Il sindaco Roberto Cosolini si è semplicemente dimostrato sensibile all’appello dell’Ambasciatore di Israele in Italia Naor Gilon, che ha ricordato le parole del presidente del Consiglio italiano Matteo Renzi, dello stesso partito (il Pd) del sindaco di Trieste: “Chi boicotta Israele, boicotta se stesso”.In effetti, tra i relatori c’era anche l’attivista Stephanie Westbrook, impegnata nella campagna BDS, il movimento che promuove il boicottaggio e le sanzioni contro Israele.
Il comune ha ritirato il patrocinio, dunque, senza ovviamente impedire lo svolgimento del convegno. Qualcuno se n’è stupito. Luca Bauccio, ad esempio, avvocato della nota attivista Samantha Comizzoli, sul suo profilo facebook ha scritto:
Un Paese di servi. L’ambasciatore d’Israele chiede al sindaco di Trieste di togliere il patrocinio da un convegno sulla Palestina e il Sindaco esegue. Come se fosse il suo cameriere. Questo Paese di buffoni. Povero questo nostro Paese.
Ripassiamo però una parte di storia della città di Trieste: la fiorente comunità ebraica triestina è nata nel 1746; il cimitero ebraico ospita più di 600 anime ed è uno dei monumenti più suggestivi della città, rappresentando una vera e propria testimonianza di scampoli di storia. L’unico campo di sterminio italiano, la Risiera di San Sabba, è stato allestito a Trieste ed è tutt’ora visitabile. Per gli ebrei era una “tappa” in attesa di essere deportati ad Auschwitz.
I legami tra Trieste e la comunità ebraica sono radicati e secolari. No, il comune di Trieste proprio non poteva apporre il logo su quei manifesti. E non è questione di servilismo, né di politicamente corretto. Solo rispetto della propria storia e identità.