Cosa ha portato di positivo ad Israele il cessate il fuoco entrato in vigore il 19 gennaio scorso per volontà di Donald Trump? Sicuramente la liberazione di ulteriori ostaggi. Si tratta dell’unico beneficio, seppure certamente rilevante, ottenuto dallo Stato ebraico, ma a che prezzo?
La liberazione di centinaia di terroristi che andranno ad incrementare le file del jihad, è il prezzo scontato, quello consueto, che portò in passato per riavere vivo il soldato Gilad Shalit, alla liberazione, tra gli altri, di Yayha Sinwar, l’artefice del 7 ottobre. L’altro prezzo è la cessazione della guerra corredata dall’evidenza oscena che Hamas, pur fortemente depotenziato non è stato sconfitto, con aggiunta degli osceni spettacoli inscenati da quest’ultimo per il rilascio degli ostaggi.
Prima dell’accordo con Hamas, per lunghi mesi, Benjamin Netanyahu era riuscito, da slalomista quale è, ad evitare di cedere alla pressione costante dell’Amministrazione Biden, fino a quando a metà gennaio non è arrivato in Israele l’immobiliarista Steven Witkoff, investito da Trump del ruolo di emissario per il Medioriente, e, in un batter d’occhio, quello che Biden non aveva ottenuto per più di un anno si è materializzato.
Il contenuto del colloquio tra Witcoff e Netanyahu è rimasto riservato, ma il neo-emissario, nella sua prima missione ufficiale all’estero, deve essere stato molto persuasivo.
Quali possano essere le conseguenze del non acconsentire alla volontà di Trump, di mettersi per traverso, lo ha potuto constatare Volodymyr Zelensky nelle ultime ore, con il blocco delle forniture militari all’Ucraina e l’accusa di essere lui, non Putin, il principale ostacolo alla pace.
Netanyahu, assai più flessibile, si è piegato subito sapendo quello che rischiava, molto peggio di quanto già messo in atto dall’Amministrazione Biden. In cambio della sua accondiscendenza, o come direbbe qualcuno di assai scafato, della consapevolezza che la realpolitik richiede sempre sacrifici, ha ottenuto di essere il primo premier straniero invitato alla Casa Bianca dopo l’insediamento di Trump, dove Trump, in conferenza stampa, gli ha regalato il sogno di una Gaza trasformata nella versione mediorientale di Palm Beach.
La realtà però preme e al risveglio i sogni si dissolvono. Gaza resort resta lontana, mentre, nel frattempo, a Gaza resta Hamas e non si vede ancora, nemmeno lontanamente, come possa essere rimosso.
