Se è vero che un golpe militare non evoca scenari di democrazia, c’è sempre qualcosa di peggio. Nel caso della Turchia, la “conservazione della democrazia”, ossia la repressione nei confronti dei golpisti, sta offrendo uno spettacolo a dir poco crudele. Il presidente Erdogan aveva promesso punizioni feroci nei confronti dei responsabili del golpe, e tutto si può dire tranne che non si stia dimostrando di parola. In rete girano video di soldati decapitati, militari spogliati e stipati seminudi, ammassati in gigantesche stalle per animali. Ancora, giovani soldati di leva frustati e picchiati.
Tutto questo per vendicare un golpe tutt’altro che sanguinoso. Anzi, l’esercito si è arreso alle prime avvisaglie del fatto che tanti civili erano disposti ad affrontare i carri armati a mani nude pur di difendere Erdogan. Non ci risultano civili investiti dai blindati o presi a mitragliate dai soldati.
La repressione di Erdogan ha mostrato la sua faccia più feroce, con liste di proscrizione evidentemente pronte da tempo e tirate fuori al momento giusto. Ben 2700 giudici (un terzo del totale) epurati dalla Corte suprema, vertici militari saltati, nemici politici neutralizzati. Migliaia di arresti, oltre ai più di 300 morti quasi tutti tra i golpisti.
Il Sultano ne esce senz’altro più forte e ora può permettersi di ricattare, chiedere agli Usa l’estradizione del presunto ideatore del golpe, il predicatore islamico Fethullah Gülen, e fare la voce grossa intimidendo un’Europa debole. Quasi tutti i leader europei hanno espresso dichiarazioni di “sollievo” per il mantenimento dell’ordine democratico che ha “evitato spargimenti di sangue”, proprio mentre venivano sgozzati e puniti i soldati. Soltanto Angela Merkel ha timidamente chiesto al presidente turco di rispettare lo stato di diritto.
Ma l’unica cosa di cui sembra davvero preoccupata l’Unione Europea è un eventuale ripristino della pena di morte in Turchia. Bruxelles assicura che sarebbe il colpo di grazia alle speranze di Ankara di entrare nell’Ue, come se la totale sospensione dei diritti umani e civili fosse una barzelletta. Come se la prospettiva di una nuova Costituzione dal sapore islamista possa essere invece ignorata.
Tra sevizie ai golpisti e pena di morte, la Turchia di Erdogan vanta sostenitori anche in Italia, in primis tra i musulmani “moderati”. Un esempio è Davide Piccardo, presidente del coordinamento delle comunità islamiche milanesi, che proprio oggi ha pubblicato un video su facebook in cui difende strenuamente le posizioni e il ruolo del presidente turco, stigmatizzando l’atteggiamento della stampa italiana. E poi c’è Chaimaa Fatihi, da Modena, già conosciuta e apprezzata per i suoi post su facebook contro Israele. Poche ore prima del golpe turco, partecipava alla festa del Pd di Correggio, in provincia di Reggio Emilia. Lei, che definisce Erdogan con quattro parole: “semplicità, umiltà, grande cuore”. I golpisti mancati, i curdi, la metà dei turchi che vive nel terrore e i giudici epurati ne sanno qualcosa.