Oggi, in Italia, il quotidiano che più si distingue per un antisionismo truculento e grossolano è Il Fatto Quotidiano, diretto da Marco Travaglio.
Di Travaglio, ex impiegato di Indro Montanelli, che se oggi leggesse le pagine del suo giornale, ormai un megafono antioccidentale tra i più sguaiati, stenterebbe a crederci, conosciamo la parabola che lo ha condotto dall’essere il fustigatore del berlusconismo all’accecamento sulla strada per Damasco nei confronti di Beppe Grillo e del partito di improvvisati anticasta da lui fondato.
Travaglio ama la grana grossa, gli sono sconosciute le finezze, ma questa non è una colpa, lo stile è l’uomo, scriveva Buffon, e ognuno ha il suo, con cui nasce e muore.
Netanyahu per Travaglio e dunque per il suo giornale è un criminale, forse non come Yahya Sinwar, ma sicuramente meritevole di un mandato d’arresto, e Travaglio adora i mandati di arresto, soprattutto quelli nei confronti dei politici. Per sua sfortuna non è pubblico ministero presso il Tribunale Penale Internazionale, ma basta e avanza Karim Khan, il quale fa egregiamente il suo lavoro e infatti equipara Hamas e l’IDF, che è come equiparare le SS e l’Irgun. D’altronde, per il direttore del Fatto, pari sono, lui che ha detto che la colpa, sì, la colpa dell’antisemitismo rigurgitante è di…Netanyahu.
Vecchia accusa antisemita quella di attribuire agli ebrei di essere responsabili della violenza esercitata contro di loro come ha ricordato stupendamente Seth Mandel in un recente articolo, https://www.linformale.eu/cosa-succede-quando-non-puoi-semplicemente-arrestare-gli-ebrei-per-essersi-difesi/ ma Travaglio non è sicuramente antisemita, semplicemente essendo al di sotto della consapevolezza minima per comprendere quando si fa uso di topoi antisemiti, ne fa disinvoltamente uso.
Ci sarebbe solo da scegliere tra le sconcezze e le idiozie che dice con il suo compunto sorrisetto quando parla di Israele, e quelle che lui stesso scrive o fa pubblicare sul suo giornale, ma abbiamo scelto di dare un premio alla vignetta di Natangelo, “Rafah lullaby”, apparsa sul blog del Fatto e che riproduciamo qui.
Le strofe sono mirabili e incisive, gli ebrei assassini di bambini (pardon, gli israeliani, distinguiamo) e il loro capobanda hanno il posto d’onore. Trattassi di topos antisemita tra i più consunti, eppure sempre evergreen, come la lobby ebraica e il Dio vendicativo marcionita.
Il tempo passa, ma non passano le cose ripetute. Una volta si diceva che gli ebrei uccidessero i bambini cristiani per poi usare il loro sangue impastando azzime, e su questa esecrabile leggenda abbiamo anche avuto il libro di un ebreo che la avvalorava, il testimone è poi passato all’IDF.
Tredicimila bambini addirittura sarebbero morti a Gaza per colpa degli ebrei, pardon, degli israeliani, lo ha detto un ex sodale di Travaglio, un altro antioccidentalista da operetta, Michele Santoro, per il quale, evidentemente, tolti quindicimila morti jihadisti, (se si vuole dare credito ai numeri di Hamas concediamolo perlomeno paritariamente all’altra organizzazione criminale, l’IDF), restano ventunomila civili morti, di cui solo otto mila sarebbero adulti. Insomma, questi soldati ebrei, pardon israeliani ce l’hanno proprio coi bambini.
L’iperbole omicida da imputare agli ebrei, pardon, agli israeliani, deve essere necessariamente riferita all’infanzia, con in secondo piano le donne. Bambini e donne morti sono sempre il non plus ultra nell’affermare la disumanità di chi li uccide.
Questi ebrei, pardon, questi israeliani, che qualcuno ce li levi finalmente dalle scatole.