È estremamente difficile tenere il conto di tutte le petizioni, gli appelli, i proclami, le lettere con cui si tenta di delegittimare lo Stato d’Israele. Il governo israeliano certo non si fa intimidire da una raccolta firme o dalla nascita di un nuovo comitato per la «liberazione» della Palestina, ma messe tutte assieme, queste attività, minano la reputazione di Israele e favoriscono un clima di ostilità verso gli ebrei – l’antisionista medio, quello che si nutre di petizioni firmate da accademici o di missive redatte da «esperti», non fa distinzione tra «sionismo» ed «ebraismo».
Alcuni mesi fa, in data 29 ottobre 2021, sulle pagine del «quotidiano comunista» Il Manifesto, è apparso un appello in difesa delle Organizzazioni Non Governative palestinesi accusate da Israele di essere contigue al terrorismo arabo. Tra i firmatari del proclama ci sono numerosi professori del Dipartimento di Culture, Politica e Società dell’Università di Torino, noto a tutti i filoisraeliani per la sua profusione di attività orientate alla criminalizzazione dello stato ebraico.
I sostenitori dell’appello, indirizzato al Presidente del Consiglio e al Ministro degli Esteri, esprimono «stupore e dissenso» per la decisione del governo israeliano di dichiarare come organizzazioni terroristiche, sulla base della legge nazionale antiterrorismo israeliana del 2016, sei ONG palestinesi: Addameer, Defense for Children-International, Union of Palestinian Women’s Committees, the Bisan Research and Advocacy Center, Union Of Agricultural Work Committees e Al-Haq.
I redattori del documento, con la loro consueta parzialità e animosità anti-israeliana, si sono dimenticati di scrivere che le sei ONG in questione erano affiliate al Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, il gruppo politico-militare d’ispirazione marxista-leninista fondato dal terrorista George Habash, riconosciuto da Stati Uniti e Unione europea come «organizzazione terrorista».
Nel testo pubblicato su Il Manifesto si parla di un’azione che potrebbe «rappresentare un precedente e potrebbe far presagire ulteriori interventi repressivi nei confronti dei difensori del diritto internazionale e dei diritti umani». In Israele sono attive più di cinquecento ONG e solo sei, sulla base delle prove raccolte, sono state qualificate come organizzazioni terroristiche. Le sei associazioni umanitarie identificate dai servizi di sicurezza israeliani fungevano da canali per il trasferimento degli aiuti finanziari europei ai terroristi del FPLP e hanno anche avuto nel loro personale individui che hanno partecipato attivamente ad atti di terrorismo.
I benpensanti nostrani sono refrattari ad ammettere che nascosti dietro la facciata della difesa dei diritti umani, ci sono potenze armate in lotta militare contro lo stato ebraico. Israele non ostacole le vere ONG umanitarie, anzi le incoraggia a promuovere i diritti dell’uomo nei territori sottoposti al dominio corrotto e dispotico dell’Autorità nazionale palestinese o di Hamas.
Nella lettera del Manifesto si legge che le sei associazioni sotto accusa hanno «ricevuto la solidarietà di importanti ONG internazionali come Human Rights Watch e Amnesty International e di oltre venti organizzazioni israeliane, tra cui la più nota a livello internazionale è B’Tselem». Eppure, né HRW né Amnesty né B’Tselem hanno potuto vedere le prove raccolte dallo Shin Bet. Dunque, la loro «solidarietà» è fornita sulla fiducia e basata sulla comune lotta al sionismo.
Insomma, l’appello pubblicato su Il Manifesto è l’ennesima espressione di disprezzo per Israele proveniente da vaste fasce del mondo accademico e dello spettacolo.