Editoriali

I giorni duri che verranno

I giorni duri che verranno sono già iniziati con il dispositivo sanzionatorio licenziato dall’Amministrazione Biden due giorni fa nei confronti di quattro residenti ebrei della Cisgiordania, “coloni”, accusati di “violenza intollerabile”, ovvero lanci di pietre, intimidazioni e ferimenti.

A proposito della vera violenza intollerabile, quella delle aggressioni palestinesi nella stessa regione che hanno provocato uccisioni ripetute di “coloni” nel corso dell’ultimo anno e mezzo, non è stato predisposto alcun dispositivo analogo.

I prodromi del cambio di rotta della Casa Bianca erano già espliciti. Erano nella dichiarazione di Joe Biden circa un mese fa durante un incontro per la raccolta fondi per la campagna elettorale, quando disse che Israele colpiva Gaza indiscriminatamente.

Ieri, dopo che il Segretario di Stato Antony Blinken è tornato a Washington senza alcuna apertura da parte di Benjamin Netanyahu a un accordo con Hamas (che la Casa Bianca fortissimamente vuole) ma anzi, con la dichiarazione che Israele continuerà l’operazione militare a Gaza fino a quando Hamas sarà sconfitto, il presidente americano ha dichiarato che la risposta israeliana a Gaza dopo il 7 ottobre è stata esagerata.

C’è da chiedersi facendo i finti ingenui perché lo dica ora e non lo abbia detto tre mesi fa, quando era già chiaro che Israele stava rispondendo con vigore all’eccidio perpetrato da Hamas. La risposta è facile. I sondaggi che danno perdente elettoralmente la linea di appoggio americana a Israele non erano ancora marcatamente negativi come lo sono diventati in seguito.

Come è stato evidenziato qui ieri, https://www.linformale.eu/lipoteca-americana-sulla-guerra-a-gaza/già Blinken, durante la conferenza stampa a seguito dei suoi incontri in Israele, ha dato il suo robusto contributo invitando Israele a non deumanizzare i palestinesi.

Il quadro è chiaro. Lo scollamento tra Washington e Gerusalemme, in vista delle presidenziali americane è destinato ad allargarsi. L’insofferenza per Netanyahu, definito privatamente dal presidente, bad fucking guy, porterà al tentativo di indebolirlo a casa attraverso le proteste per il rilascio degli ostaggi, un efficace strumento di pressione da usare fino in fondo allo scopo di costringere Israele a una transazione con Hamas che inceppi la guerra e dunque impedisca una sua ripresa. Si tratta del risultato che Washington si auspica, il migliore per le sorti elettorali di Joe Biden, il quale, ultimamente, sta guardando con attenzione particolare al Michigan, stato chiave, dove risiede la più copiosa comunità islamica del paese e dove, giorni fa, è stato allestito un picchetto a favore di Hamas.

Cosa c’è da aspettarsi? Dichiarazioni sempre più dure e azioni concrete, dal ritardo nella fornitura delle munizioni, se non addirittura alla loro sospensione, all’appoggio delle risoluzioni ONU contro Israele, e, ovviamente, come già accennato, all’uso della piazza con collaborazione dell’opposizione di sinistra per indebolire Netanyahu e forzarlo ad addivenire a più miti consigli.

La guerra è ancora lungi dall’essere vinta (secondo il New York Times, testata assai poco vicina a Israele, ad oggi solo un terzo dei jihadisti di Hamas sarebbe stato ucciso) e ci vuole tempo. Bisognerà vedere se Israele avrà la possibilità di averlo.

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