Israele e Medio Oriente

L’“accordo” con Hamas promosso dagli USA è una trappola per Israele e favorisce l’Iran

Il nuovo “accordo” per un cessate il fuoco a Gaza promosso dall’amministrazione statunitense non sembra includere il controllo israeliano sul corridoio Filadelfi né la presenza delle IDF nel corridoio Netzarim della Striscia di Gaza centrale per impedire il ritorno dei terroristi di Hamas a nord, come richiesto dal Primo Ministro israeliano, Benjamin Netanyahu.

Come spiegato dal Times of Israel, i funzionari statunitensi hanno precedentemente affermato che il ritorno delle forze armate di Hamas nel nord di Gaza costituirebbe una violazione dell’accordo. Tuttavia, i mediatori ora hanno proposto una clausola che dà a Israele il diritto di riprendere le ostilità militari contro Hamas se le armi dovessero essere spostate nel nord di Gaza.

L’articolo del Times of Israel ha anche spiegato che, secondo fonti di sicurezza israeliane, il ritiro dal corridoio Filadelfi per sei settimane non consentirebbe a Hamas di riarmarsi in modo significativo. Inoltre, Israele ed Egitto implementerebbero degli accordi riguardanti il ​​confine tra Gaza ed Egitto.

Le ragioni strategiche e tattiche per cui questo “accordo” consentirebbe a Hamas di riarmarsi e riprendere il potere a Gaza sono state perfettamente spiegate da Seth Frantzman in una analisi per il Jerusalem Post ed è difficile non essere d’accordo con lui.

Di fatto, sei settimane sono un lasso di tempo enorme e Hamas riacquisterebbe facilmente le forze e inizierebbe a colpire di nuovo Israele. A quel punto, l’IDF dovrebbe rispondere e la guerra ricomincerebbe. Solo uno sprovveduto può seriamente credere che abbandonare i due corridoi non rafforzerebbe Hamas e che non ci sia una evidennte ragione se l’organizzazione terroristica vuole che l’IDF si ritiri da questi luoghi.

Lasciare che Hamas si riorganizzi e si riarmi non farà altro che prolungare il conflitto e mettere a repentaglio altre vite israeliane, comprese quelle di coloro che sono appena tornati a sud. Inoltre, che dire delle centinaia di soldati dell’IDF che sono morti durante la campagna per sradicare Hamas? Sono morti per niente? E poi, ci si può fidare dell’Egitto? Considerando tutti i tunnel che sono stati trovati tra Gaza e il territorio egiziano?

Sfortunatamente, questa è solo una parte del problema, perché con Yahya Sinwar ancora in vita, Hamas potrebbe di fatto rivendicare la vittoria, poiché Israele passerebbe dall’obiettivo di “sradicare Hamas” a quello di lasciarlo sopravvivere e riprendere il controllo della Striscia.

È anche importante tenere presente che, durante la riorganizzazione, Hamas cercherebbe molto probabilmente di ritardare il più possibile il rilascio degli ostaggi ancora in vita, perché questa è l’unica leva che ha l’organizzazione terroristica per evitare la distruzione.

Un altro problema costante è l’Iran. L’eliminazione di Ismail Haniyeh a Teheran è stata un duro colpo per il regime iraniano. Accettare un simile “accordo” porterebbe il regime da una posizione di estrema debolezza a una di forza, presentandosi al mondo come “magnanimo” per non aver risposto all’eliminazione del leader terrorista palestinese sul proprio suolo in cambio della “pace” a Gaza, quando sappiamo tutti molto bene che il regime iraniano ha tutto l’interesse a salvare e riarmare il suo delegato palestinese a Gaza. Di fatto questo non è un problema per l’attuale amministrazione statunitense che sta perseguendo una politica di appeasement con l’Iran, ma va sicuramente contro gli interessi di Israele.

Va inoltre aggiunto che dopo aver sentito per mesi la dirigenza israeliana parlare di una lotta globale contro il terrorismo islamista, contro Hamas “che non è più solo un’organizzazione terroristica ma anche un’ideologia transnazionale”; sul fatto che se Israele capitola, poi toccherà al resto dell’Occidente, sarebbe piuttosto singolare vedere Netanyahu stringere un accordo con Hamas. Soprattutto perché l’organizzazione terroristica palestinese adesso si trova in una posizione di estrema debolezza. Ci sono paesi che, in un momento in cui Israele è stato costantemente preso di mira da gran parte della comunità internazionale, hanno messo a rischio la propria sicurezza interna per schierarsi con esso contro il terrorismo islamista. Questi paesi potrebbero iniziare a riflettere se ne valeva la pena.

L’Amministrazione Biden e altri membri della comunità internazionale interessati alla “pace” dovrebbero piuttosto fare pressione su Hamas affinché liberi gli ostaggi senza condizioni, data l’attuale debolezza di Hamas (grazie alla campagna militare israeliana) invece di spingere per una trappola che porterebbe altri terroristi assetati di sangue sul campo pronti a uccidere gli israeliani. Tuttavia, ciò non sta accadendo.

Ricordiamo che Israele è uno Stato democratico sovrano, mentre Hamas è un’organizzazione terroristica inserita nella lista nera di Stati Uniti, Canada, UE e Regno Unito. Questo “accordo” sarebbe un suicidio politico per Netanyahu, una minaccia importante per la sicurezza di Israele e potrebbe anche avere ripercussioni su quei partner internazionali che si schierano con Israele contro il terrorismo islamico.

Questo “accordo” è solo un modo per l’Amministrazione Biden di salvare il regime iraniano e mantenere in vita Hamas. Donald Trump è stato molto chiaro quando ha consigliato a Netanyahu di terminare Hamas il più velocemente possibile e che questo è l’unico modo per uscire dalla palude.

https://blogs.timesofisrael.com/the-deal-with-hamas-promoted-by-the-us-is-a-trap-for-israel-and-it-helps-iran/

Traduzione di Niram Ferretti

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