Il curriculum del dottor Mario Mori parla per lui: generale e prefetto italiano, è stato direttore del Sisde, servizio segreto italiano in attività fino al 2007. Tra i fondatori del Reparto Operativo Speciale dell’Arma, che vanta tra i suoi successi la cattura del boss Totò Riina, Mori è diventato direttore del Sisde nell’ottobre 2001, in un periodo caratterizzato dalla crisi generata dall’attentato dell’11 settembre. Si è quindi esposto in prima linea per evitare che l’Italia fosse oggetto di attentati e stragi di matrice islamista, come gli Usa e altri Paesi d’Europa. E’ attualmente tra i massimi esperti di geopolitica e di Medio Oriente.
Generale Mori, in cosa si differenzia il Mossad rispetto ai servizi segreti italiani?
Ogni Servizio d’intelligence è diverso dagli altri perché espressione delle vicende e della storia della nazione di cui è emanazione. I Servizi italiani sono più facilmente comparabili con gli omologhi apparati dell’area europea con cui condividono genesi e formazione originate da secolari vicende storiche tra loro interconnesse. Il Mossad, che è uno dei Servizi israeliani, per le contingenze del tutto uniche da cui è nata quella Nazione, ha dovuto sviluppare un tipo di operatività fondata essenzialmente sull’aggressività e sull’attacco preventivo, che ne fanno un complesso dalle caratteristiche uniche e molto apprezzate dagli esperti.
La storia del Mossad è ricca di episodi gloriosi, tramandati anche oralmente a volte con un pizzico di leggenda. Secondo Lei come mai il Mossad scatena complottismo e suggestione?
Le critiche rivolte al Mossad sono quelle di coloro che condannano la politica di Israele nel suo complesso. Attaccando la politica di un Servizio si attacca lo Stato nel suo complesso.
Tra le operazioni più brillanti del Mossad, senza dubbio l’operazione Entebbe, costata la vita al fratello dell’attuale premier Netanyahu. Quali sono le Sue opinioni su questa operazione?
L’operazione di Entebbe rimane ancora oggi un capolavoro nel suo genere, sia nella fase preparatoria che in quella dell’esecuzione. Personalmente mi ha sempre colpito la capacità di realizzare l’approntamento di un’operazione di tale complessità in tempi così ristretti.
Israele ha tanto da insegnare all’Italia in tema sicurezza. Pensa che i servizi segreti italiani abbiano qualcosa da imparare da quelli israeliani?
Parecchi Servizi, tra cui anche quello italiano, possono ricavare molte esperienze pratiche da un tipo di organizzazione che svolge la sua attività confrontandosi ogni giorno, senza schermi diplomatici, contro un nemico agguerrito e determinato.
La minaccia costante cui Israele è costretta a vivere ha influenzato l’operato del Mossad e dei servizi segreti israeliani? E quelli italiani saprebbero far fronte ad una situazione come quella israeliana?
Posto all’improvviso di fronte a situazioni analoghe a quelle che deve affrontare il Servizio israeliano, quello italiano, così come ogni altro omologo dell’area occidentale, avrebbe gravi difficoltà iniziali che potrebbe superare più o meno rapidamente solo in funzione del supporto e sostegno che gli assicurerebbe il suo Governo.
Come valuta la situazione attuale di Israele?
La situazione di Israele rimane delicata come è sempre stata dalla sua fondazione. Forse in questo periodo si trova a fronteggiare evenienze meno definite del solito. Siamo in una fase dove alleanze e contrapposizioni, anche consolidate, stanno cambiando.
Ritiene che in questi anni sia cambiato qualcosa nella gestione della sicurezza israeliana?
Israele e il suo apparato di sicurezza deve continuamente aggiornare la sua strategia difensiva in ragione del mutare del tipo degli attacchi che gli vengono portati. Oggigiorno, di fronte alle nuove tecniche di aggressione, con il ricorso ad attacchi anche suicidi rivolti contro i propri cittadini, mi riferisco alla terza Intifada, quella così detta dei coltelli, le autorità israeliane sembrano stentare nel trovare rapidamente le contromisure necessarie. In effetti il loro problema, se è sempre quello dal punto di vista strategico, cambia costantemente sotto l’aspetto tattico.
Israele ritiene che le minacce più incombenti arrivino da Iran ed Hezbollah. Lei è d’accordo?
In questa fase è sicuramente così. Israele si trova a fronteggiare attualmente un terrorismo di tipo marcatamente ideologico, forse più difficile da contrastare di quello a base politica rappresentato dagli attacchi un tempo portati dai gruppi dell’OLP.
Secondo Lei, cosa dovrà fare Israele per ottenere l’agognata pace?
Israele e l’Autorità palestinese dovranno giungere in qualche modo ad un accordo su basi di compromesso che potrà essere trovato solo contenendo le componenti fondamentaliste che attualmente sembrano prevalere nelle due pubbliche opinioni.