Perdita di umanità, umanità perduta.
Questo è il segno, forte e lacerante, della situazione attuale di offensiva politica-militare-terrorista della galassia totalitaria e dittatoriale contro la libertà e la vita, concentrata con virulenza mortale contro gli ebrei.
Morte o ghetto, questo è il destino previsto per gli ebrei e la loro amata terra. Nient’altro che questo. Una sola cosa viene loro consentita: essere pecore al macello.
I dati accumulati sul 7 ottobre mostrano, molto peggio di prima, la disumana dismisura di un massacro violentissimo, sanguinario, primordiale, rispetto al quale i più truci film di orrore e terrore sono racconti idilliaci, i vampiri delicati gentiluomini.
Una disumanità illimitata, tanto selvaggia da raggiungere l’estremo dell’entusiasmo fanatico, esibito, orgoglioso, con una somma sistematica di efferatezze mortali inenarrabili, bloccate solo da singole azioni di autodifesa spontanea e dal molto tardivo intervento dell’esercito.
Tale realtà viene definita dai seguaci dell’ideologia progressista, della moda woke, come un “atto di resistenza” e come una “lotta degli oppressi”. Siamo aldilà di ogni commento esprimibile in un linguaggio che resti umano.
Il 7 ottobre è stata una strage di ebrei nelle loro case, in Terra d’Israele, e al tempo un crimine contro l’umanità. Ora l’insieme dei fatti accertati e documentati sono decisamente peggiori di quanto denunciato prima dall’informazione ebraica e dalla stampa libera nel periodo successivo alla tragedia. Non nonostante questo, ma proprio per questo, per far tacere la coscienza del mondo, negare il genocidio nella realtà effettuale, un’emanazione onusiana, la cosiddetta Corte Internazionale di Giustizia dell’Aia, ha inscenato – in modo primitivo e maldestro – un processo politico dove la maggior parte dei giudici dipendono da regimi e dittature. Per un processo a Israele con l’accusa di “genocidio” degli abitanti della Striscia di Gaza, con il ribaltamento del diritto internazionale e di ogni criterio di giustizia.
Il popolo della Shoah, e di una millenaria persecuzione, accusato di “genocidio”. Un vero mondo alla rovescia.
L’Onu peggiora la sua natura di organizzazione politico-burocratica nemica della pace, della giustizia, del diritto, dominata com’è da settanta stati non democratici e anti-democratici. L’Onu ha sovvertito i suoi scopi di diritto internazionale, abolito di fatto la Carta delle Nazioni Unite. Fu proprio un giurista ebreo, Raphael Lemkin, a elaborare la Convenzione sul genocidio adottata dalle Nazioni Unite nel 1948. Oggi l’Onu insegue e incrementa il razzismo più radicato, diffuso, persistente e feroce, quello anti-ebraico.
L’ostinazione e l’abbondanza di Risoluzioni Onu di condanna e demonizzazione di Israele, insieme all’assoluzione e alla complicità di regimi totalitari repressivi e terroristi, hanno formato una realtà ossessiva per cui l’Onu ha di fatto decretato una legge razziale anti-ebraica.
Oggi l’intera Israele e diverse comunità ebraiche nel mondo manifestano, in un modo molto civile e sobrio, la loro volontà di pace per la liberazione degli ostaggi da una condizione terrificante di crudeltà infinita, tortura, assassinio.
Manifestano da soli, quando dovrebbero farlo tutti gli uomini e le donne di pace nel mondo.
Vanità della locuzione “comunità internazionale”, quando invece gli Stati agiscono o non agiscono secondo angusti calcoli nazionali elettorali e, invece di fare pressioni sugli stati-canaglia e le organizzazioni terroriste, fanno pressione contraria contro lo stato oggetto di una cancellazione totale, Israele.
Il nuovo antisemitismo islamo-goscista e, insieme islamo-fascista, si scatena e travolge ogni argine. Robert Redeker, scrittore e filosofo francese, fornisce una sua sensata spiegazione:
“Il mondo arabo è storicamente diviso, lacerato da una violenza interna che è destinata a perdurare. La solidarietà verso Hamas esibita con clamore dalla maggior parte dei governi arabi è un’illusione, la cui funzione è quella di mascherare provvisoriamente divisioni. Questa solidarietà di facciata non è una strategia di comunicazione rivolta ai diplomatici, bensì alla gente comune, alla piazza araba. È un diversivo che orienta il malcontento e la rabbia delle popolazioni verso un nemico immaginario, Israele e, per alcuni, gli ebrei in generale. Insomma, sunniti e sciiti si scannano tra di loro con stragi reciproche e distruzioni di moschee, ma si mostrano uniti per eliminare Israele.”
Redeker dichiara a “Il Foglio”:
“Israele e gli ebrei sono i capri espiatori perfetti. I governi arabi, per restare saldi al potere contro i loro popoli, necessitano dell’esistenza di Israele per canalizzare la collera verso lo stato ebraico. È necessaria una specie di operazione alchemica: hanno bisogno di trasformare la rabbia sociale in odio ontologico contro il capro espiatorio.
Riflettiamo in termini machiavellici: la distruzione di Israele farebbe correre a questi governi il pericolo di essere rovesciati dai loro stessi popoli, perché il nemico immaginario, Israele, non esisterebbe più. Israele è il loro nemico immaginario per eccellenza, e deve restarlo. Il sostegno dei governi arabi a Hamas è populismo nel senso stretto del termine: questi governi ingannano doppiamente i loro popoli, da una parte alimentando una delle loro fantasie – Israele come incarnazione del male e causa di tutte le disgrazie che si abbattono su di loro – dall’altra lasciando credere a questi popoli che hanno realmente l’intenzione di distruggere Israele, fatto su cui ho molti dubbi.”
Aggiungo che non esistono classi dirigenti e popoli arabi, ma solo classi dominanti, tirannie e masse, plebi servili e colleriche, in un rigido binomio schiavisti-schiavi. Questo aiuta a spiegare perché vivono di guerra e terrore, odiano pace e convivenza, perché sono facilmente soggetti a un odio antiebraico talmente distruttivo da finire col diventare auto-distruttivo per loro stessi.
Elena Loewenthal, nota e stimata scrittrice ebrea di orientamento progressista, autrice di diversi libri significativi (tra cui uno di critica radicale dell’imbalsamazione ipocrita della Giornata della Memoria, dal titolo esplicito Contro il Giorno della Memoria, ha curato e tradotto diversi testi della tradizione ebraica; ha denunciato una sinistra che mette sullo stesso piano una democrazia aggredita e il terrorismo genocida) sostiene:
“Il 7 ottobre, nella sua drammaticità, poteva essere l’occasione di una seria riflessione per la sinistra, che dal 1967 in poi ha rinnegato con dogmatico rigore le ragioni di Israele. Israele per altro nasce come il Paese del socialismo reale, Israele era il modello di una società progressista, socialista. Tra l’altro, l’attacco è venuto proprio nei kibbutz più progressisti, più egualitari, più legati alla tradizione originaria.”
Prosegue contro l’accusa sul “colonialismo dei coloni”:
“C’è un altro colonialismo, questa accondiscendenza della sinistra a fare dei palestinesi arabi un fronte totalmente immacolato, privo di ogni colpa e responsabilità è una forma di colonizzazione intellettuale. È profondamente ingiusto anche nei confronti degli arabi palestinesi stessi. Questa incapacità di riuscire ad avere una visione politica e degli orizzonti larghi di ordine politico, intellettuale, umano, è un atto di vero e proprio colonialismo e paternalismo intellettuale”.
Se ci riflettiamo, ritenere che le nazioni arabe restino per sempre come sono, retrograde e dominate da tirannie e macchine di guerre terroriste, che cioè siano incapaci di una futura evoluzione, di un’emancipazione democratica, sarebbe un razzismo organico. Invece è possibile, auspicabile, a condizione di iniziare a liberarli con l’annientamento delle centrali terroriste genocide, e con l’implacabile condanna della cultura dell’odio e della morte.
Al presente, la situazione è tragica: il totalitarismo islamista ingloba i due terribili totalitarismi del Novecento: il nazifascismo, con la centralità dello sterminio degli ebrei, e il comunismo, con il suo particolare antisemitismo e la sua costruzione sistematica della demonizzazione ideologica di Israele.
Un filo rosso lega Lenin e la sua strategia per i popoli d’Oriente. Stalin, che in un suo opuscolo dogmatico per la formazione di rivoluzionari di professione (“Principi del Leninismo”) sosteneva che l’emiro afgano “in lotta contro l’imperialismo” sarebbe più avanzato dell’operaio socialdemocratico. Luciano Pellicani mostrò il legame profondo tra il marxismo-leninismo e la rivoluzione khomeinista.
L’attuale furia genocida del totalitarismo islamico, nella sua continuità con il nazionalsocialismo, nel rapporto stretto tra la mezzaluna e la svastica, con la continuità con il comunismo, si auto-presenta come il totalitarismo perfetto, liberazione degli oppressi, e vendicatore del maledetto capitalismo e del corrotto Occidente.
Una mistura velenosa di populismo triviale e intellettualismo sofistico astratto, oggi tanto diffuso nelle agitazioni colleriche di furori estremisti e talebani intellettuali.
Voce di verità, di millenaria saggezza ebraica, si erge il messaggio mirabile incisivo di Rav Riccardo Di Segni Da deicidio a genocidio (Shalom, 15-1-24):
“Rav Jonathan Sacks, parlando di antisemitismo, notava che è un fenomeno storico costante, ma che in ogni generazione cambia vestito, sfruttando i temi che più fanno effetto sulle persone. Un tempo era la religione, poi la nazione, le divisioni economiche e sociali, poi la scienza, sulla quale si costruì la dottrina pseudoscientifica della razza, oggi sono i diritti civili.”
Ci ricorda che si evoca un diritto per calpestare altri diritti, come si sta facendo nell’arbitrio della corte internazionale dell’Aia. “Per quanto riguarda l’antisemitismo religioso, ci sono voluti due decenni dopo la Shoa perché la Chiesa cattolica, nel 1965 con la dichiarazione Nostra Aetate, abolisse, sia pure parzialmente, l’accusa di deicidio. Poi tale abolizione fu colmata nel 1967, ai tempi della Guerra dei Sei Giorni, con l’immagine delle ‘vittime che sono diventate carnefici’, un’idea geniale lanciata dalla propaganda sovietica e subito ripresa da illustri intellettuali tra cui in Italia Italo Calvino. (…) Ci deve essere sempre l’accusa di qualche -cidio ai danni di Israele, prima era ‘dei-cidio’, oggi è geno-cidio ma la sostanza non cambia.”
Le azioni di Hamas sono di una tale intensità disumana da caratterizzare l’intera operazione difensiva di Israele nella Striscia di Gaza come un agire umanitario in sé e per sé , in modo radicale integrale, senza se e e senza ma.
Eliminare una tale macchina di guerra terrorista non serve solo alla sacrosanta difesa di Israele, ma alla causa della democr e della libertà nel Medio Oriente e nel mondo. Il coraggio, il comportamento dei difensori del popolo e della Terra di Israele devono ricevere l’ammirazione e la gratitudine di tutti gli uomini liberi del mondo.