Ebraismo

L’arcobaleno dei figli di Noè

C’è un fondamento nell’esistenza, identità, religione ebraica che mostra con limpida evidenza il carattere pluralista, coesistente, pacifico dell’ebraismo. 

Questo fondamento è costituito dall’alleanza noachica, dal Noachismo (da Noach, cioè Noè). 

Tanto misconosciuto e sconosciuto, quanto irradiante e fecondo. Vuol dire che nella sua struttura esistenziale, nei suoi principi basici, nelle sue regole di condotta, l’ebraismo non fa proselitismo e riconosce un libero minimo morale come possibilità di salvezza e giustizia per tutte le persone e popoli. 

La legge noachica riconosce appunto la pluralità culturale, identitaria, religiosa, nazionale del mondo, ed esclude nella condotta ebraica la stessa possibilità di una uniformazione totalitaria e di ogni imperialismo, religioso, politico, militare. Che invece sono presenti negli altri due monoteismi con l’evangelizzazione e la conversione forzata (quest’ultima condannata da Benedetto XVI e da Rav Giuseppe Laras).

Le leggi morali noachidi sono: la proibizione del sacrilegio, del politeismo, di incesto, omicidio, furto, uso delle membra di un animale vivo (Sanhedrin 56b). Nella lunga tradizione rabbinica ne parla diffusamente, dopo Maimonide, Rav Elia Benamozegh (Livorno 1823-1900): biblista, talmudista, cabbalista, filosofo della religione, il più importante rabbino italiano dell’Ottocento; un grande maestro dell’ebraismo sefardita, un pioniere del dialogo ebraico-cristiano. Scrisse in tre lingue, ebraico, italiano e francese; scrisse un commento alla Torah nel 1862, la “Storia degli Esseni” nel 1865, nel 1867 in francese “La morale ebraica e la morale cristiana”. Il suo capolavoro “Israel et l’humanitè” restò incompiuto e inedito; verrà pubblicato a Parigi nel 1914 a cura di Aimè Pallière. Per un concorso bandito dall’Alliance Israèlite Universelle, scrisse in francese un saggio sull’origine dei dogmi cristiani.   

Benamozegh accusa il cristianesimo di avere abolito la Torah, considerata da Paolo fonte della morte, del peccato, della schiavitù; venne così contrapposta alla fede, creando una dualità estranea all’ebraismo. 

Ma la consapevolezza del pericolo mortale costituito dal cristianesimo per l’ebraismo, mediante il disprezzo e la falsità del popolo deicida, la teologia della sostituzione con la Chiesa-Israele celeste, base di ondate di discriminazione e persecuzioni, non conduce Benamozegh a disconoscere il valore del cristianesimo e della sua morale. 

Il maestro ritiene possibile una riforma della cristianità attraverso un vero e proprio cammino di teshuvah, compiuto il quale il cristianesimo “si spoglierà di tutto ciò che ha di contrario all’ebraismo, deporrà le vesti prese in prestito, i brandelli di paganesimo che lo hanno reso irriconoscibile ai suoi genitori, che lo fecero espellere dalla casa paterna, che produssero e perpetuarono il divorzio, l’inimicizia, la lotta fratricida tra ebraismo e cristianesimo, di cui il mondo piange ancora.” 

L’autore respinge la millenaria accusa contro l’ebraismo considerato una religione particolaristica, e si domanda come sarebbe mai possibile che un tale particolarismo abbia generato due religioni universali (o meglio, aspiranti all’universalità). In “Israel et l’humanitè” afferma la tesi secondo la quale l’ebraismo ha in sé una struttura duplice: le sue 613 mizvot e i 7 precetti della legge noachica 

Nel suo storico commento alla Torah, Rav Dante Lattes scrive sulla parashàh Noach: “La tradizione ebraica ha scoperto nei primi capitoli della Genesi e nella storia del Diluvio i sette precetti dei figli di Noè, cioè la legislazione morale giuridica fondamentale delle società umane”. Richiama il contributo decisivo di Benamozegh, e ribadisce che i precetti noachici racchiudono “i principi fondamentali dell’etica validi per tutti quanti i popoli”: 

“Iddio dunque contrae un patto (berith) con la famiglia umana superstite, patto valevole per i suoi discendenti di ogni epoca e luogo, per cui il Diluvio non verrà più a distruggere le vite animali, in modo da estendere così a tutti i successori di Noè quella salvezza promessa già a lui con il precedente patto (Genesi, VI, 18). Pegno della permanente validità di questa promessa sarà l’arcobaleno, segno mnemonico per la mente divina, secondo lo stile antropomorfico dell’antico testo. Il discorso con cui Dio s’impegna a non ripetere mai più la terribile condanna ha una grande solennità e ampiezza.” 

Nel commento alla Torah di Pinchas H. Peli, pure si riconosce l’apporto di Benamozegh. E si sostiene che, come dice lo storico Arnold Toynbee, il mondo ha compreso il messaggio universale dell’Ebraismo attraverso il cristianesimo e l’Islam, che invece entrambi hanno contaminato il suo chiaro concetto monoteistico. “Il mondo sta ancora aspettando – sostiene Toynbee – il messaggio universale dell’ebraismo ‘ebraico’. Questo deve essere cercato nel pensiero e nel contenuto dell’Alleanza e dei sette precetti di Noè. 

Il noachismo non diventa una “nuova religione” che potrebbe sostituire le altre, ma essenzialmente un luogo nel quale la possibile fraternità delle religioni può manifestarsi. Senza per questo rinunciare alla verità come ricerca continua, trascurando visioni incompatibili tra loro. All’opposto, si creano le condizioni che permettono di raggiungere una incessante chiarificazione della verità, dopo aver superato falsità, pregiudizi, calunnie e stereotipi. 

In modo esplicito, Benamozegh dedica al noachismo due capitoli del suo libro “Israele e l’umanità”, poi pubblicati a parte. Nell’introduzione a “Il noachismo” (Marietti 2006), Marco Morselli scrive: 

“Come potrebbe il Creatore dei cieli e della terra avere dimenticato l’intera umanità per dedicarsi solo a un piccolo popolo […] Nell’economia della salvezza, la messa da parte di Israele (la sua ‘elezione’) serve a costituire una ‘alterità’ fondamentale, rispetto alla quale gli uomini sono chiamati a confrontarsi. Tale messa da parte è continuata nei secoli della cristianità.

La maledizione di Israele era la sua elezione, che veniva tragicamente confermata – e la storia continua: anche dopo la Shoah, la distruzione di Israele fa ancora parte dei programmi politico-militari di alcuni Stati ai nostri giorni. Il desiderio di soffocare o, al contrario, di appropriarsi dell’identità di Israele sono entrambi tentativi di negare questa identità, e sono destinati al fallimento. Il riconoscimento della missione di Israele è, al contrario, la garanzia che tutte le altre diversità non verranno cancellate, nel tentativo di dare origine a una pericolosa uniformità o a un confuso sincretismo. (pp 16-17)”   

Dunque, l’inalienabile diversità ebraica vive nella sua libertà, resiste e respinge le pretese dell’uniformità totalitaria, e proprio per questo riconosce e garantisce in radice e pienezza tutte le altre diversità. Dunque, ebraismo plurale e pluralista in modo strutturale, possibilità e speranza di coesistenza e dialogo fra tutte le diversità. 

Con uno stile di vertiginosa verità e bellezza, André Neher scrive: 

“Creando l’uomo a sua somiglianza, Dio colloca il fuoco dell’illimitata libertà divina nel terrestre. (L’esilio della parola) 

Il maestro Elia Benamozegh è uno dei saggi della grande fertilità creativa ebraica, ha arricchito la tradizione e aperto strade inesplorate, anticipato il dialogo ebraico-cristiano e la stessa possibilità della “Nostra Aetate”. 

Ma forse non avrebbe mai creduto possibile gli orrori implacabili, sterminati della Shoah e del 7 ottobre. Lo smisurato odio antisemita, dopo tali eventi, fa tremare la terra, fa esplodere il male infinito di una guerra di sterminio crudele. 

Fiamma Nirenstein da Gerusalemme, davanti a tragiche inenarrabili nuove testimonianze dirette, ci dice che nuovi particolari rendono sempre più terribile la realtà finora conosciuta del 7 ottobre, come fu con la Shoah per la quale, oltre le cifre eloquenti dei fucilati e dei gasati, sono state le mille storie particolari venute fuori a fatica, lentamente, che ci hanno dato il senso di un accaduto inaudito, della dismisura della disumanità nazista. Appunto, i nazisti dicevano: “Se qualcuno sopravviverà e racconterà, non sarà creduto.”Insomma, del 7 ottobre tutto il male che abbiamo finora detto non è ancora tutto il male che è stato fatto.

Ebbene oggi, alla vigilia e durante il 7 ottobre, la feccia del mondo organizza adunanze illegali incostituzionali, di violenza squadristica, di bellicismo antisemita. Con lo scopo deliberato di esaltare la strage apocalittica degli ebrei, asse criminale di ogni tipo di nazifascismo. Orrore infinito che dice, di 7 ottobre in 7 ottobre, fino alla distruzione di Israele e degli ebrei.  

Oltraggio estremo alla civiltà umana, fogna antidemocratica che grida giustizia al cuore degli uomini e al cielo. 

Ma gli ebrei, con la forza d’animo di una resistenza a una persecuzione plurimillenaria implacabile, si difendono, colpiscono gli attori del male, fanno quello che dovrebbe fare un’inesistente coalizione internazionale antiterrorista e antitotalitaria, e le Nazioni Unite se esistessero ancora in conformità ai loro principi originari, fondati proprio da un ebreo. 

Per questo, il coraggio esemplare dei soldati e del popolo di Israele riceve gli applausi e la riconoscenza commossa del mondo civilizzato, del popolo dell’Iran in rivolta, degli arabi che aspirano alla fine della schiavitù, degli uomini liberi del mondo intero. 

Ben Gurion amava dire: “Chi non crede nei miracoli, non è realista.” I saggi della tradizione ebraica solevano dire: “Chi è la persona più potente? Chi trasforma il nemico in amico.” Attraverso la difesa di Israele senza riserve passa la strada per Accordi di Pace, e una riconciliazione tra ebrei e arabi. Invece ipocrisie, silenzi, complicità, equidistanze, illusioni, falsi pacifismi, populismi anti-popolari, codardia delle democrazie che tradiscono se stesse, fanatismi ideologici favoriscono l’aggressività terrorista e atomica del Male, si dimostrano pericolosi strumenti di guerra. 

 

 

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