Yom ha Shoah è rito collettivo di memoria trapiantato nella vita, non musealizzazione del ricordo come accade tutti gli anni qui in Europa durante il Giorno della Memoria. In Israele si ricordano i morti ebrei annientati dalla disciplinata e implacabile furia nazista, non per relegarli nel passato ma per incardinarli nel presente e nel futuro. E’ questo uno dei grandi discrimini che separa l’Europa e Israele e la modalità in cui viene vissuta e partecipata la medesima ricorrenza da una parte e dall’altra.
Israele infatti sa, perché lo vive da settanta anni sulla propria pelle, che l’antisemitismo e la minaccia di distruzione nei confronti degli ebrei non è un capitolo concluso, una pagina consumata della storia. E lo sa perché ne ha avuto la prova già nel 1948 a forni crematori spenti e di nuovo nel 1967 e nel 1973 e poi con le due Intifade, in particolare modo con quella che sembrava interminabile dal 2000 al 2005, il regno del terrore jihadista che si è portato via più di un migliaio di vite israeliane. Sa che Hamas, dentro i suoi confini, ha come scopo quello di eliminarlo dalla carta del Medioriente, sa che questo scopo è condiviso da Hezbollah, sa che l’OLP non ha mai fatto mistero, già nel nome che si è data, di condividerne l’intento, sa che l’Iran se potesse agirebbe perché ciò avvenisse.
Diversamente dall’Europa, Israele, nel rievocare i morti della Shoah li unisce immediatamente a quelli di un passato più recente, a tutti coloro che sono stati uccisi perché israeliani ed ebrei, in una unificazione che non distingue tra ebrei della diaspora e ebrei israeliani, tra ebrei sionisti e ebrei non sionisti o antisionisti, così come non li distingueva già negli anni ‘20 Alfred Rosenberg, quando pubblicava, nel 1921 un libro dal titolo “Sionismo: Nemico dello Stato” nel quale, assai prima dell’OLP, del Fronte della Liberazione della Palestina, di Fatah e di Hezbollah, evidenziava come gli ebrei, nella fattispecie i sionisti, fossero intenti a dispossessare gli arabi della loro terra.
Che uno dei massimi teorici del nazismo sostenesse quello che sarebbe diventato uno dei capisaldi della propaganda araba e islamica contro Israele ancora oggi fiorente, la dice lunga su come l’antisemitismo nella sua forma eliminazionista, massimamente incarnatosi nel Terzo Reich, è poi confluito nell’antisionismo più accanito, nel jihadismo laicamente mascherato dell’OLP e in quello esplicito di Hamas che, non a caso, discende direttamente dai Fratelli Musulmani, i primi a distribuire in Medioriente la traduzione in arabo del Mein Kampf.
Dunque se qui in Europa ci si può permettere di interporre un diaframma tra la Shoah e il mondo di oggi, e di fare della prima un simbolo di un passato che si pensa non ritornerà, Israele questo non può farlo, non ha mai potuto concedersi il lusso di poterlo fare.
In Israele, gli ebrei di ieri si commemorano difendendo quelli di oggi, in quella lunga ininterrotta continuità di fratellanza che lega indissolubilmente i giovani, ragazzi e ragazze dell’IDF che ogni giorno proteggono lo Stato ebraico, ai morti e a chi, tra i sopravvissuti ancora in vita, può mostrare loro gli atroci numeri impressi sulla pelle.