Il tredici settembre di quest’anno gli Accordi di Oslo hanno compiuto trent’anni. Con quella firma, Yasser Arafat, a nome della cosiddetta «Organizzazione per la Liberazione della Palestina», s’impegnava, e con lui il suo «popolo», a una risoluzione pacifica del conflitto arabo-israeliano in Medio Oriente.
Da allora, l’Autorità Nazionale Palestinese, istituita per volontà dell’OLP, ha violato e disatteso ogni singola clausola di quell’intesa. Arafat e i suoi gangster hanno, in primo luogo, usato l’Accordo come mezzo per ottenere il controllo su parte della Cisgiordania e della Striscia di Gaza; successivamente hanno convertito tutto il territorio da loro controllato in basi per lanciare aggressioni terroristiche contro Israele.
I leader arabi palestinesi non hanno mai smesso di ripetere che il loro obiettivo è la sparizione di Israele e una Palestina judenfrei. In questo senso, si pongono in diretta continuità con il nazi-islamista Amin al-Husseini, propugnatore di una «soluzione finale» al «problema sionista» in Palestina.
I mass media controllati dall’Autorità sono stati completamente «nazificati» dopo gli Accordi di Oslo. Le oscenità antisemite trasmesse dalle televisioni dall’ANP superano in sadismo e grottesco la propaganda nazista degli anni Trenta. La Striscia di Gaza, come vediamo anche in questi giorni, è stata pesantemente fortificata e militarizzata.
È in corso un crescente dibattito su come Israele dovrebbe rispondere al comportamento degli arabi palestinesi. Israele dovrebbe, innanzitutto, prendere atto dell’impossibilità di creare uno Stato palestinese indipendente. La controproducente quanto inutile «soluzione dei sue Stati» dev’essere dimenticata.
Non solo gli arabi palestinesi non hanno mai avuto alcun diritto legittimo a uno Stato; anche se, in cambio della pace, Israele si è dimostrato disposto a trascurare questo fatto, ma hanno perso qualunque possibilità di ottenerne uno a causa del comportamento adottato negli ultimi decenni, caratterizzato da una brutalità omicida e stragista con ben pochi precedenti.
L’inganno palestinese deve cessare. Basta fingere che esista una «popolo palestinese» nativo avente diritto a una qualche statualità. I palestinesi sono arabi, e gli arabi hanno già 22 stati. Non ne otterranno un altro nelle terre che spettano, storicamente e giuridicamente, a Israele. Qualsiasi arabo palestinese che desideri godere di una sovranità nazionale è libero di spostarsi in uno di questi 22 Stati, ma non può pretendere alcuna sovranità in territorio israeliano, vale a dire nelle terre tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo.
Lo Stato d’Israele deve risolvere la «questione palestinese» in modo unilaterale, chiarendo che Gaza e la Cisgiordania gli appartengono. Nel territorio compreso tra il fiume Giordano e il Mar Mediterraneo non dovrà essere consentita alcuna forma di sovranità non israeliana. In particolar modo, dovrà anche essere ribadito che la Cisgiordania, ossia la Giudea e Samaria, fanno da sempre parte della patria nazionale ebraica.
Gli arabo palestinesi che vivono in Giudea e Samaria, in seguito a una definitiva annessione da parte dello Stato d’Israele, non dovranno ricevere mai la cittadinanza israeliana. Coloro che non desidereranno vivere sotto la sovranità israeliana saranno liberi di andarsene. Israele potrebbe, persino, prendere in considerazione la possibilità di fornire sostegno finanziario e incentivi a coloro che lo faranno.
Gli arabi palestinesi avranno lo stesso status dei «meteci» dell’antica Grecia: stranieri residenti privi dei diritti politici. Molti di loro hanno ancora passaporti e cittadinanza della Giordania, dunque saranno considerati giordani residenti.
I villaggi e le città a maggioranza arabe dovranno essere inseriti in due liste: una lista bianca e una lista nera. Essi verranno assegnati alle due liste basandosi interamente su un unico fattore: la violenza. Le zone in cui si verificheranno atti di violenza, compresi i lanci di pietre, verranno inserite nella lista nera. Le aree in cui la violenza è assente saranno, invece, inserite nella lista bianca.
Quelli nella lista bianca gestiranno i propri affari senza interferenze da parte delle autorità israeliane. I residenti delle città della lista bianca potranno svolgere lavori pendolari nelle città israeliane. Gli altri saranno posti sotto stretta sorveglianza militare e verrà loro impedita la libera circolazione.
Solo adottando misure simili, Israele potrà garantire ai suoi cittadini sicurezza e pace, ulteriori concessioni, territoriali e politiche, agli arabi palestinesi non farebbero altro che perpetuare il conflitto.