La presidente della Comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, ha scritto una lettera al ministro della Giustizia Andrea Orlando per esprimere «grande inquietudine e preoccupazione» in seguito alla sentenza di proscioglimento di due tifosi che avevano intonato il coro «giallorosso ebreo» allo stadio. Per questo motivo erano stati denunciati per odio razziale. Secondo il gip di Roma, Ezio Damizia, si è trattato però di normale “tifo da stadio”, non di antisemitismo.
I fatti risalgono al 2013: il coro antisemita era stato intonato da due tifosi laziali durante la gara Lazio-Catania. La Digos, visionando i filmati, era riuscita a identificare i due ultras biancoazzurri responsabili del coro, i giovani Alessandro Pasquazzi e Fabrizio Pomponi. L’identificazione era stata resa possibile dalle riprese delle telecamere a circuito chiuso.
«Si tratta indubbiamente di un precedente allarmante per la giustizia di questo Paese – ha scritto Dureghello nella lettera – che, in sostanza, legittima l’utilizzo dell’aggettivo ebreo in forma dispregiativa e razzista e comunque come strumento di derisione durante gli eventi sportivi».
Ruth Dureghello ha aggiunto «è ineluttabile il rischio che deriverà da una acritica e passiva accettazione di questa linea di pensiero». E perciò «è necessario intervenire per far sì che questa sentenza, che stentiamo a comprendere per la sua astratta devastante portata e le cui motivazioni attendiamo di leggere con interesse e allarme, non produca risultati nefasti soprattutto in prossimità di eventi sportivi carichi di rischi, tensioni e conflittualità».
Un allarme più che giustificato in considerazione del fatto che i cori antisemiti allo stadio sono ormai sdoganati e banalizzati, quasi uno status symbol del mondo ultras, e nessuno ha mai pensato di arginare questa subcultura. Non ha aiutato certo la decisione del gip di Roma, derubricando a semplice tifo da stadio un coro antisemita che si sente troppe volte nelle curve.
Un’occasione persa per agire contro l’antisemitismo nel mondo del tifo calcistico.