Vanessa, 39 anni piemontese, e Francesca, 32 anni, toscana, sono due donne che hanno scelto, proprio in un momento critico, quando nell’agosto del 2014 piovevano i razzi di Hamas ed Israele aveva risposto con un deciso intervento militare Gaza, di fare volontariato in SAR EL (Servizio per Israele). Si tratta di volontariato civile in basi logistiche dell’esercito israeliano: vivere come i militari, fare il loro lavoro, vestire una divisa, fare alzabandiera ogni mattina, mangiare nella loro mensa e dormire nei loro alloggiamenti. Unica differenza non avere armi e non svolgere alcuna attività militare. E potersene andare quando si vuole. Si tratta di fare una interessante esperienza insieme a gente che viene da tutto il mondo, ebrei e non, e di dare una mano ad Israele.
Perché in SAR EL?
-Vanessa- E’ stato un caso. Ho accompagnato la mia amica.
Impressioni?
Francesca- Mi aspettavo una cosa più operativa. Però mi sono resa conto che il sistema militare loro è molto diverso dal nostro. E’ un esercito di civili –(di leva)- e quindi non c’è molto inquadramento (ndr – può sorprendere la mancanza di formalismi in uno degli eserciti più efficienti del mondo, ma questo deriva dal carattere popolare e molto pragmatico dell’IDF, Israel Defence Forces). Comunque è stata una cosa simpatica. Sono stati tutti molto carini, curiosi del fatto che eravamo lì. E le persone si chiedevano perché, dal momento che non eravamo nemmeno ebrei e venivamo a prestare il nostro tempo per questa causa. Io non ho una spinta ideologica per il mio essere stata lì. E’ stata un’occasione che mi si è presentata davanti ed io ho detto si, per curiosità; per capire meglio che cosa spinge queste persone… come vivono ad essere eternamente in guerra.
Cosa facevate concretamente?
Vanessa- All’inizio abbiamo dato una mano alla mensa. La base era prettamente logistica -( Il volontariato in SAR EL prevede la permanenza solo in basi logistiche dell’esercito non in quelle operative) e assemblavamo parti meccaniche di camion e altro e le impacchettavamo per essere spedite.
Ci ritornereste?
Vanessa- Mai dire mai. Perché no?
Avete fatto volontariato nel periodo degli ultima guerra contro Hamas: quando piovevano razzi su Israele e a Gaza c’è stato un pesante intervento militare. Avete pensato che eravate in un esercito ed avete partecipato, anche se indirettamente, ad una guerra con tante vittime civili?
– Vanessa- Io non sono una persona religiosa. Però vedo che l’informazione in Italia arriva a noi manipolata. Tante cose che arrivano a noi sono diverse perché stando qua si vede la realtà che è diversa da quella che ci fanno vedere sui social network. La TV ci imposta questo modo di pensare che loro -(gli Israeliani)- tirano bombe, tirano razzi contro i civili. Che ammazzano i civili. Mentre, magari, i palestinesi sono visti in maniera diversa, come dire, persone innocenti che ricevono delle bombe. Che sono ammazzati. Ma non è proprio così. Insomma, ci fanno vedere delle cose che non sono reali. Io non sono religiosa e non mi piace essere né da una parte né dall’altra. Non mi piace la guerra e dovrebbe finire.
Francesca- Prima di andare lì ho deciso di non dirlo molto in giro perché questa questione dei palestinesi e degli israeliani viene strumentalizzata ideologicamente. Politicamente, come al solito. Quindi dire che venivo qui in Israele a fare il volontario per gli israeliani voleva dire che ero una guerrafondaia e che andavo ad ammazzare i bambini palestinesi, quando in realtà il primo nemico dei palestinesi è Hamas, non sono gli israeliani. E’ una guerra che va avanti da anni. C’è bisogno anche di fare un discorso storico per tutto quello che hanno subito gli ebrei. E quindi le cose andrebbero approfondite meglio. E’ molto complicata la situazione, noi riceviamo l’un per cento dell’informazione e questa viene sempre strumentalizzata. Ovviamente non mi sento né da una parte né dall’altra. Anche gli israeliani hanno le loro pecche. Questa è la porta dell’oriente. Se si perde questo baluardo di democrazia poi tanti paesi perdono il controllo anche dei paesi arabi, di tutta l’area dei paesi arabi. Non ci sono israeliani e palestinesi, c’è tutto il mondo dietro e la politica. E in fondo l’economia.
Paura?
Vanessa- La paura c’è sempre e poi anche quando eravamo a Tel Aviv e si sentivano i razzi… La paura c’era. Però si supera. Con la coscienza che c’era una guerra ci vai in un certo modo. Loro non si divertono, credo…
Vacanze alternative?
Francesca – Non era una vacanza. E’ stata un’esperienza come un’altra. Io mi sono già trovata in mezzo alla “primavera araba” quando ero giù in vacanza, quindi un po’ le ho viste queste cose. Questi paesi cambiano dall’oggi al domani. Son andata in SAR EL pensando che comunque ero in una base militare abbastanza al sicuro. Certo non sono andata nel sud, vicino alla striscia di Gaza, sarei stata una pazza. Ma poi, in fondo, dov’è che non c’è pericolo?
Cosa direste a qualche ragazzo che vuol fare questa esperienza?
– Francesca – Fare esperienza già è qualcosa di positivo in sé. Direi di farla senza preconcetti e di non andar lì ideologizzati come fanno tanti. Andare liberi di mente. Prendere un po’ qua un po’ là. Cercare di essere quanto più neutrali possibile, perché comunque non puoi entrare nelle culture, giudicare, se non le vivi tutti i giorni perché questa gente –(ndr gli israeliani)- ha i bambini che a due anni sentono le bombe.
– Vanessa- Se uno ci vuole andare deve avere la coscienza di andare in un posto dove ci sono persone che vivono costantemente nella paura e un popolo che ha sempre dovuto combattere per sopravvivere, e quindi deve dare il suo aiuto.