Antisemitismo, Antisionismo e Debunking

L’attualità di “Eurabia”.

A tredici anni dalla prima edizione italiana, Lindau ripubblica con un nuovo saggio introduttivo dell’autrice, Eurabia di Bat Ye’or. Il libro è un testo seminale per comprendere come, a partire dalla fine degli anni ’60 agli inizi degli anni ’70, l’Europa abbia impostato una politica tesa ad abbracciare il mondo arabo nel preciso intento di sganciarsi dall’anglosfera, costruendo contemporaneamente un forte asse ideologico antisionista. Quell’Europa, già strutturatosi sovranazionalmente come CEE per poi diventare l’Unione Europea, era ed è l’Europa in cui ci troviamo oggi, ancora sostanzialmente velleitaria nel suo tentativo di determinare un forte blocco economico e militare in grado di potersi contrapporre agli Stati Uniti, ma ben formata nel suo sostanziale rigetto di Israele e nell’idea guida di un futuro in cui gli Stati nazionali dovrebbero delegare sempre di più la propria sovranità a un supergoverno burocratico in grado di determinarne strutturalmente le politiche.

Dietro la volontà francese di  Charles De Gaulle di volere egemonizzare il progetto europeo allargandolo al mondo musulmano, si sono agitati fin dal principio ben precisi intenti antisemiti propri a tutto un apparato di funzionari, burocrati, intellettuali, che, durante la Seconda guerra mondiale, erano stati organici o simpatizzanti del nazismo. Uno degli esempi più lampanti fu Walter Hallstein, primo presidente della Commissione Europea, eletto nel 1958, il quale, essendo stato, “Un ex-ufficiale della Wermacht in Francia, era stato il teorico nazista di una Europa senza frontiere-unificata e governata dal Terzo Reich, purificato dalla sua popolazione ebraica-ed economicamente legata al mondo arabo islamico con cui i nazisti erano in eccellenti rapporti. Il suo mandato decennale terminò il 5 maggio 1967”.

Ed è ovviamente il 1967 una data spartiacque per Israele, sopravvissuto al tentativo di annientamento di Egitto, Siria e Giordania, guidati da Nasser e che, da quel momento, fino ai nostri giorni, pagherà lo scotto di una demonizzazione senza tregua. Già nel 1973, gli allora nove paesi della CEE, aderirono supini al ricatto arabo sul petrolio, rilasciando a Copenhagen una dicharazione che chiedeva allo Stato ebraico il ritiro unilaterale dai territori conquistati nella Guerra dei Sei Giorni, per retrocedere su frontiere indifendibili.

Bat Ye’or ci mostra in modo incalzante e rigoroso come la svendita europea di Israele sia stata parte integrante di quel meccanismo di riconfigurazione della stessa mappa culturale europea che prevedeva e prevede una progressiva legittimazione culturale dell’Islam nella veste di una delle matrici dell’Europa e, parallela ad essa, una sconfessione delle sue radici giudaico-cristiane. E’ questo un punto essenziale da comprendere, perchè è solo presentando l’Islam come una delle fonti dell’Europa, e non come è stato per secoli, un suo feroce antagonista, che si può promuovere l’immigrazione islamica, facendo credere che essa sia felicemente integrabile al suo interno. L’antisionismo, diventa quindi una necessità politica e ideologica preminente, simboleggiata, da una parte, nel sostegno europeo dato fin dagli anni ’70 all’OLP e al lord of terror Yasser Arafat, e dall’altra, nella rappresentazione di Israele come uno Stato abusivo su un suolo originariamente arabo e islamico.

Così, la millenaria storia ebraica in Palestina viene riscritta anche con l’ausilio dei voti europei dati in sede UNESCO il 7 luglio 2017, “a favore dell’islamizzazione dei patriarchi di Israele a Hebron”, episodio emblematico che indica “la persistenza di una politica che si accanisce nel cancellare la memoria storica del popolo ebraico (e dei cristiani allo stesso tempo) con l’obbiettivo di eliminarla”.

Nessun complotto, nessun disegno segreto anima la ben precisa volontà politica delle elite europee a capo prima della CEE e poi della UE, di allargare la propria sponda al mondo musulmano, di fare del palestinismo uno dei propri pilastri ideologici, di presentare l’immigrazione islamica in Europa come teleologia e dunque di magnificare il multiculturalismo come suo necessario corollario, di presentare l’Islam come una civiltà compatibile con l’Occidente, e al contempo di criticare aspramente Israele ogniqualvolta esso si difenda dal jihadismo.

Tutto quello che Bat Ye’or espone in Eurabia è infatti, inequivocabilmente alla luce del sole, evidente, basato su dichiarazioni, documenti, azioni. E’ lo scenario che abbiamo sotto i nostri occhi e che, nei tredici anni trascorsi dalla prima edizione del libro, si è reso sempre più manifesto. Per questo, Eurabia, non solo non ha perso un’oncia della sua credibilità in questo tempo trascorso, ma ha aquisito solo un peso progressivo.

“Oggi”, scrive Bat Ye’or a conclusione del nuovo saggio introduttivo, “è difficile prevedere il futuro dell’Europa”. E questa difficoltà di previsione è inestricabilmente legata alla consapevolezza della situazione circostante da parte delle popolazioni  e delle forze politiche che ad essa si oppongono e, conseguentemente, alla volontà di reagire per modificarla.

 

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