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David Guetta e quel tifo calcistico che banalizza gli insulti antisemiti

Il brutto episodio di cui è stato vittima il giornalista David Guetta, omonimo del dj e tifosissimo della Fiorentina, ha scosso l’ambiente del tifo calcistico e anche le istituzioni, che non hanno fatto mancare la loro solidarietà.
Lo stesso Guetta ha raccontato sul suo sito ciò che gli è accaduto. Ecco la testimonianza:
La Fiorentina perde male ed esce dall’Europa, ma voglio raccontarvi quello che è successo quando ho preso la metro per tornare nel centro di Londra.
Una ventina di ragazzotti mi ha riconosciuto e ha cominciato a cantare “David Guetta, c’è un treno per Mauthausen che ti aspetta”, un motivetto che deve andare di moda tra loro, visto che non c’è stato bisogno di accordare i suoni per far partire il coretto vergognoso.
Vergognoso non per me, che da decenni convivo con “l’ebreo di merda” che scatta come riflesso condizionato dalle menti più annebiate: sei anni fa l’insulto partì per esempio da un importante rappresentante del tifo, oggi salito di rango, che aggiunse anche di voler venire in radio a staccarmi la testa.
La vergogna è per questi dementi con cui mi piacerebbe avere un confronto e che quasi certamente non sanno bene cosa sia successo a Mauthausen.
O ad Aiuschwitz, o a Dachau, o a Treblinka.
Ma lo vorrei avere questo incontro davanti alla lapide che in via Farini ricorda i fiorentini che sono partiti con quei treni che loro oggi vogliono per me e che non sono più tornati.
E’ un po’ come con quelli/e che si dichiarano assolutamente non antisemiti, ma che spesso quando ti parlano ogni tanto tirano fuori queste parole: “ma voi ebrei…”: una forma di razzismo strisciante che non sopporto.
Magari qualcuno di quei ragazzi e di quelle ragazze, di quei signori e di quelle signore che su quel treno sono stati costretti a salire tifava pure per la Fiorentina, che già esisteva.
Fiorentini/e ebrei/e come me, che sono non ho nessun legame particolare con la Comunità ebraica, mentre invece come cittadino provo nausea ad avere a che fare con questa gente.
Aspetto con orgoglio il prossimo coro: continuate pure così, vigliacchi.”.

“C’è un treno per Mauthausen che ti aspetta”. Uno dei soliti coretti beceri, in rima baciata, che spesso fanno divertire i tifosi che li cantano forse senza saperne il significato. Oppure, cosa più grave, essendone perfettamente coscienti.
I tanti commenti e attestati di solidarietà hanno convinto il giornalista a scrivere un altro post di ringraziamenti:

“E’ stata un’ondata di affetto travolgente e devo ringraziare davvero tutti perché mi hanno fatto capire che la nostra gente, questa città, compresa la squadra di calcio che tutti noi amiamo, certe cose non le accetta.
Ma ci sono due persone particolari con cui sinceramente e onestamente mi sento in debito: Ernesto Poesio e Giuseppe Calabrese.
Certi fatti che poi restano nel tempo sono a volte figli del caso: se a fine interviste non li avessi casualmente incontrati per prendere insieme prima l’autobus e poi la metro, non sono affatto sicuro che avrei trovato la forza di scrivere quello che avete letto nel precedente post.
La loro indignazione e la loro rabbia senza se e senza ma, in quei momenti in cui mi vergognavo per l’idiozia di quei dementi che offendevano la memoria di milioni di persone, è stata decsiva: sono tornato in albergo e ho buttato giù quello che sentivo dentro.
Altrimenti ne avrei semplicemente parlato con amarezza insieme alle persone che amo e tutto sarebbe finito lì.
Giuseppe ed Ernesto hanno oggi scritto articoli bellissimi sulle edizioni fiorentine di Repubblica e Corriere e anche questo dà la misura della sconfitta di chi è razzista.
Stavolta, e spero per sempre, abbiamo vinto noi“.

Un episodio di antisemitismo, certo, sdoganato da quell’ambiente insano che coinvolge troppi settori del tifo calcistico e tende a banalizzare gli insulti, facendoli sembrare meno gravi di ciò che sono. Una battaglia culturale da vincere, ora più che mai.
Bene ha fatto David Guetta a rendere pubblico l’episodio, evidenziandolo come merita. Ed è vero: “Stavolta abbiamo vinto noi”, proprio come dice lui.

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