Quanto sta accadendo in Arabia Saudita, a partire dalll’esecuzione di Nimar al Nimar, oppositore della casa regnante sunnita, che ha portato la folla inferocita sciita di Teheran a dare fuoco all’ambasciata dell’Arabia Saudita, è solo un ulteriore capitolo di quello che a marzo dell’anno scorso, nel suo discorso al Congresso degli Stati Uniti, Benjamin Netanyahu definì “A deadly game of thrones”.
Questa lotta per il bastone del potere all’interno dell’Islam dura dalla morte del Profeta, cioé da 1384 anni e non accenna a finire. Prevedibilmente non finirà. Nessun altra confessione religiosa ha maturato al proprio interno nel corso di un periodo di tempo così lungo un conflitto di tale prolungata asprezza.
La violenza è connaturata all’Islam perché l’Islam nasce guerriero e morirà guerriero, nonostante al proprio interno ci sia indubbiamente una controtendenza che ha cercato di mitigare questa matrice originaria.
Una scia di sangue, di vendetta e di odio fratricida al calor bianco scorre costante lungo la storia di una civiltà che pur ha saputo toccare vette mirabili di splendore.
Lo spirito dei popoli esiste, nonostante decenni di storicismo imperante e di relativismo culturale. E’ l’insieme di concrezioni psichiche accumulate e tramandate di generazione in generazione, è un’immane costellazione in cui il passato, il presente e il futuro sono uniti senza interruzione.