La redazione de L’Informale augura a tutti i lettori di religione ebraica un felice anno nuovo. Shana Tovà!
Quest’anno il capodanno ebraico, Rosh haShana, cade la notte tra il 2 e il 3 ottobre 2016: si entra nell’anno ebraico l’anno ebraico 5777.
Ecco alcune curiosità sulla ricorrenza, riportate sul sito della Comunità ebraica di Bologna:
Rosh ha-shanah è la festività che celebra il capodanno ebraico. E’ chiamata anche Yom teru’ah, “giorno del suono”, Yom ha-din, “giorno del giudizio” e Yom ha-zikkaron, “giorno del ricordo”.
La ricorrenza non è legata ad alcun fatto storico relativo al popolo d’Israele, ma vuol ricordare la creazione del mondo; è, in altre parole, il giorno del “compleanno” della Terra. Una data quindi di importanza universale in quanto, riallacciandosi al giorno in cui furono creati il primo uomo e la prima donna, mette in luce che l’intera umanità, discendente tutta dalla prima coppia, gode di pari diritti e dignità in quanto ogni uomo è figlio di Dio.
Nella Torah, non è usato il termine Rosh ha-shanah, bensì quello di Yom teru’ah, “giorno del suono” (dello shofar): nella sinagoga, infatti, il giorno di Rosh ha-shanah lo shofar viene ripetutamente suonato perché, secondo una tradizione, l’ultimo giorno della creazione Dio manifestò la sua gioia e la sua vicinanza all’uomo creato “a immagine divina”, proprio con il suono dello shofar.
In questa prospettiva, il giorno di Capodanno e il periodo immediatamente seguente (periodo, in cui, secondo l’ebraismo, Dio giudica ogni singolo individuo a qualunque popolo appartenga) diviene avvenimento che coinvolge i membri dell’intera umanità.
Ma è anche un giorno che riguarda personalmente ogni individuo perché ognuno di noi ha una personalità a sé stante, con i propri problemi personali, familiari, di lavoro e di salute: problemi che lo spingono a levare gli occhi verso Dio per chiedergli aiuto e conforto, per trovare in lui la forza di continuare, di migliorare, di scegliere la giusta strada.
Il suono dello shofar che echeggia in questo mondo così tecnologicamente avanzato, ma in cui purtroppo l’odio e l’aggressività sono tutt’altro che scomparsi, in cui gli Stati continuano a intraprendere guerre, e ognuno cerca il proprio profitto chiudendosi in piccoli egoismi, ha espressamente lo scopo di richiamare l’attenzione di ognuno di noi su alcune domande fondamentali: “Chi sei? Perché? Che cosa stai facendo della tua vita?”.
Per questa ragione il Capodanno ebraico è avvolto da un’atmosfera di santità, di gioia serena, di rinnovamento e di rafforzamento dei legami che uniscono gli uomini a Dio.
E’ il giorno in cui l’uomo comincia a fare un esame di coscienza per giudicare se stesso, il proprio comportamento durante l’anno trascorso, gli errori commessi, le tentazioni alle quali non ha resistito. E in base a tale giudizio, prende l’impegno di cambiare, di rafforzare le giuste decisioni, di eliminare gli errori per quanto gli sarà possibile. L’errore è infatti una componente umana; le difficoltà che la vita ci prospetta ogni giorno, ci pongono dinanzi a continue scelte, a inevitabili dubbi, a insistenti tentazioni: la santità perfetta è qualità che solo Dio possiede. Ma l’uomo è perfettibile: ed è questo che si propone ogni ebreo nel solenne giorno in cui ha iniziato un nuovo anno, in cui ogni essere umano può compiere una svolta decisiva ed iniziare un nuovo percorso. Senza eccedere né nell’auto-compassione, né nell’autocondanna che raramente raggiungono risultati positivi, ognuno può imporre a se stesso, con la propria forza di volontà, di uscire dal tunnel oscuro del peccato, nella sicurezza che Dio misericordioso è sempre pronto a tendere una mano agli uomini disposti ad affrontare, animati da nuova speranza e da trepida gioia, il prossimo futuro: perché “le porte del perdono sono sempre aperte” e “dal cielo porgono una mano a chi viene a purificarsi”.
Ma, come si diceva, il giorno di Rosh ha-shanah è il giorno in cui anche Dio prende in esame e giudica il comportamento di ogni uomo, le sue opere, i suoi pensieri, i suoi rapporti con il prossimo, il suo pentimento, per decidere del suo destino nell’anno a venire: decisione che assumerà il suo carattere definitivo il giorno di Kippur, sulla base del pentimento dimostrato e dell’impegno assunto durante i giorni penitenziali.
Ma non per paura del castigo, bensì per amore verso Dio, verso la sua opera, verso le sue creature, ci si può avvicinare all’ideale propugnato dall’ebraismo sin dalle sue premesse: riportare sulla terra l’era della pace, meritando così il ritorno alla perfetta pace del Gan Eden!
Rosh ha-shanah è anche la festa della speranza.
Lo shofar
Si tratta di un corno d’animale (normalmente di capro, a memoria dell’animale sacrificato da Abramo al posto di Isacco) adibito a strumento musicale, che ha la sua parte in molti momenti di riti, soprattutto a Rosh ha-shanah e a Kippur.
Il suono dello shofar è un suono ricorrente in tutta la storia ebraica e rappresenta la speranza e la fiducia.
Al suono dello shofar, che echeggiava solennemente sul monte Sinai, furono consegnati a Mosè il Decalogo e la Torah.
Quando Mosè salì la seconda volta sul monte Sinai per ricevere nuovamente le tavole che aveva spezzato alla vista del vitello d’oro, diede ordine che ogni giorno venisse suonato lo shofar perché il suo suono ammonitore impedisse al popolo di lasciarsi nuovamente fuorviare dal culto pagano.
Lo shofar viene oggi suonato nella sinagoga in tre modi diversi: teru’ah (suono
staccato e martellante), shevarim (tre brevi emissioni di suoni), teqi’ah (un lungo suono ininterrotto).
L’anno del Giubileo aveva inizio nel giorno di Kippur, al termine dei dieci giorni penitenziali ed era annunciato con il suono dello shofar. Era l’anno in cui agli “schiavi” veniva restituita la libertà e in cui le terre che, per un qualsiasi motivo, fossero state vendute durante gli anni precedenti, ritornavano agli antichi proprietari: saggia legge sociale che impediva l’eccessivo arricchimento da una parte, la condanna dell’eterna misera dall’altra.
Al suono dello shofar il Signore annuncerà la completa redenzione del suo popolo: “in quel giorno verrà suonato un grande shofar e coloro che erano dispersi nel paese di Assiria, e quelli che erano dispersi nel paese d’Egitto, verranno e si prosterneranno sul monte santo, a Gerusalemme” (Is 27, 13).
E’ in base a questa profezia che nella ‘amidah, preghiera che recita tre volte al giorno, si chiede a Dio: “Suona il tuo grande shofar per annunciare la nostra liberazione, e riuniscici dai quattro angoli della terra nella nostra terra”.
Secondo alcune tradizioni lo shofar rappresenta inoltre la fiducia nella risurrezione dei morti che sarà anch’essa accompagnata dal suono di questo strumento.
E infine anche la redenzione dell’intera umanità, l’Era messianica, secondo la tradizione ebraica sarà annunciata dal suono dello Shofar (cf Is. 18, 3). (1)
Usi e tradizioni
Tashlikh: “Tu getterai”
Nel pomeriggio di Rosh ha-shanah è uso recarsi presso un fiume o al mare, o comunque in un luogo ove ci sia dell’acqua corrente, per gettarvi simbolicamente qualcosa di vecchio, recitando i versi del profeta Michea: “Perché Tu, Dio, getterai nel mare più profondo le nostre colpe” (Mic 7, 19).
Tale cerimonia si chiama Tashlikh.
Ovviamente, come tutti gli usi entrati nella tradizione di ogni popolo, tale cerimonia non deve essere considerata una specie di superstiziosa liberazione da ogni peccato, ma deve essere interpretata nel suo significato simbolico di impegno personale a rigettare ogni cattivo comportamento.
A tavola: il seder di Rosh ha-shanah
La sera di Rosh ha-shanah la tavola ha un aspetto particolarmente festoso e colorato.
Dopo la consacrazione della solenne ricorrenza con il Kiddush, la challah, il pane preparato appositamente per la festa, oltre che nel sale viene intinta nel miele perché “ci conceda il Signore un anno dolce e piacevole”. Inoltre la sua forma non è allungata, ma rotonda, perché l’anno sia privo di spigoli.
Si prepara poi una fruttiera piena di mele e di melograni: le mele vengono intinte nel miele e mangiate dopo il pane, quasi da raddoppiare l’augurio di un anno dolce. In quanto ai melograni, essi non solo rappresentano una primizia di stagione (e ciò è di buon auspicio per l’anno nuovo e permette di aggiungere alla benedizione di ringraziamento a Dio quella delle primizie), ma vengono divisi tra i commensali, i quali si augurano che durante il nuovo anno le buone azioni si moltiplichino come i semi di un melograno.
In molte comunità si usa terminare la cena con un dolce fatto col miele.
I vari piatti che sono mangiati durante la cena di Rosh ha-shanah sono generalmente composti da: fichi, mela, zucca, finochio, fagiolini, porri, bietola, datteri, melograno, testa d’agnello e di pesce.
In sinagoga
A Rosh ha-shanah, come anche a Kippur, in sinagoga domina il colore bianco. Bianca è la tenda che copre il luogo ove sono contenuti i rotoli della Torah, bianche sono le “vesti” che coprono i rotoli stessi.
Anche coloro che partecipano alla funzione usano indossare un indumento bianco o aggiungere qualche accessorio bianco agli abiti di festa, in quanto il bianco è simbolo di purezza.
Numerosi sono gli inni, i salmi e i canti che si recitano in sinagoga in occasione di Rosh ha-shanah