C’è un granello di verità in ogni delirio. Questa settimana, nella hit parade delle cose che difficilmente si riescono a comprendere sono tre le notizie che ci colpiscono. La prima si riferisce all’Iran, la seconda alla Russia e l’ultima al Qatar.
L’11 maggio il Consiglio per i Diritti Umani delle Nazioni Unite ha scelto l’Iran per presiedere il Social Forum del novembre 2023, che mira a esplorare il ruolo della scienza e della tecnologia nel miglioramento dei diritti umani. A fine aprile la Russia ha assunto la presidenza mensile del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, un organo che sulla carta dovrebbe garantire la pace e la sicurezza internazionale. Qualche ora fa, poi, abbiamo appreso che le Nazioni Unite hanno affidato i diritti sul lavoro al Qatar. Una tripletta da incubo, un trittico raggelante.
Se avave ragione Freud nel dire che in ogni delirio si nasconde un granello di verità, allora cerchiamola in queste tre notizie. In Iran i diritti civili semplicemente non esistono: le donne, le persone Lgbt, le minoranze etniche e religiose hanno subìto livelli sempre più forti di discriminazione e violenza. Sparizioni forzate, tortura e altri maltrattamenti, compreso il diniego di adeguate cure mediche, sono rimaste pratiche diffuse e sistematiche; non c’è libertà di informazione, non esiste una stampa “alternativa”, repressione, censura, discriminazione contro donne, bambini, migranti e minoranze sono la regola. Nel paese degli ayatollah si innalzano forche ogni giorno. Anche gli attacchi all’ambiente non si contano.
La Russia, il cui leader sta portando avanti un conflitto alle porte dell’Europa ed è soggetto ad un mandato d’arresto internazionale per presunti crimini di guerra, torna a presiedere quel Consiglio di Sicurezza che dovrebbe presiedere a decisioni di nevralgica importanza per la pace. L’ultima volta che Mosca lo ha presieduto è stato nel febbraio del 2022, proprio quando lanciò l’invasione dell’Ucraina. Circostanza che ha indotto il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky ad affermare che la presidenza della Federazione Russa al Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite dimostra il “completo fallimento di tale istituzione”. Difficile dargli torto.
Del Qatar si è già detto tutto in occasione dei Mondiali di calcio: nella nazione araba oltre 6500 lavoratori migranti sono morti per assenza delle più basilari tutele in circa dieci anni (con una media di 12 alla settimana), tutto per costruire sette stadi, oltre a infrastrutture di ogni genere, con un investimento di 200 miliardi di dollari. L’esclusiva del britannico “Guardian” (mai smentita, almeno fino a oggi) ci ha spiegato che il ministro del Lavoro dell’emirato, Ali bin Saeed bin Samikh Al Marri, dovrebbe assumere la presidenza della prossima conferenza internazionale dell’organo di controllo dei diritti del lavoro dell’Onu (International Labour Organization – Ilo). Una nomina che potrebbe avvenire nonostante l’indagine della procura di Bruxelles su presunte corruzioni di legislatori dell’Ue da parte dello Stato del Golfo e malgrado il nome di Marri sia emerso nell’indagine della polizia belga sul Qatargate. I diritti dei lavoratori di tutto il mondo nelle mani del Qatar:
Tre granelli di delirio per una sola verità: il doppiopesismo dell’Onu e di non pochi altri organismi sovranazionali, sempre pronti a mettere nell’angolo Israele, a colpevolizzarlo, a inchiodargli addosso false accuse di apartheid, di negazione dei diritti civili e umani, di abusi inesistenti e mai commessi. Delegittimare Israele, depotenziarlo in ogni sua forma, con decine di commissioni d’inchiesta – non poche delle quali presiedute o comunque composte da odiatori seriali dello Stato Ebraico – per seppellirlo sotto una montagna di menzogne. Con un finale che sa di ciliegina amarissima su una torta andata a male: l’incoronazione ad alte cariche di tre Stati che del liberticidio fanno il proprio vessillo. Poi allora, però, non ci lamentiamo.