Fiamma Nirenstein, La guerra antisemita contro l’Occidente, Giubilei Regnani Editore 2024.
Dopo una serie benemerita di libri, articoli, saggi, ecco questa chiarificazione veritativa contro l’impero della menzogna dominante, passione civile, appello accorato insieme a uno stile scientifico ed a una montagna di prove fattuali.
La voce di un’ebrea, da una tradizione familiare con un padre combattente nelle Brigate Ebraiche, pagine cariche di vissuto ebraico, non un documento sugli ebrei. Un testo che traccia una linea di demarcazione tra civiltà umana e de-civilizzazione barbara e genocida, tra una democrazia radicata e orgogliosa, e il terrore e la tirannia.
Provino i nemici tossici antisemiti a contestare con qualche prova, anche un solo punto della trama del libro. Libro che dovrebbe essere un manuale di educazione civica, se esistesse una scuola aperta e libera, e non invece coatta, di menti servili e bullismo diffuso.
Il fuoco della verità colpisce nel segno:
“Il Paese più piccolo del mondo, impegnato in una guerra di sopravvivenza dopo un attacco genocida, viene descritto a tutte le latitudini come un feroce gigante che, con stivali delle sette leghe, attraversa con le sue nefandezze il mondo e incarna le peggiori colpe di cui si è macchiato l’Occidente.” (p. 39)
Hanno fabbricato un mondo alla rovescia. La contestazione della menzogna assassina si esprime con efficacia:
“Gli ebrei, secondo la revisione woke e prima ancora secondo la versione stalinista, non hanno radici nella loro terra, in Israele: prima del tempo in cui sono apparsi a bordo dell’imperialismo coloniale, non sono mai esistiti. Sono arrivati sulla nave del male, con l’esercito che occupa il mondo innocente degli aborigeni. A niente vale che siano giunti non con l’esercito ma con le zappe e i libri, per raggiungere una larga propaggine che non se ne era mai andata, neppure dopo la distruzione del Tempio da parte dei Romani, nel 70 d.C. A niente vale il fatto che da tremila anni, ovvero dai tempi di Abramo, e poi da quando Mosè ha riportato a casa il suo popolo e Davide ha conquistato Gerusalemme, Israele sia il centro indigeno e diasporico del popolo ebraico, che chiama se stesso popolo di Israele fin dal ritorno dall’esilio babilonese (538 a.C.). Ogni collina, ogni corso d’acqua, ogni cittadina ha il suo nome odierno, la sua memoria incisa nella Bibbia e, più avanti nel tempo, nei testi greci, romani, cristiani; ogni luogo e ogni riga di cui si è nutrito tutto il mondo per fondare l’Occidente ha la sua storia in Israele, è solo il movimento woke, con la sua sordida e dolosa ignoranza, la cancella, proprio come nelle università cancella Omero, Dante Alighieri, Shakespeare. Così si nega la svolta umana, culturale, politica che gli Ebrei, a Gerusalemme, hanno sempre rappresentato per tutti, insieme all’eredità di Atene. La grande gemma del pensiero occidentale e quindi della democrazia che il nazismo, il comunismo e oggi l’Islam hanno esistenzialmente odiato.” (pp. 46-47)
È finita l’illusione che l’antisemitismo si fosse ridotto a una perversione infame di minoranze antistoriche, inaccettabili in Occidente, che la memoria della Shoah sarebbe stato un muro morale. La risoluzione dell’ONU “sionismo uguale razzismo” del novembre 1975 costituisce un abominevole ribaltamento della civiltà democratica operato da sovietici, arabi islamici e terzomondismo dittatoriale.
Per il mondo arabo, la stessa esistenza di Israele è “un crimine metafisico, religioso, morale”, senza soluzione possibile. Dunque, per la patria ebraica esiste solo un’eliminazione che è parte integrante della guerra culturale anti-occidentale in Occidente. Il solo fatto di nascervi e viverci è una colpa.
I geni creatori, da Omero, Platone, Aristotele, a Dante e Shakespeare, sono un crimine perché prodotto dal suprematismo bianco. Ogni coscienza civile insorge rispetto a questa ideologia dominante nelle accademie, attuale fabbrica di ignoranza e arroganza, di suicidio culturale, di odio smisurato e snaturato.
“Bisogna ricordare – scrive Nirenstein – che, molto prima che l’ideologia woke, la cancel culture e l’intersezionalità trasformassero i campus universitari, le scuole e le piazze in terreno fertile per il sostegno alla ‘resistenza di Hamas’, e molto prima che i movimenti LGBTQ+ e neofemministi si scoprissero così bugiardi e inani, prima dell’alleanza di fatto con chi vela e segrega le donne e le fa sposare a 11 anni, che le stupra a Colonia, che le violenta e le ammazza nei kibbutz e nei festival musicali, che lincia e impicca gli omosessuali; molto prima di tutto ciò, ci fu la chiamata alla lotta affianco dell’ayatollah Khomeini da parte degli intellos della sinistra francese, primi tra tutti Sartre e Foucault. Anche in Italia e nel resto d’Europa si esaltava la rivoluzione sciita.” (p. 88)
A eterna vergogna dei movimenti giovanili antisemiti, dell’intifada anti-universitaria a favore di Hamas, sta l’appoggio caloroso ufficiale dell’ayatollah Khamenei, Guida Suprema dell’Iran. Osserva l’autrice che le accademie occidentali, dall’America all’Europa, dipendono ormai dai finanziamenti arabi. Il Qatar, che accoglie i capi di Hamas, ha fornito alle casse delle università americana 4,7 miliardi di dollari. Giulio Meotti ha fornito la documentazione del Network Contagion Research Institute sull’entità di questi finanziamenti e la loro relazione con l’espansione di azioni antisemite. Da noi, l’università “La Sapienza” di Roma ha stabilito decine di accordi con l’Iran, il doppio di quelli con Israele, che i rabbiosi “studenti” dell’intifada chiedono di annullare. L’università di Torino ha 16 accordi con l’Iran, mentre nelle sue aule un imam fanatico ha incitato la distruzione di Israele, davanti a un pubblico che aveva adottato la sharia con le donne separate da una rete.
Al terrorismo genocida per la distruzione di Israele, un mondo vile risponde con litanie di “pace” per un’impossibile pacificazione. Da qui lo slogan dei “due Stati per due popoli”, “cui persino Rabin non aveva mai concretamente pensato.” Una formula ripetuta come un mantra da chi non ha una soluzione, da chi fiancheggia gli aggressori invasori e pretende la capitolazione di Israele.
L’autrice è esplicita:
“La glorificazione della violenza è una delle stupefacenti scelte dell’odierno attacco antisemita, insieme alla demonizzazione e alla deumanizzazione degli ebrei e di tutti coloro che ne condividono la strada e gli obiettivi. Ormai, alle democrazie il fronte unito pro-pal si rivolge con un ricatto: vi metteremo a ferro e fuoco se non accettate di espellere gli ebrei e di combattere Israele. E la paura si sparge, da Parigi a Madrid, da Londra a New York, dal red carpet di Hollywood a quello di Venezia.” (pp. 176-7)
Ma la resistenza e l’autodifesa del popolo ebraico sono tenaci, ammirevoli, commoventi. Con una volontà di vincere. Ecco la testimonianza dell’autrice sul suo popolo:
“Lo vedo, perché chi è stato qui dal 7 ottobre ha sperimentato tanti e tanti miracoli di generosità nel difendere il fratello in pericolo donando la propria vita; di resistenza al dolore da parte delle madri che, seppellendo il proprio figlio, hanno raccontato che fiore hanno perduto. Ma anche quanto egli sarebbe stato d’accordo, nel dare la vita per il proprio paese. Ho visto uomini attempati tornare nella Riserva (il Miluim), a Gaza e nel nord, rischiare la vita in tante riprese diverse, lasciare a casa donne valorose quanto loro, li ho visti lui affrontare la morte e ferite diffuse e gravi (molti hanno perduto gli arti e hanno chiesto di tornare a combattere, come fanno quasi tutti i feriti ancora dall’ospedale), lei a farsi carico senza battere ciglio di bambini e vecchi. […]
Storie di generosità senza confini, di sapienza, arte, scienza, di assistenza e volontariato a favore dei deboli, festa di valore senza paragone, storie di determinazione leonina a salvare il Paese, a vincere il male, a resistere sulla strada del popolo ebraico.” (pp. 189-90)
Fiamma Nirenstein si affida alla sapiente eloquenza dello storico grande maestro Rav Dante Lattes:
“L’idea di Israele è da millenni aperta agli uomini di tutte le razze e di tutte le lingue, ed è l’humus ideale su cui l’umanità semina i germi delle sue messi morali. La Bibbia ebraica e le sue derivazioni sono gli strumenti più puri e universali dell’educazione umana, la scala delle ascensioni degli uomini”, e soprattutto con: “Dovette avere una grande bellezza questa idea ebraica se, affidata alle mani di un piccolo, ignoto popolo del Mediterraneo, cinto e assediato dai grandi imperi che confluivano nel suo breve territorio, riuscì a valicare le età antiche, nonostante i pericoli e i traviamenti che ne minacciarono la vita senza tregua; se, senza ausilio di forze materiali e non accompagnata che da folli apostoli solitari, conquistò le genti; se di tanti conforti, aiuti e speranze accarezzò gli uomini, seminando di fiori e di luci la loro vita.” (p. 192).
Infinita bellezza di parole sante.
Se Israele venisse distrutto, il Medio Oriente non avrebbe stabilità. Non ci sarebbe la pace con gli arabi, non si placherebbe la furia di chi vuole la guerra. Il mondo perderebbe un suo scudo. Senza Israele non ci sarebbe pace, ma solo una guerra più grande. I leoni d’Israele impediscono l’espansione dell’Iran, come l’eroica resistenza ucraina blocca le conquiste dell’imperialismo russo. La guerra scatenata il 7 ottobre contiene il disegno di affossare i Patti di Abramo, coraggioso rinnovamento e pacificazione per un nuovo Medio Oriente.
Le dittature e i totalitarismi affermano apertamente il loro scopo di dominio mondiale. Russia, Cina, Nord Corea, Iran operano come asse del male in una strategia di attacco all’Occidente. Scambi Russia-Iran per l’atomica iraniana e i droni di Teheran per il terrorismo russo in Ucraina; il Presidente Zelensky denuncia l’uso russo di armi e uomini nord-coreani in Ucraina; i paesi europei confermano i progressi dell’atomica offensiva iraniana. Esercitazioni navali congiunte Russia-Cina-Iran; sviluppo dello scambio di know-how nucleare con la Nord Corea, che sta aumentando la moltiplicazione del suo arsenale nucleare; intensa cooperazione Cina-Russia per la costruzione di sottomarini nucleari cinesi.
Di fronte a tutto questo, Israele realizza una sua riscossa difensiva e infligge al sistema del terrore colpi decisivi senza precedenti, con ammirevole determinazione. L’autrice, a conclusione, dice:
“C’è una canzone che dice ‘lo biglal ha coah, rak biglal ha ruah’, ‘non a causa della forza, ma solo dello spirito.’ Se questo spirito lo ritroverà anche la civiltà occidentale, la guerra sarà vinta.” (p. 202)
Invitiamo alla lettura e alla diffusione di questo libro come significativo segno per un argine all’oceano di menzogna spietata e disumanità genocida. I leoni di Israele si mostrano attori intrepidi della libertà esistenziale ebraica e, in essa e con essa, della libertà universale.