vista del Consiglio europeo del 17 e 18 ottobre, il Primo Ministro italiano Giorgia Meloni ha dichiarato che dopo l’inizio delle operazioni israeliane a Gaza, il governo italiano ha sospeso la spedizione di qualsiasi forma di armamento a Israele: tutti i contratti firmati dopo il 7 ottobre 2023 non sono stati applicati. Meloni ha aggiunto che tutti i contratti precedenti a quella data sono stati analizzati caso per caso dall’Uama (Unità per l’autorizzazione dei materiali di armamento), l’autorità competente presso il Ministero degli Affari Esteri. Il Primo Ministro italiano ha aggiunto: “Laddove ci sia il rischio che questo materiale possa essere utilizzato nell’attuale crisi, non procederemo… Questo è il modo in cui l’Italia sta procedendo, e credo che sia un modo molto serio di procedere”.

Riguardo all’offensiva israeliana contro la base ONU, Meloni ha affermato:

“L’atteggiamento delle forze israeliane è del tutto ingiustificato e costituisce una chiara violazione della risoluzione 1701 dell’ONU. Dobbiamo lavorare per la piena attuazione della risoluzione, rafforzando la piena capacità di Unifil e delle Forze armate libanesi”.

Gli interessi italiani in Libano

Il 15 ottobre, il Consigliere Strategico del Governo degli Stati Uniti, Edward Luttwak, che vanta una lunga esperienza e una conoscenza approfondita delle questioni politiche e istituzionali italiane, ha pubblicato su Twitter:

“Mi dispiace che il Primo Ministro (italiano) difenda l’UNIFIL, che avrebbe dovuto tenere Hezbollah lontano dal confine israeliano e non ha mai fatto nulla mentre i comandanti successivi venivano promossi. Gli israeliani hanno trovato molti bunker d’assalto a pochi metri dalle posizioni dell’UNIFIL”.

Questo è davvero un tema centrale. È inutile che il premier Giorgia Meloni, il ministro della Difesa italiano Crosetto e il generale Messina parlino di “violazione della risoluzione 1701”, di “creazione di spazi di pace” e di “essere gli occhi e le orecchie della comunità internazionale”, quando Hezbollah ha fatto propaganda con le sue basi e i suoi depositi di armi in tutto il Libano meridionale, costruendo infrastrutture proprio accanto alle basi UNIFIL e persino sotto di esse.

Quegli “occhi e orecchie” devono essere stati ciechi e sordi. Dov’erano Meloni e Crosetto quando Hezbollah martellava i centri urbani israeliani nel nord con i suoi razzi? E i 60.000 israeliani sfollati che vogliono tornare a casa, ma non possono perché l’UNIFIL non ha fatto ciò per cui viene pagata?

Secondo fonti italiane, lo stipendio base per un soldato in missione all’estero è di circa 3.500 euro al mese. Più anni di servizio all’estero o gradi superiori, come ufficiali, ricevono fino a 7.800 euro al mese. Oltre allo stipendio, bisogna considerare la logistica, il consumo di carburante e munizioni, la manutenzione dei veicoli, il cibo e l’assistenza sanitaria per i soldati. Il costo complessivo è di circa 1.708 milioni di euro all’anno per il 2023.

Quanto all’affermazione di Crosetto secondo cui “l’Italia non prende ordini da Israele”, ha ragione. Tuttavia, qualche domanda può essere fatta, considerando quanto affermato dal Ministro degli Esteri italiano, Antonio Tajani, nell’aprile 2024 durante la trasmissione televisiva “Stasera Italia” su Rete 4, in seguito al primo attacco missilistico dell’Iran contro Israele:

“Gli iraniani ci hanno assicurato che i nostri soldati italiani nella zona saranno rispettati… Il contingente italiano in Libano è sotto l’egida dell’ONU, è in condizioni di essere protetto, non credo ci siano pericoli né per i soldati italiani né per i cittadini italiani in Israele e Iran”. Quanto agli attacchi degli Houthi nel Mar Rosso, il ministro ha spiegato come gli sia stato assicurato che “saranno attaccate solo le navi che portano armi in Israele”. (Agi, 14 apr 2024).

Non si può biasimare il Primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu per aver chiesto alle truppe UNIFIL di andarsene, perché è evidente che non sono riuscite a fare ciò che avrebbero dovuto fare, ovvero mantenere la pace e tenere Hezbollah lontano dal confine tra Israele e Libano.

Alcune gravi controversie italiane sul Libano e gli ebrei

A proposito dell’attività italiana/UNIFIL in Libano, vale la pena ricordare quanto disse Francesco Cossiga (primo ministro della Repubblica dal 1979 al 1980 e presidente della Repubblica dal 1985 al 1992) in una lunga intervista al quotidiano israeliano Yediot Aharonot, come riportato dal sito Focus on Israel in un articolo del 2008 intitolato “Cossiga agli ebrei italiani: vi abbiamo tradito”:

“L’Italia, secondo lui, sta attuando oggi un accordo simile con Hezbollah. Le forze UNIFIL sarebbero invitate a muoversi liberamente nel Libano meridionale, senza timore per la loro sicurezza, in cambio di un occhio chiuso e della possibilità di riarmo data a Hezbollah. “L’accordo Moro non mi è mai stato spiegato chiaramente, ne ho solo ipotizzato l’esistenza. Nel caso di Hezbollah posso affermare con certezza che c’è un accordo tra le parti”, afferma con sicurezza Cossiga, “Se verranno a interrogarmi, testimonierò davanti ai giudici che si tratta di segreti di Stato, e non sono tenuto a rivelare le mie fonti”.

Purtroppo l’intervista di Cossiga non trovò molto spazio sui media italiani.

E, poiché la discussione si è spostata al primo decennio del 2000, vale la pena ricordare anche quanto affermato dall’attuale ministro della Difesa italiano, Guido Crosetto, nel settembre 2005, quando ricopriva l’incarico di responsabile del credito per il partito Forza Italia di Berlusconi.

Crosetto aveva parlato di un piano ordito dalla “Massoneria ebraica e americana che era già alle porte” per mettere le mani sulle banche italiane dopo aver cacciato il governatore filocattolico della Banca d’Italia Antonio Fazio. La dichiarazione aveva suscitato una dura condanna da parte dell’allora presidente delle comunità ebraiche italiane, Amos Luzzato, che aveva citato una rinascita dei “fantasmi degli anni Trenta fascisti”, come riportato all’epoca dal quotidiano italiano Corriere della Sera.

In conclusione, gli incidenti UNIFIL hanno portato alla luce una serie di situazioni che fino a oggi erano passate inosservate o forse tollerate, non denunciate. Le dinamiche sul campo sono però radicalmente cambiate e, nonostante paesi come Italia, Spagna e Francia insistano sulla retorica del “rispettare la missione UNIFIL”, è ormai chiaro che si è trattato di un fallimento totale. Non si tratta solo di non essere riusciti a salvaguardare la pace, ma anche di aver permesso a Hezbollah di diffondersi nell’area costruendo postazioni annesse alle basi UNIFIL. Possibile che nessuno si sia accorto di nulla? Cosa facevano i soldati tutto il giorno?

Quanto emerso finora è probabilmente solo la punta dell’iceberg e, con l’avanzata delle IDF in Libano, molto di più rischia di venire alla luce.

L’Italia deve anche decidere se Hezbollah è una “milizia” e un partito politico, o un’organizzazione terroristica e un proxy iraniano che sta destabilizzando il Libano. La linea politica del “correre con la lepre e cacciare con il segugio” non sarà più un’opzione.

https://www.thewashingtonoutsider.com/the-italian-disaster-in-lebanon-and-the-accusations-against-israel/

Traduzione di Niram Ferretti

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