Ospite abituale de L’Informale, Daniel Pipes, uno dei più autorevoli analisti del Medio Oriente e presidente del Middle East Forum, ha risposto alle nostre domande sul recente accordo tra Israele e Hamas.
L’accordo tra Hamas e Israele del 15 gennaio ti ha colto di sorpresa?
Molto. In primo luogo, le ripetute affermazioni di vittoria del Primo Ministro Benjamin Netanyahu hanno chiarito la sua intenzione di distruggere Hamas, non di negoziare. In secondo luogo, la minaccia del Presidente eletto Donald Trump che “si scatenerà l’inferno in Medio Oriente” se gli ostaggi israeliani non saranno restituiti entro il 20 gennaio, sembrava essere rivolta solo ad Hamas. Con mia sorpresa, includeva anche Israele.
Hai ha definito l’accordo “orribile”, perché?
Perché premia la cattura di ostaggi. Centinaia di assassini saranno liberati e i gruppi jihadisti avranno nuovi incentivi a rapire altri ostaggi. Più in generale, rivela la debolezza occidentale e sostiene le ambizioni islamiste.
Hai anche scritto che Netanyahu “teme Donald Trump” e hai ipotizzato che questo spiega la sua riluttante accettazione dell’accordo. Perché Netanyahu dovrebbe temere Trump?
Netanyahu ha sperimentato sia il sostegno di Trump (si pensi agli Accordi di Abramo) sia la sua rabbia (per essersi congratulato con Joe Biden nel 2020 per la sua vittoria elettorale). Conoscendo la volatilità e l’incostanza di Trump, Netanyahu non deve irritare il presidente di ritorno. Nessun altro leader straniero ha su di sè una pressione paragonabile.
A settembre, Trump ha dichiarato che l’emiro del Qatar “vuole fortemente la pace in Medio Oriente”. A novembre, il Jewish Insider ha esposto gli stretti legami con il Qatar di Steven Witkoff, la scelta di Trump per l’inviato in Medio Oriente. Cosa ne pensi?
Il piccolo ma favolosamente ricco regime del Qatar ha perseguito brillantemente per trent’anni il vantaggio per se stesso e per la causa radicale islamica attraverso finanziamenti, diplomazia e pubbliche relazioni. Basta pensare ai programmi universitari degli Stati Uniti, al suo status di importante alleato non NATO e alla Coppa del Mondo del 2022. Ha anche lavorato duramente per raggiungere la cerchia ristretta di Trump, tra cui Steven Witkoff. Il trattamento rozzo e insolente di Witkoff nei confronti di Netanyahu, come riportato da Ha’aretz e dal Wall Street Journal, “sembra avere salvato Hamas”, scrive Daniel Greenfield. Aggiungo: consentendogli così di preparare un altro massacro.
Sulla base del record della sua prima amministrazione, molti sostenitori di Israele hanno accolto con favore la rielezione di Donald Trump. Si tratta di un sollievo fuori luogo?
Difficile dirlo. Trump è impegnato in una doppia piaggeria, dando sia ai suoi elettori filo-israeliani che a quelli islamisti ciò che più desiderano. L’ex governatore del New Jersey Chris Christie ha inventato questo trucco, ma finora in pochi hanno osato seguirlo. Sembra che Trump triangolarerà per ottenere il massimo possibile dei riconoscimenti da entrambe le parti della questione israeliana, cosa che non ha tentato di fare durante il suo primo mandato, indipendentemente dalle conseguenze. Non sono in grado di prevedere se i sostenitori di Israele saranno contenti tra quattro anni.
A proposito del primo accordo Hamas-Israele del novembre 2023, hai detto a Informale che l’esito della guerra sarebbe stato probabilmente un “mezzo fallimento” per Israele https://www.linformale.eu/un-probabile-mezzo-fallimento-intervista-con-daniel-pipes/Sei ancora di questa opinione?
Sì, questa si rivela una buona descrizione. Dal lato positivo, Israele ha avuto successo contro Hezbollah e l’Iran, portando al crollo del regime di Assad in Siria. Dal lato negativo, Hamas rimane in piedi, gli Houthi continuano ad attaccare e l’opinione pubblica mondiale è diventata nettamente negativa nei confronti di Israele e degli ebrei in generale.
Netanyahu insiste sul fatto che i colpi inferti da Israele ad Hamas, Hezbollah e Iran, seguiti dalla caduta del regime di Assad, hanno cambiato il volto del Medio Oriente. È una millanteria?
Questi risultati sono reali. Ma, come ho appena sottolineato, lo sviluppo negativo li bilancia, portando al mezzo fallimento.
La vittoria in guerra significa che il nemico è sconfitto e rinuncia ai suoi obiettivi. Ma Hamas rimane a Gaza, Hezbollah in Libano, gli Houthi nello Yemen e la Repubblica Islamica in Iran. Data la superiorità militare di Israele, è incapace o non è disposto a dare un colpo mortale ai suoi nemici?
Non è necessario che Israele sconfigga Hezbollah, Houthi e Iran; una deterrenza robusta è sufficiente. Hamas è una questione diversa. Israele può sconfiggerlo, ma non ha la cognizione. Perché? Nel mio libro del 2024, Israel Victory: How Zionists Win Acceptance and Palestinians Get Liberated, sostengo che si tratta di un modello di conciliazione che risale alle origini stesse del sionismo negli anni ’80 dell’Ottocento e rimane notevolmente invariato nonostante le profonde differenze nelle circostanze.
Traduzione di Niram Ferretti