Ryan Cooper era un ventenne californiano quando negli anni Settanta strinse un rapporto epistolare con Otto Frank, padre di Anne, la giovane vittima della Shoah, il cui Diario, tradotto in 65 lingue, è la lucida e toccante testimonianza di uno dei capitoli più bui della storia europea.
Attraverso decine e decine di lettere e incontri diretti, i due uomini, nonostante la differenza di età, hanno coltivato una buona amicizia durata sino alla morte di Otto, avvenuta nel 1980, a Basilea, in Svizzera, all’età di 91 anni. “Ci siamo incontrati nel 1973, dopo che alcuni mesi prima avevamo iniziato a scriverci”, ricorda Cooper. “Abbiamo condiviso molte cose interessanti, ad esempio, mi ha mostrato il diario originale di Anne”.
Oggi, in occasione del 90° anniversario di nascita di Anne, ricorso il 12 giugno, il 73enne antiquario e artista Ryan, residente in Massachusetts, ha donato decine e decine di lettere al Museo dell’Olocausto di Washington per mantenere vivo il retaggio della bambina che con i suoi sogni e le paure fu costretta a vivere in clandestinità nell’Alloggio segreto – “la casa sul retro”, nascosta dietro un libreria girevole, nell’edificio situato in Prinsengracht 263 ad Amsterdam – insieme al padre Otto, alla madre Edith e alla sorella maggiore Margot, nonché ad altri quattro occupanti: Hermann ed Auguste van Pels , con il loro figlio Peter, e il dentista Fritz Pfeffer.
Otto Frank fu l’unico membro della famiglia ad essere sopravvissuto all’Olocausto. Her Otto venne accolto e ospitato per sei anni da Miep Gies, sua segretaria e buona amica di tutta la famiglia Frank, talmente amica da accettare di prendersene cura nella clandestinità. Miep gli consegnò gli scritti di Anne dopo averli raccolti dal pavimento quel giorno in cui i nazisti fecero irruzione nel nascondiglio e dopo averli amorevolmente custoditi in un cassetto, nella speranza di poterli restituire un giorno alla ragazzina. Inizialmente restio, Otto Frank decise di pubblicare il diario con il titolo Het Achterhuise (La Casa sul retro) che Anne si era proposta di dargli e lo fece per rendere omaggio alla figlia il cui sogno era quello di diventare una scrittrice.
Grazie alla donazione di Cooper, il Museo dell’Olocausto di Washington digitalizzerà l’epistolario e lo renderà disponibile online. La raccolta consta di 84 lettere, compresa la corrispondenza con Miep Gies e altre persone che aiutarono la famiglia Frank durante la guerra, e di un certo numero di modesti ricordi familiari, come un portamonete di Otto Frank e una foto di Anne.
In una lettera, Frank esorta Cooper a trarre ispirazione dall’ottimismo di Anne nonostante versasse in circostanze ben più tragiche. “Vorrei rammentarti il suo ardente desiderio di ‘operare per l’umanità’ nel caso fosse sopravvissuta”, scriveva Otto il 9 gennaio 1972. “Riesco a capire dalla tua lettera che sei una persona intelligente e che sei autocritico, pertanto, posso solo sperare che Anne ti ispiri a trovare una visione positiva della vita”. Gli scritti mostrano come la tragica esperienza vissuta da Otto abbia avuto delle ripercussioni sulla sua salute, ha affermato Edna Friedberg, una storica dell’US Holocaust Memorial Museum. In una delle ultime missive indirizzate a Cooper, la seconda moglie di Frank, Elfriede, detta “Fritzi”, racconta come per suo marito non sia stato facile affrontare fisicamente una serie di apparizioni pubbliche e interviste in vista del 50° anniversario della nascita di Anne. “Si può di certo immaginare come questa situazione lo abbia provato a livello emotivo e quanta forza gli ci è voluta”, scrive “Fritzi” il 21 marzo 1979. “Ma non gli si può impedire di fare ciò che ritiene essere un suo dovere”. Otto Frank morì l’estate successiva. Fu un uomo forte e ottimista per natura, come rivelano le pagine del Diario di sua figlia. Testimone della tragica sorte subita dalla sua famiglia, lottò fino all’ultimo respiro perché il mondo non dimenticasse gli orrori dell’Olocausto e per mantenere viva l’eredità di Anne.