La guerra siriana, in particolare quella più silenziosa che sta distruggendo Raqqa, gli abusi dell’Is, la violenza dello Stato islamico, erano l’oggetto dei suoi reportage, ed è a causa di ciò che scriveva che il giornalista siriano Ahmoud Mohamed al-Mousa è stato assassinato da un gruppo di uomini mascherati, a Idlib. Non è il primo.
Al-Mousa faceva parte del collettivo di informazione chiamato Raqqa is Being Slaughtered Silently (RBSS). Il massacro silenzioso di Raqqa. La sua morte è stata comunicata su Twitter dal gruppo, senza fornire ulteriori dettagli.
Da quando è stato costituito nel aprile 2014, almeno altri tre membri del RBSS, collettivo premiato lo scorso mese dal Committee to Protect Journalists (CPJ) con il premio libertà di stampa internazionale 2015, sono stati uccisi dall’Is. Lo scorso ottobre, Ibrahim al-Qader Abd e il giornalista Fares Hamadi a Urfa, in Turchia sud-orientale. Nel maggio del 2014, Al-Moutaz Bellah Ibrahim è stato rapito e ucciso.
Una squadra di giovani reporter, in prima liena, a descrivere la guerra del proprio Paese, a documentare le conseguenze degli attacchi aerei, dei droni, il massacro di una città chiave, considerata il quartier generale e la capitale dello Stato islamico e bombardata dalla Coalizione che ha aumentato gli sforzi come ritorsione degli attentati di Parigi del 13 novembre.
Il CPJ che ha sede a New York ha rilasciato una dichiarazione che condanna l’assassinio. Il suo direttore esecutivo, Joel Simon, ha detto: “Solo poche settimane fa, circa 900 giornalisti, avevano dimostrato solidarietà all’collettivo di Raqqa. Ci ritroviamo ancora qui, tutti in piedi, di nuovo insieme, questa volta in lutto”.