Come ha dato conto Niram Ferretti, nel suo editoriale di ieri,https://www.linformale.eu/la-verita-artistica-dei-fatti/ Israele ha un primato unico al mondo, è colpevole a prescindere. Che venga attaccato da armate congiunte arabe nel 1948 e poi di nuovo nel 1967 e nel 1973 con l’intento di distruggerlo, che abbia subito due intifade, di cui la più sanguinosa quella che durò dal 2000 al 2005, che, da quando lasciò Gaza lo stesso anno, abbia poi subito continui attacchi terroristici da parte di Hamas, ecc. fino ad oggi, tutto questo, per i detrattori e demonizzatori dello Stato ebraico, ha una sola causa, la sua esistenza. Colpa originaria, colpa ontologica. Inespiabile, se non in un solo modo, con la sua scomparsa. Così, oggi, si arriva alla morte di Shireen Abu Akleh giornalista di Al Jaazera, uccisa la settimana scorsa a Jenin, (da decenni una delle officine del terrorismo palestinese) durante una operazione antiterrorismo dell’esercito israeliano, e subito, anche se non è stato ancora appurato se il proiettile che l’ha uccisa sia stato sparato da un’arma in mano ai palestinesi o ai soldati israeliani, Israele viene additato come il responsabile della sua morte.
Tra i tanti quotidiani che in questi giorni hanno fatto a gara per puntare il dito contro Israele, non può mancare anche il principale quotidiano italiano, Il Corriere della Sera, che nell’edizione online sotto un commento video del giornalista Antonio Ferrari, una vecchia conoscenza de L’Informale, scrive:
“Una vera stella del giornalismo: semplice, limpida, con la sua voce squillante e il suo ottimismo. Ammazzata da un soldato israeliano davanti al campo profughi di Jenin, in Cisgiordania, mentre lavorava per Al Jazeera”.
Ferrari, nel suo commento non lo afferma esplicitamente, si chiede cosa ci facessero i soldati israeliani a Jenin, come a sottointendere che Jenin è un locus amoenus, e se i soldati israeliani non ci fossero andati per turbarvi la pace che vi domina, la giornalista palestinese sarebbe ancora vivia. Secondario è il fatto che in poco più di un mese vi siano stati in Israele quattro attentati con conseguenti diciannove vittime e che forse sì, forse, i soldati erano lì per un’operazione necessaria alla sicurezza dello Stato.
Soffermiamoci ancora sul commento online. Il verbo scelto con riferimento alla morte di Shireen Abu Akleh è il più brutale possibile, “ammazzare”. Non si ammazzano forse anche i topi, gli scarafaggi? Certamente. E infatti l’associazione è intenzionale. Il verbo non è stato scelto a caso, l’implicazione è evidente: i soldati israeliani ammazzano i giornalisti palestinesi, esattamente come ammazzano i palestinesi, come si ammazzano forme di vita ritenute degne di poco valore.
Questo è un campione, uno dei tanti, della “buona” stampa italiana nei confronti di Israele.