Da una decina di anni esiste una associazione di artisti di strada che ha come missione la cancellazione dei simboli d’odio, di razzismo e di antisemitismo con i quali loro colleghi “decorano” i muri delle città, e la sostituzione di questi con altri simboli di amicizia e di solidarietà con Israele.
Questa associazione si chiama Artists 4 Israel, in sigla A4I, e conta più di ottomila aderenti di 26 nazioni.
Shaynhe Tuthill, che lavora con loro, ha partecipato ad una missione che in Israele si era proposta di dipingere memoriali per i soldati uccisi durante combattimenti od a causa di attentati. Svastiche sono state cancellate dai muri della sede della Federazione degli insegnanti degli Stati Uniti, della Columbia University, della Duke University (già nota in passato per aver ospitato raduni di studenti che inneggiavano all’uccisione degli ebrei) e di svariate altre università americane.
La A4I ritiene che l’arte di strada ed i graffiti dovrebbero unire ed abbellire le comunità,non incitare all’odio e diffondere pregiudizi. Sotto questo profilo, questi artisti di murales apprezzano la libertà di espressione e la tutela dell’arte, di ogni forma di arte, che esistono in Israele.
A Sderot, la città del Negev bersagliata da migliaia di razzi lanciati per molti anni indiscriminatamente da Gaza sulla sua popolazione, gli artisti di A4I hanno rallegrato con le loro invenzioni i rifugi in cemento nei quali bambini ed adulti sono costretti a trascorrere quotidianamente molte ore, e sono stati ringraziati con la consegna delle chiavi della città. Anche in Siria, a rischio della vita, questi artisti hanno coperto messaggi di odio con la scritta “L’arte al di sopra dell’odio”. Ugualmente, a Shtula, al confine fra Israele e Libano dove sono stati scoperti e neutralizzati i tunnel d’assalto scavati da Hezbollah, questi “graffitari” convenuti da Giappone, Francia, Gran Bretagna, Sud Africa, Stati Uniti ed Israele, hanno trasformato la barriera di sicurezza fra le due nazioni nel più lungo murale artistico del mondo.
Sempre a proposito dell’immagine negativa, e dell’accusa di apartheid, con le quali movimenti come BDS (boicotta, disinvesti, sanziona) denigrano Israele, vale la pena di accennare a quanto sta avvenendo in questo periodo con una certa frequenza: abitanti della striscia di Gaza – di solito il padre – portano in Israele i loro bambini per farli curare negli ospedali israeliani; ma, una volta guariti, essi li riportano solamente fino al confine fra Israele e Gaza, abbandonandoli là e tornando in Israele come clandestini, nella speranza di trovarvi un lavoro.
Anche questo dettaglio fa parte dei cambiamenti di atteggiamento che nel mondo arabo si stanno, un po’ alla volta, manifestando nei confronti di Israele, aprendo uno spiraglio a collaborazioni fino a poco tempo fa impensabili.
Foto: Lauren Davidson