Iran e Medioriente

Tregua fragile in attesa di Trump

La tregua raggiunta tra Israele e Hezbollah, entrata in vigore oggi e fortemente voluta dall’uscente Amministrazione Biden, in base alla quale le forze di Hezbollah si ritireranno completamente dal confine con Israele oltre il fiume Litani, consentendo ai sessantamila sfollati costretti a lasciare le loro abitazioni all’inizio della guerra, il 7 ottobre 2023, di ritornarvi progressivamente, fa perno su una garanzia fondamentale.

La garanzia consiste nella possibilità da parte di Israele di riprendere il conflitto qualora Hezbollah violi i termini della tregua, garanzia fornita dagli Stati Uniti, e senza la quale Netanyahu non avrebbe accettato alcuna tregua.

Come tutte le tregue, anche questa indica che il conflitto non è risolto ma solo momentaneamente sospeso, e la sua sospensione giunge in un momento in cui Israele si trova fortemente in vantaggio sul delegato iraniano in Libano a cui ha assestato una serie di colpi micidiali depotenziando drasticamente la sua capacità offensiva e decapitandone la leadership, eliminando soprattutto quello che per anni è stato il suo simbolo indiscusso, Hassan Nasrallah.

L’obiettivo di Israele non è mai stato, fin dal principio, quello di sradicare Hezbollah dal Libano, al contrario di ciò che si propone di fare a Gaza con Hamas, ma di diminuirne in modo drastico la minaccia, ovvero fiaccare in modo consistente uno dei tentacoli della piovra iraniana.

La tregua prevede che entro sessanta giorni l’esercito israeliano lasci la parte meridionale libanese e che Hezbollah, sotto la supervisione del governo in carica, ottemperi alla Risoluzione 1701, cosa che non ha mai fatto dal 2006 ad oggi.

È chiaro che si tratta di una tregua fragile, la quale, al momento, avvantaggia Hezbollah essendo quest ultimo, tra i due attori bellici, quello che ha sofferto maggiormente, ma ciò nonostante, due mesi sono un arco di tempo troppo breve per riparare anche minimamente ai danni provocati da Israele. Tra due mesi, inoltre, alla Casa Bianca si insedierà di nuovo Donald Trump e con la nuova amministrazione americana Netanyahu sa di potere avere le spalle molto più coperte. È infatti questo il motivo principale per il quale ha accttato la tregua, fare in modo che nel cosiddetto periodo dell'”anatra zoppa”, l’uscente amministrazione non gli assesti un colpo micidiale come fece Obama nel dicembre del 2016 quando non pose il veto americano alla Risoluzione 2334, una della più punitive contro lo Stato ebraico mai licenziate in sede ONU.

Ieri, Bezalel Smotrich, ministro delle Finanze, e uno dei falchi della coalizione di governo, ha dichiarato che in questo momomento occorre essere pazienti e prudenti, alludendo appunto all’eventualità di ritorsioni americane. La tregua con Hezbollah si rendeva dunque necessaria in una fase molto delicata, quanto al futuro, è dietro l’angolo.

 

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