L’operazione di appropriazione, colonizzazione della storia ebraica, della geografia ebraica, dei luoghi ebraici, continua imperterrita con l’assistenza servile della sinistra occidentale, in primis quella europea.
Da pochi giorni l’Unesco ha rinominato “Al-Haram al-Sharif” il sito del Monte del Tempio, inchinandosi ai desiderata arabi e alla gigantesca opera di mistificazione che è in atto da quasi cinquant’anni affinché la Palestina possa essere sempre di più ciò che gli arabi-musulmani desiderano che sia, “Dar Al Islam” e Israele venga percepito come un corpo estraneo.
Quando, nel 1714, l’orientalista danese Hadrian Reland pubblicò a Utrecht “Palaestina ex monumentis veteribus illustrata”, il pubblico europeo dell’epoca si rese conto che nessuno degli insediamenti allora conosciuti nella regione aveva un nome arabo. La maggioranza dei nomi degli insediamenti erano infatti ebraici, greci, latini. Da allora molte cose cambiarono. La Giudea e la Samaria, da secoli geograficamente legate alla storia ebraica, dopo la confisca giordana diventarono, “West Bank”. Fu il periodo in cui il territorio venne reso judenfrei e gli ebrei vennero espropriati anche del diritto di pregare al Muro del Pianto. In virtù della vittoria di Israele nella Guerra dei Sei giorni- guerra che avrebbe dovuto spazzare via definitivamente gli ebrei e conseguire il mancato successo dell’alleanza islamico-nazista degli anni Trenta-Quaranta-essi poterono tornare là dove avevano sempre vissuto e pregato.
Da allora, non potendo eliminare gli ebrei con gli eserciti, come di nuovo accadde con la Guerra di Yom Kippur, si è cercato e si cerca di espropriare ciò che di ebraico esiste in Palestina attraverso la macchina propagandistica più infaticabile del dopoguerra, quella arabo-palestinese. Macchina che senza l’indispensabile appoggio sovietico non avrebbe mai potuto conseguire il grande successo che ha avuto e che continua ad avere.
L’Unione Sovietica non esiste più, ma la sua eredità è ben viva e vegeta, appariscente nel lessico che ancora oggi la sinistra usa per attaccare Israele accusandolo di “imperialismo” e “colonialismo”, parole coniate a Mosca negli anni Cinquanta durante la crisi del Canale di Suez per marchiare a fuoco quello stesso stato che al suo sorgere era stato salutato con entusiasmo.
In questo capovolgimento a 180 gradi si inserisce l’attuale infamia della commemorazione del 25 aprile, occasione nella quale, la Brigata Ebraica, che ha dato un contributo valoroso alla Resistenza, è costretta a defilarsi, a farsi da parte per l’ostracismo di chi ha ereditato l’odio antiebraico in salsa sionista di quelli che, durante la Seconda Guerra Mondiale, stavano con Hitler.
Vedere sfilare come ormai è prassi, nel corso di questa giornata le bandiere palestinesi, grazie all’assenza di opposizione e all’omertà delle associazioni di sinistra, è un ulteriore tassello di quel capovolgimento mistificatorio della storia che ha trasformato gli arabi-palestinesi in oppressi e gli ebrei, soprattutto nella loro declinazione sionista, in oppressori.
Si tratta del medesimo processo di espropriazione anti-ebraica a favore dell’asservimento alle ragioni della propaganda filo-palestinese e pro islamica che ha come scopo quello di riscrivere la storia sostituendo la verità con la menzogna.
La logica più elementare e la più elementare dignità imporrebbe agli organizzatori della manifestazione, di prendere le distanze da questa ignobile strumentalizzazione politica che porta acqua al mulino di chi era dalla parte dell’assassinio sistematico degli ebrei negli anni Quaranta e di chi è ancora dalla parte del loro assassinio oggi, ma ciò non avviene e non avverrà. E la ragione per cui non avverrà è la stessa per la quale l’Unesco ha colonizzato nominalmente in senso arabo il Monte del Tempio e l’attuale pontefice si è fatto fotografare con espressione accorata e una mano appoggiata a uno dei pezzi di muro che intervallano la barriera difensiva che circonda Israele. Barriera resosi necessaria dopo l’esorbitante prezzo in vite umane pagato durante il regno del terrore della Seconda Intifada.
Sono tutti tasselli di un unico mosaico antisionista la cui ragione d’essere è la demonizzazione di Israele e la prona partigianeria nei confronti degli arabi-palestinesi pubblicizzati senza sosta come vittime.