Mentre una prossima crisi di governo aleggia su Israele, e sulla scena appaiono e riappaiono volti noti, dalla promessa mancata Benny Gantz, al delfino che non fu Naftali Bennett, alla trasformista Tipzi Livni, c’è un personaggio il cui nome non è tra quelli sperperati nell’agone politico ma che domani potrebbe essere il nuove “re” dello Stato ebraico dopo il lungo regno di Melek Bibi, Yossi Cohen, il capo del Mossad.
Che Cohen, succeduto a Tamir Pardo nel 2016 a capo dei servizi segreti israeliani, sia uno dei fedelissimi di Netanyahu, è cosa nota, così come è altrettanto noto che sotto la sua direzione il Mossad, negli ultimi anni, si è distinto per operazioni spettacolori o ardite, come il trafugamento in Iran nel 2018 dei dossier riservati sul programma nucleare del regime, l’uccisione in Tunisia nel 2016 di Mohammad a-Zawari, ingegnere di Hamas, o quella (ovviamente non confermata) del mastermind del nucleare iraniano Moshen Fakhrizadeh ucciso da un commando, non lontano da Teheran.
Cohen e Netanyahu condividono la stessa visione del Medioriente, quella di una regione perennemente sull’orlo del caos, e dove l’Iran, oggi, rappresenta il pericolo maggiore, e dunque l’avversario da depotenziare al massimo. E nel ruolo di depotenziatore dei disegni iraniani, Cohen si è presentato e si presenta come l’organizzatore di una strategia precisa e a tappe di cui l’attuale primo ministro è il referente principale.
La saldatura Nentanyahu-Cohen è esplicita, tanto che, al recente incontro in Arabia Saudita tra il premier israeliano, Mohammed Bin Salman e Mike Pompeo, era presente anche Cohen.
In prossimità di una nuova amministrazione americana che si sa già sarà assai distante da Israele rispetto all’amministrazione Trump, si rende necessario prima che Joe Biden venga proclamato presidente, lasciare il segno in Iran e Yossi Cohen è l’uomo giusto al posto giusto per poterlo fare. E’ il motivo per il quale Netanyahu lo ha scelto ed è una scelta di cui non ha certo mai avuto motivo di dolersi.
Pur non avendolo mai designato suo successore, a Netanyahu certo non dispiacerebbe che un domani, quando, inevitabilmente, dovrà cedere la corona, essa sia deposta sulla testa dell’attuale capo del Mossad.