Dopo avere incassato dalla Corte Suprema degli Stati Uniti il via libera al decreto sull’immigrazione, il provvedimento propagandato dalla sinistra come discriminatorio e “razzista”, il quale limita i visti a membri di paesi islamici considerati a rischio, tra cui l’Iran, è ora il turno delle sanzioni per altri paesi, quelli che continueranno a comprare il petrolio dal regime sciita.
“La nostra richiesta, per le compagnie che fanno affari con l’Iran è che cessino di farlo. Se non lo faranno applicheremo loro le sanzioni”, ha dichiarato un alto funzionario americano.
Martedì a Teheran c’è stata una seconda manifestazione di protesta. La situazione economica iraniana è assai critica. Negli ultimi sei mesi il rial ha perso il 50% del suo potere di acquisto.
Come ha evidenziato Edward Luttwak in una intervista recente:
“l’Iran è il Paese che ha, nella parte nordica, i più grandi giacimenti di gas minerali al mondo. A causa del loro sistema politico, del loro regime, la loro sintesi tra corruzione e religione, sono riusciti a non fare niente e non svilupparsi. Abbiamo un Paese con oltre 80 milioni di abitanti con una marcata dipendenza dal business degli idrocarburi, e questo è assurdo. Questo modello economico può essere valido per Paesi più piccoli come Qatar ed Emirati Arabi, che possono permettersi di stare seduti ad ingrassare come porci con i loro servi che lavorano per loro. Gli introiti derivati dal commercio di gas portano pochissima ricchezza pro capite in un Paese con oltre 80 milioni di abitanti. Sono molto poco produttivi, quindi condannati alla povertà anche nel settore del gas e del petrolio. Più generalmente sono poco competitivi: non esportano quasi niente, non riescono a produrre abbigliamento, scarpe o automobili, o qualsiasi cosa vendibile sul mercato. Non accadrà che un regime come quello iraniano possa durare per molto tempo, prima o poi poi crollerà per vario marciume in varie dimensioni”
I molti miliardi fatti arrivare da Barack Obama come esito dell’accordo sul nucleare iraniano sono stati tutti usati per finanziare le varie milizie iraniane sparse per il Medioriente in nome della politica megalomane dei mullah e per arricchire la casta che tiene in pugno il paese dal 1979.
Mike Pompeo, il Segretario di Stato americano, un mese fa lo ha fatto chiaramente presente alla dirigenza iraniana. Gli USA applicheranno al paese le più rigorose sanzioni mai poste in essere. Lo scopo è quello di strangolarne ulteriormente la già anemica economia e costringere gli iraniani a venire a un tavolo alle condizioni americane, non a quelle di Khamenei. E’ il realismo negoziale dell’Amministrazione Trump. Si pongono le condizioni o le aperture e si aspetta poi che gli interlocutori si facciano avanti, come è accaduto con Kim Yong un.
Il paese più potente del mondo, gli USA, esercita nuovamente il proprio ruolo senza fare sconti a nessuno, e sicuramente non a quello che considera il più pericoloso attore mediorientale. E’ una strategia che non piace all’Europa affarista e fioiraniana e fa venire la bava alla bocca agli anti-israeliani a ogni latitudine. Ma non importa. E perchè non importa? Perchè chi ha il potere e la forza, militare ed economica detta le regole del gioco. Ed è un potere che si esercita nella misura in cui si hanno precisi obbiettivi da raggiungere, precisi interessi da preservare. Nessun paese in questa posizione ha mai fatto diversamente nel corso della storia.
Per Trump, sullo scacchiere mediorientale si tratta di portare a casa dei risultati ben precisi. E il risultato che si prefigge l’alleanza americana-israeliana e sunnita (Arabia Saudita in testa) è quello di neutralizzare il pericolo iraniano, è quello di fare implodere il regime.
Non è temerario azzardare che se Trump verrà rieletto per un secondo mandato, a Piazza Palestina a Teheran non ci sarà più un orologio che scandirà il tempo rimasto a Israele. E per il semplice motivo che non ci sarà più il regime attuale.