Editoriali

Un accordo assai rischioso

L’accordo siglato ieri tra Israele e Hamas, il quale prevede una tregua che durerà 42 giorni durante la quale verranno liberati 33 ostaggi tra i 98 ancora detenuti nella Striscia, e quindi la fine della guerra, con la restituzione degli ostaggi rimanenti e l’esito definitivo di Israele da Gaza (questo è quello che chiede Hamas, il prezzo del riscatto) appare come una resa o, come lo ha definito Michael Rubin “un disastro” https://www.meforum.org/mef-online/hamas-ceasefire-deal-means-one-thing-israel-loses.

È molto difficile, se non a prezzo di ottimismi funanbolici, salutare questo accordo, al di là dell’ovvia soddisfazione per i famigliari degli ostaggi che verranno rilasciati, come un successo tattico. Per mesi, Netanyahu ha ostinatamente resistito alle pressioni dell’Amministrazione Biden, che fin da subito, ha cercato di obbligarlo a un cedimento che avrebbe solo avvantaggiato Hamas.

L’ingresso imminente di Trump alla Casa Bianca ha di colpo cambiato lo scenario. Cosa si siano detti esattamente Steve Witkoff, il nuovo emissario per il Medio Oriente incaricato da Trump e Netanyahu, lunedì scorso, non si sa, ma quello che è certo è che dopo questo incontro Netanyahu ha deciso che l’accordo con Hamas andava fatto.

Al netto delle dietrologie, è chiaro che Netanyahu si è reso disponibile a pagare il prezzo che finora si era rifiutato di pagare perché Witkoff deve avere avuto a suo vantaggio argomenti persuasivi. Il più favorevole per Israele è quello per cui, dopo il fiele arriverà il miele, e che Trump starà dalla parte di Israele senza ambiguità, quello meno piacevole è la costrizione a piegare il capo per gratificare l’ego del nuovo presidente il quale si è già intestato il successo dell’accordo. Può darsi che entrambi gli elementi si siano intersecati.

Ciò che è certo è che dopo un anno e tre mesi di guerra, Hamas può riprendere fiato, un Hamas che pur essendo stato fortemente ridimensionato non è stato sconfitto. La sconfitta del nemico si ottiene solo con la sua completa resa, e una resa di Hams è al momento inesistente.

I bellicosi annunci di esponenti Repubblicani facenti parte della nuova amministrazione, che di Hamas va fatta tabula rasa, seguiti dalla dichiarazione dello stesso Trump, che a Gaza non ci dovrannnno più essere terroristi, restano allo stato attuale annunci. Cosa accadrà  esttamente una volta che Trump avrà assunto pieni poteri operativi non è dato saperlo. Quello che si può sperare, se si vuole farlo, è che dopo questo passo falso si riprenda la strada giusta che può essere solo una e una sola, la continuazione dell’operazione militare a Gaza e la sconfitta di Hamas, ovvero la sua completa resa.

La vittoria non prevede vie di mezzo, ombre, e se Hamas continuerà a permanere nella Striscia per Israele sarà una sconfitta. C’è da augurarsi che Trump lo comprenda chiaramente.

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