I rapporti tra l’amministrazione Obama ed Israele non sono esattamente idilliaci, ma a quanto pare gli Usa stanno facendo ogni sforzo possibile per peggiorarli. II portavoce del dipartimento di Stato americano, John Kirby (nella foto), ha pensato bene di inserirsi nel dibattito sull’etichettatura dei prodotti provenienti dagli insediamenti israeliani, decisa dall’Ue, esprimendosi a favore: “Non pensiamo che etichettare l’origine dei prodotti dei settlement sia un boicottaggio di Israele, così come in generale non pensiamo che etichettare l’origine dei prodotti equivalga a un boicottaggio“.
Kirby ha quindi difeso la decisione dell’Ue, fortemente criticata da Israele, trovando anche il modo di contestare la politica di Israele sugli insediamenti: “Il governo americano non li ha mai sostenuti“, ha detto il portavoce.
A rincarare ulteriormente la dose è stato l’ambasciatore statunitense in Israele, Daniel Shapiro, che lunedì scorso durante la conferenza dell’Institute for National Security Studies a Tel Aviv, ha espresso giudizi assai pesanti: “Troppe attività di vigilanza di Israele in Cisgiordania sono senza controllo, mancano inchieste chiare, a volte sembra che Israele abbia due standard di rispetto dello stato di diritto in Cisgiordania, uno per gli israeliani e uno per i palestinesi“.
Insomma, Israele usa due pesi e due misure, discrimina i palestinesi ed è troppo aggressivo nella politica degli insediamenti. E le etichettature, che secondo Israele e il Centro Wiesenthal sono “simbolo di un moderno anti-israelismo in quell’Europa che è stata il cuore dell’antisemitismo per molti secoli“, per gli Usa non sono sinonimo di boicottaggio. Il fulcro delle argomentazioni “anti-sioniste.
Se dopo l’accordo sul nucleare con l’Iran e le azioni di spionaggio volute da Obama Israele poteva avere qualche dubbio sul suo storico alleato, ora sa bene di non potersi più fidare ciecamente degli amici Usa. Perlomeno con l’attuale amministrazione.